I risultati dell’indagine conoscitiva promossa dalla Fnob in collaborazione con la Sierr, la Società italiana di embriologia, riproduzione e ricerca
di Valerio Pisaturo
presidente Sierr, Società Italiana di Embriologia, Riproduzione e Ricerca
Il settore della riproduzione umana si afferma come uno degli ambiti più dinamici della biologia moderna. Il crescente ritardo nell’età della prima gravidanza, combinato con l’aumento delle problematiche legate all’infertilità, ha reso l’embriologia clinica una disciplina cruciale. In un’epoca segnata da un calo demografico senza precedenti, questo campo non solo si evolve rapidamente ma assume anche un ruolo strategico per affrontare le sfide della denatalità.
Nel corso del 2024, la Federazione Nazionale dell’Ordine dei Biologi (Fnob), in collaborazione con la Società Italiana di Embriologia, Riproduzione e Ricerca (Sierr), che già in passato hanno strettamente collaborato sulla tutela della figura professionale, hanno promosso un’indagine conoscitiva rivolta ai professionisti che operano nei laboratori di riproduzione umana assistita.
L’indagine mirava a raccogliere dati utili per avviare un dialogo con le istituzioni, finalizzato alla creazione di percorsi formativi standardizzati e ufficialmente riconosciuti, con l’obiettivo di valorizzare e legittimare ulteriormente la professione. Hanno risposto 320 biologi che operano in tutta Italia, ed è stato possibile raccogliere dati sulla distribuzione anagrafica, sull’esperienza professionale, sulle competenze acquisite, sulle condizioni contrattuali e sulle necessità formative. I risultati emersi offrono un importante spunto di riflessione e pongono all’attenzione della comunità la necessità di sviluppare politiche formative e professionali mirate, oltre ad affrontare le problematiche legate alla stabilità lavorativa e al riconoscimento formale della professione.
L’indagine ha evidenziato come la maggior parte degli embriologi clinici sia composta da professionisti giovani, con il 44% degli intervistati di età compresa tra i 30 e i 40 anni, e un ulteriore 10% sotto i 30 anni. Al contempo, emerge una percentuale significativa di professionisti con un’esperienza consolidata, con il 35% degli intervistati che vanta più di 15 anni di esperienza nel settore. Questa distribuzione demografica e di esperienza professionale suggerisce che la professione stia vivendo una fase di rinnovamento, con l’ingresso di giovani biologi, ma anche con una solida presenza di esperti, che costituiscono una risorsa fondamentale per il settore.
Riguardo alle competenze acquisite, oltre il 75% degli intervistati ha dichiarato di possedere una preparazione elevata in molte delle principali aree dell’embriologia clinica, come il trattamento del campione seminale chirurgico, la crioconservazione di gameti ed embrioni, l’ICSI, l’embryo transfer e la diagnostica seminale. Tuttavia, alcune competenze più specialistiche, come la crioconservazione del tessuto ovarico (22%) e la biopsia del trofoectoderma (39%), risultano meno diffuse, indicando che queste aree sono ancora in fase di sviluppo e richiedono un’ulteriore attenzione, sia a livello formativo sia pratico.
Un aspetto che emerge con particolare rilevanza è quello legato alla tipologia di impiego degli embriologi clinici. Il 47% degli intervistati è impiegato nel settore privato, mentre il 35% lavora nel settore pubblico e il 18% nel privato convenzionato. Sebbene la diversificazione dei settori di impiego dimostri la flessibilità della professione, i dati relativi alla tipologia di contratto sono preoccupanti. Il 40% degli intervistati lavora come libero professionista, una percentuale che raggiunge livelli critici nel settore privato, dove oltre il 60% degli embriologi è impiegato con contratti libero professionale. Questo dato riflette una crescente precarizzazione del lavoro, con un’incidenza significativa di contratti non stabili, in particolare nel settore privato, dove il ricorso a contratti a tempo indeterminato è ridotto al 30%. Al contrario, nel settore pubblico la percentuale di contratti a tempo indeterminato raggiunge il 64% ma anche in questo caso il lavoro libero professionale è presente in modo rilevante, con il 16% degli embriologi che operano come liberi professionisti anche nel Servizio Sanitario Nazionale.
In questo scenario è chiaro che una delle necessità urgenti sia quella di migliorare le condizioni contrattuali degli embriologi, soprattutto nel settore privato. La diffusione della libera professione, sebbene offra una certa flessibilità, comporta anche un’elevata instabilità lavorativa e una mancanza di tutele adeguate. È fondamentale, pertanto, incentivare forme contrattuali più stabili e tutelanti, in particolare per i professionisti che operano nel settore privato e privato convenzionato. Allo stesso modo, è cruciale che vengano adottate politiche in grado di favorire l’ingresso di giovani professionisti con contratti a tempo indeterminato, dando maggiore sicurezza alle nuove generazioni di embriologi.
Parallelamente, emerge un altro dato preoccupante relativo alla formazione. Solo l’8% degli intervistati ha conseguito o sta conseguendo una scuola di specializzazione affine al settore, titolo che risulta obbligatorio per l’accesso alle posizioni nel settore pubblico. La maggior parte degli embriologi ha solo il diploma di laurea (65%), e solo una parte di essi ha integrato la laurea con un Master (22%). La scarsa presenza di un percorso formativo specialistico dedicato alla figura dell’embriologo clinico evidenzia la necessità di sviluppare percorsi ad hoc che consentano l’acquisizione del titolo di specializzazione e che possano formare professionisti altamente qualificati, con competenze specifiche adeguate alla crescente complessità che caratterizza questo settore.
La frammentazione nelle specializzazioni, con una predominanza delle scuole di Genetica Medica e di Patologia clinica, dimostra che il settore è in cerca di un indirizzo formativo unificato, in grado di rispondere in modo adeguato alle esigenze di un settore in continua evoluzione. Un programma di specializzazione mirato a formare embriologi clinici è oggi essenziale per garantire una qualità del lavoro in linea con le necessità del campo della PMA. È indispensabile che le istituzioni competenti intervengano per regolamentare la professione, definendo in modo chiaro le modalità di formazione, le competenze necessarie e le condizioni di lavoro. Inoltre, è necessario garantire che tutti i professionisti del settore abbiano accesso a un percorso di formazione continua che permetta loro di restare al passo con i rapidi sviluppi tecnologici e scientifici del campo. Sulla base di quanto su riportato, la creazione del Coordinamento Nazionale Biologi Genetisti, Embriologi e Biologi Molecolari (Cnbg) della Fnob e la stretta collaborazione tra Fnob e SIERR rappresentano un passo indispensabile e fondamentale per dare voce alle esigenze degli embriologi clinici e per promuovere un cambiamento positivo nelle politiche di formazione e impiego. La definizione di un percorso formativo specifico, l’adozione di contratti di lavoro più stabili e l’affermazione della figura dell’embriologo clinico rappresentano passi decisivi per garantire la qualità nel settore della procreazione assistita in Italia.