“Il lacero mantello delle buone intenzioni”: l’editoriale di Vincenzo D’Anna in uscita sul numero di febbraio 2025 del Giornale dei Biologi

Per coloro che l’avranno studiato ed ancora ne hanno memoria, sento di dover citare un testo classico scritto dallo storico romano Publio Cornelio Tacito: gli “Annali”. In quell’opera, l’autore si sofferma a studiare i segreti della gestione del potere da parte del principe che ne dispone una volta giunto al vertice. Anticipando di quindici secoli Niccolò Machiavelli ed il famoso “Il Principe”, Tacito indaga sull’arte della politica ed in particolar modo su quali metodi di gestione e su quali espedienti ed inganni debba utilizzare il detentore del potere per poterlo difendere conservandolo per quanto più tempo possibile. Una reminiscenza che mi è più volte venuta in mente allorquando qualche iscritto si lamenta o diffonde in giro la metafisica esistenza di un tiranno oppure di un despota alla guida della FNOB ed ancor prima del disciolto ONB.

Certo si tratta di un’esigua minoranza, a dir poco ininfluente su di un numero di iscritti che sfiora le sessantamila unità, ma per quanto sparuta sia la consistenza di codesti iscritti, va pur data loro una risposta. Non fosse altro perché dietro quella insulsa considerazione si nasconde l’inconfessato desiderio, l’opinione che essi possano e debbano fare – come gli pare e piace – l’esercizio professionale anche contravvenendo alle norme di legge, alla buona prassi professionale ed allo stesso codice deontologico. Il tutto, spesso e volentieri, ignorando le informazioni, le comunicazioni e qualsivoglia notizia che riguardi la vita dei loro ordini territoriali e della stessa Federazione. Ma non basta! Costoro pretendono di porre, all’occorrenza, domande e chiarimenti su fatti e circostanze che a loro interessano, dalle quali emerge sia l’ignoranza dei fatti (sui quali si interrogano), sia l’assoluta pregressa attenzione verso tutto quanto concerne quei fatti stessi che già da mesi magari erano stati chiariti e risolti.

Insomma, stiamo parlando di orecchianti distratti, di anarchici e liberi pensatori, che alla fine tutto criticano e di nulla si informano prima di aprir bocca. Diversi tra questi peraltro non rivolgono i loro quesiti agli ordini territoriali né alla Federazione nazionale quanto ad altri enti che non hanno né ruolo né facoltà di trattare quegli argomenti! Per non fare nomi ma solo cognomi, nel caso dei cosiddetti Biologi Nutrizionisti (cosiddetti perché manca finora una norma di legge che li riconosca come tali, ma ai più poco importa e poco è nota quella carenza) che rivolgono interpelli, dubbi e quesiti al nostro Ente di Previdenza, l’Enpab, che, in verità, in tempi remoti ha svolto spesso anche compiti vicarianti dell’ONB esorbitando le specifiche competenze istituzionali dell’Ente di rappresentanza previdenziale. Una sorta di “surrogato” dell’Ordine/Federazione per coloro che esercitano quell’attività professionale, ossia per parte dei quattordicimila iscritti che si occupano di scienza dell’alimentazione umana.

Il che significa circa i due terzi di tutti gli iscritti alla cassa di previdenza. Quindi aventi un peso determinante sulle sorti dell’Enpab. Circostanza, questa, che ha sempre indotto lo stesso Ente ad essere alquanto accondiscendente alle richieste dei nutrizionisti, ben sapendo di non doverne poi rispondere né di avere responsabilità di sorta innanzi alla legge ed al ministero vigilante. Questi “giovani Signori”, di pariniana memoria, sono quindi abituati a sentirsi risposte affermative e permissive alle proprie richieste, elargite con toni suadenti e sorrisi smaglianti dai dirigenti eletti di Enpab, che, ottimamente, utilizzano il “fair play” come metodo dialogico. Questo cozza con il metodo dialogico proposto invece dai dirigenti dell’Ordine i quali però hanno dirette responsabilità sulla conduzione dell’esercizio professionale degli iscritti all’Albo dei Biologi, ne rispondono innanzi alla legge ed al ministero vigilante. Siffatte diverse condizioni operative spesso inducono a dover richiamare e correggere i colleghi, a deluderne le ottimistiche previsioni ed a redarguire chi vìola il codice deontologico e la prassi professionale, oltre che la legge e le norme che pure regolano la loro specifica attività.

Quelli dell’Ordine sono dirigenti che non possono elargire sorrisi ed i più disparati assensi alle domande che pervengono, peraltro in un clima idilliaco. Nasce in tal modo un’erronea comparazione tra le due diverse tipologie dialogiche, tra i due modi di fare.  Coloro che non possono derogare al dovere di dire le cose come stanno assumono la sgradita veste di “tiranni” che maramaldeggiano su presunti sudditi. Ma quando alle strette, quegli stessi “sudditi” chiedono maggiori competenze, riconoscimento del titolo professionale in leggi dello Stato, più posti per potersi specializzare e per potersi formare sul campo, allora sono i “tiranni” a doversi rimboccare le maniche per giungere a soluzioni concrete. Tornando a Tacito, egli individuò gli “Arcana Imperi”, cioè i metodi del comando: tre mantelli che il principe utilizzava per governare e rassicurare il popolo.

Il primo era per la “salus publica”, ho fatto questa cosa per la tutela della salute del popolo; il secondo il “bonus publicum”, ho fatto questa cosa per il bene del popolo; il terzo, il mantello più lacero perché il più utilizzato, era quello dell’“intentio”, ossia delle “buone intenzioni”, ho fatto questa cosa ma per buona intenzione. I tiranni non possono indossare l’intentio perché viene richiesto loro di risolvere problemi non di provarci con tutte le buone intenzioni senza approdare a nulla. Peraltro questi presunti despoti vengono eletti con democratiche elezioni e queste poco si addicono al dispotismo ma alla libera scelta degli iscritti. Sono legittimati a governare dal voto e dal consenso. E bene fanno a farsi rispettare in ogni caso.

di Vincenzo D’Anna

Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi