Sono mesi, ormai, che le forze di opposizione tirano in ballo il governo accusandolo di scarsa considerazione verso il Servizio Sanitario Nazionale. La critica poggia su due concetti: il primo riguarda la scarsa consistenza del fondo sanitario, se calcolata in rapporto al Pil. La seconda si basa sulla “pubblicità” del servizio sanitario, confusa ad arte con il monopolio statale. Un vecchio pregiudizio ideologico che viene ammannito come bollino di garanzia di una sanità migliore in quanto priva di lucro. Un sistema entro il quale viene però abolito ogni criterio di competizione e quindi di merito, efficienza e produttività.
Parliamoci chiaro. Che le aziende sanitarie siano le roccaforti politiche dei governatori che vi posizionano i loro uomini fidati per ricavarne il costrutto elettorale, è una delle tante verità inconfessabili: quelle che hanno trasformato la cosiddetta sanità non lucrativa in una vera e propria rendita politica. In caso contrario, avremmo pur trovato chi era in grado di denunciare che il profitto è sacro come il salario essendo la risultante dell’impresa e del lavoro e non va confuso con i profittatori. Avremmo trovato chi poneva il problema del “perché” la concorrenza viene dichiarata utile in altri ambiti dei servizi statali nel mentre in sanità sembra essere la più grande delle sciagure! In un clima siffatto, tutto ciò che non è pubblico viene ritenuto una sorta di prodromo per il raggiungimento di scopi non etici, utilitaristici se non addirittura fraudolenti! Si sperava che con il centrodestra al potere, questa stortura potesse essere eliminata. Invece ogni anno lo Stato continua a rifondere debiti alle Regioni che gestiscono, ad usum delphini, l’organizzazione sanitaria delle strutture pubbliche.
Ne consegue che avere una rete territoriale accreditata, pubblica ma non statale, che non costi cioè niente all’apparato centrale ma solo al professionista che la tiene entro i criteri organizzativi, strutturali, tecnologici e di personale richiesti dal legislatore, non è cosa gradita! Eppure quella stessa rete viene sottoposta a costanti controlli a differenza delle analoghe strutture pubbliche, ove controllore e controllato fanno parte della stessa realtà. Ebbene, consci di questo stato di cose e certi che il cambio di “colore” del governo non abbia determinato alcun mutamento di visione, ci tocca addirittura assistere al…peggio! In parole semplici: ad un’ulteriore statalizzazione della Sanità, all’assorbimento dei maggiori stanziamenti da parte delle strutture pubbliche deficitarie, senza che un solo centesimo venga reso disponibile per gli accreditati.
Eppure questi ultimi non hanno liste di attesa e possono fare sfoggio di costi di gran lunga più bassi rispetto alle analoghe prestazioni fornite in regime statale. Ma c’è di più! Un decreto licenziato dalla Camera ed in via di approvazione in Senato sui provvedimenti per accorciare le liste di attesa introduce un nuovo percorso per la riorganizzazione della rete dei laboratori. In poche parole, a circa venti anni dalla legge 133 del 2006, largamente inapplicata soprattutto al Sud, si ritorna sul tema della riorganizzazione per ridurre i criteri di qualità e di efficienza imposti alle strutture di laboratorio. Queste ultime, gravate di nuove tariffe più basse, potrebbero vedere ulteriormente rimodulati i criteri che fissano le soglie di efficienza e l’organizzazione stessa e delle aggregazioni.
Lo Stato, a questo punto, potrebbe ritenere che acquistare prestazioni di più bassa qualità erogate da strutture più piccole, e quindi meno competitive, potrebbe rivelarsi addirittura un…salutare esercizio!! Di converso lo stesso Stato spalanca alla “Farmacia dei Servizi” la possibilità che si eroghino analisi complesse con metodi approssimativi ed estemporanei chiamati POCT. Non faremo nomi ma solo cognomi: se il ministro Schillaci ritiene che questo possa essere condiviso dagli interessati si sbaglia di grosso. Così come ben oltre il segno della partigianeria appare l’opera del Sottosegretario Gemmato che ne fa una questione di categoria e di territorio apulo.
Il 13 maggio la Federazione Nazionale degli Ordini dei Biologi (FNOB), le principali associazioni nazionali di categoria e non poche società scientifiche si riuniranno a Roma per tutelare non solo l’intera categoria dei Biologi, ma anche quella degli specialisti ambulatoriali e degli ospedalieri, dal pericolo che vengano loro sottratte alcune specifiche prerogative professionali. In quella stessa sede arriveranno anche proposte che gireremo alle istituzioni sulla rete dei laboratori che, a questo punto, sembra essere un dilatorio espediente per non utilizzarla!
Vincenzo D’Anna
Presidente della FNOB