Roma, 30 gennaio 2024 (Agenbio) – L’epilessia è una malattia neurologica cronica che si manifesta attraverso crisi ricorrenti di diversa intensità, che vanno da episodi brevi di assenza a convulsioni violente. A livello globale, circa 50 milioni di persone sono affette da epilessia, e di queste, più del 30% soffre di una forma di epilessia che non risponde ai farmaci. L’introduzione della cannabis terapeutica, in particolare del cannabidiolo (CBD), un suo componente non psicotropo, ha mostrato promettenti risultati nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti con epilessia farmaco-resistente, dimostrando un buon potenziale nel ridurre la frequenza e la gravità delle crisi. Un aspetto cruciale della patogenesi dell’epilessia riguarda la capacità di prevenire l’insorgenza delle crisi e di controllare la fase di transizione dalla condizione pre-sintomatica a quella sintomatica. Per comprendere i meccanismi alla base di questo processo e testare nuove terapie, è fondamentale l’uso di modelli sperimentali animali. In questo contesto, la cannabis medicinale potrebbe rappresentare una valida opzione, in quanto agisce come un modulatore del sistema endocannabinoide, una rete di mediatori lipidici endogeni che regola l’attività neuronale e svolge un ruolo fondamentale nella modulazione dell’attività cerebrale.
Uno studio recente condotto dall’Istituto di Chimica Biomolecolare (Cnr-Icb) di Pozzuoli, coordinato dalla ricercatrice Luigia Cristino, ha approfondito i meccanismi con cui i fitocannabinoidi, o i loro omologhi molecolari endogeni, possano ridurre la frequenza delle crisi in forme di epilessia resistenti ai trattamenti farmacologici. In particolare, lo studio ha utilizzato un modello genetico di epilessia nei topi, il modello *Sinapsina II knockout*, che presenta un difetto nell’espressione della proteina Sinapsina II, una componente importante della famiglia delle sinapsine, coinvolta nel controllo del rilascio di neurotrasmettitori. Questi topi, privi del gene SYN2, sono predisposti allo sviluppo di crisi epilettiche spontanee a partire dai 2-3 mesi di età. Questo incremento progressivo delle crisi rende il modello particolarmente adatto per studiare i meccanismi di epilettogenesi e la transizione dalla fase pre-epilettica a quella epilettica conclamata.
Utilizzando tecniche avanzate di studio dei segnali neurochimici cerebrali, come l’elettrofisiologia, la microscopia confocale e test comportamentali, i ricercatori hanno osservato che la perdita dell’espressione del recettore CB1 degli endocannabinoidi nell’ippocampo dei topi è associata a un aumento del rilascio di glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio che favorisce l’insorgenza delle crisi. I risultati hanno evidenziato che la regolazione del sistema endocannabinoide, in particolare l’espressione del mediatore 2-Arachidonoilglicerolo (2-AG), è cruciale per mantenere l’equilibrio tra segnali eccitatori e inibitori nell’ippocampo, contribuendo così alla stabilità delle reti neuronali e prevenendo la propagazione delle crisi epilettiche.
Questo studio rappresenta un passo fondamentale nella ricerca traslazionale, ossia nel trasferire i risultati ottenuti in laboratorio alla pratica clinica, con l’obiettivo di sviluppare nuove terapie per l’epilessia. I risultati della ricerca, pubblicati sulla rivista “Cellular and Molecular Life Sciences” (Forte et al., 2024), sono il frutto della collaborazione tra l’Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR e altri importanti centri di ricerca, tra cui il prof. Di Marzo dell’Università Laval del Canada, il gruppo di ricerca del prof. Benfenati dell’Università di Genova e dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e il prof. De Girolamo dell’Università Federico II di Napoli. Questo studio offre nuove prospettive per l’utilizzo della cannabis terapeutica e dei suoi componenti nella prevenzione e nel trattamento dell’epilessia, con particolare riferimento