Microbioma: le relazioni sociali influenzano i batteri della salute

Roma, 30 aprile 2023 (AgOnb) – Abitano nei nostri corpi, passeggiano sulla nostra pelle e sono letteralmente sulla bocca di tutti. Sono i batteri, miliardi di microrganismi che costituiscono il microbioma. Oggi, con i progressi della tecnologia stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione microbiologica. Secondo un recente studio internazionale, coordinato dal Dipartimento Cibio dall’Università di Trento, i microbi della salute sono influenzati anche dalle persone con cui stiamo a contatto. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature, mostrano come molte componenti del microbioma siano collegate alle interazioni sociali.
Un’unità microbica complessa determinata da fattori interni ed esterni, il microbiota è unico e personalizzato. Ognuno ha la sua isola di batteri, la cui variabilità può essere influenzata dalla provenienza geografica e dall’alimentazione seguita. Nicola Segata, coordinatore dello studio e professore di genetica e bioinformatica presso l’Università di Trento e l’Istituto Europeo di Oncologia, precisa:
«Quando si parla di microbiota umano, non ci riferiamo solo all’intestino ma ne esiste uno orale, cutaneo, uro-genitale e così via. È in relazione con il sistema immunitario, i microrganismi hanno un ruolo diretto ed indiretto nel proteggersi contro i patogeni». A dimostrazione dell’incredibile complessità biologica, non sono ancora definibili tutte le sue funzioni ma sono molteplici per il nostro benessere. Dalla regolazione del metabolismo alle capacità digestive, grazie alle nuove ricerche si aprono nuove potenzialità anche in ambito oncologico come spiega Segata «il microbioma riesce a predire quale sia la risposta dell’individuo all’immunoterapia contro il melanoma».
La modalità di trasmissione dei microrganismi si inserisce nella linea principale di ricerca del laboratorio trentino: caratterizzare in modo avanzato e preciso il microbioma attraverso approcci biotecnologici e computazionali. Con nuovi metodi informatici si analizzano i campioni, il loro contenuto genetico complesso è sequenziato con migliaia di specie diverse. «Quello che abbiamo ipotizzato è che fosse la madre a trasmettere i batteri tramite contatto fisico e lo abbiamo dimostrato con lo sviluppo di tecniche volte ad analizzare i dati di sequenziamento del metagenoma ad una risoluzione superiore: il ceppo del batterio che il bambino aveva, corrispondeva solo a quello della madre» commenta l’intervistato. Infatti, il neonato nell’utero materno è sterile ma durante il parto la madre “contamina” positivamente il figlio con un esercito di microrganismi vaginali ed intestinali. In questo modo, il bambino acquisirà e svilupperà il microbioma continuando a cambiarlo nel tempo. Anche se il parto cesareo non permette il trasferimento madre-figlio, ciò avverrà comunque negli istanti successivi alla nascita tramite il contatto con la madre e con tutte le altre persone a lui vicine. L’autore specifica che i batteri trasmessi offrono anche un aiuto fondamentale al neonato nella digestione dei composti del latte, da solo infatti non potrebbe riuscirci.
L’importante lavoro di ricerca ha portato gli studiosi ad interrogarsi sull’acquisizione di nuovi ceppi nel tempo e sulle sorgenti della trasmissione. Con persone provenienti da tutti i continenti (20 paesi) e con la reintegrazione di dati già disponibili e riutilizzati a favore dello studio «siamo arrivati a quasi 10.000 campioni di microbioma di persone di cui conoscevamo la loro interazione sociale» afferma il ricercatore. Poi continua «abbiamo osservato che due soggetti che vivono insieme nella stessa casa, dopo 3 o 4 anni, hanno tra il 10 ed il 15% di ceppi in comune che devono essersi per forza trasmessi l’uno con l’altro». Più tempo gli individui stanno insieme, più batteri condivideranno. In sostanza, i batteri si trasmettono tra generazioni (per nascita) e anche tra persone che vivono a stretto contatto (parenti, amici, conviventi). Lo studio ha rivelato, inoltre, che la trasmissione dei batteri è in relazione con la durata del contatto e con l’età, e che il microbiota orale è più trasmissibile di quello intestinale. Questa scoperta pone nuovi interrogativi alla comunità scientifica; l’aver dimostrato che il microbioma umano è trasmissibile ed avendo implicazioni importanti su alcune patologie definite fino ad ora “non comunicabili” (es. obesità, diabete) porterebbe a riconsiderare infatti, almeno in parte, la trasmissibilità di tali malattie. In aggiunta, il gruppo di ricerca sta cercando di capire quali sono le caratteristiche dei batteri che li rendono più o meno trasmissibili. «Perché alcuni sono più resistenti all’ossigeno e possono resistere maggiormente fuori dal corpo? Perché altri sono più sporigeni?» conclude Segata. Gli scienziati che esplorano questa straordinaria parte dell’organismo non hanno ancora sciolto tutti i nodi dell’intricata matassa del suo funzionamento ma una cosa possono già dirla. Preoccuparci dei nostri batteri è uno dei modi per mantenerci in salute. (AgOnb) Anna Lavinia 9:00