Sostenibilità: Un progetto utilizza le piante per l’estrazione del nichel

Roma, 30 gennaio 2025 (Agenbio) – Un’iniziativa innovativa mira a sfruttare le piante per estrarre il nichel dal suolo in modo ecologico. Al centro del progetto c’è la Camelina sativa, una pianta appartenente alla famiglia della senape, e la ricerca è condotta dall’Università del Massachusetts di Amherst (UMass Amherst).

Tutte le piante assorbono nutrienti e minerali dal terreno, che vengono successivamente incorporati nelle foglie e negli steli. Tuttavia, esistono alcune specie, chiamate “iperaccumulatori”, che possiedono la straordinaria capacità di raccogliere minerali specifici in quantità molto elevate. Tra queste piante, una in particolare si è distinta per la sua abilità nell’accumulare nichel, un elemento essenziale per diverse applicazioni industriali, ma scarso negli Stati Uniti: Odontarrhena.

Questa scoperta ha portato il professor Om Parkash Dhankher, specialista in biologia molecolare e fitodepurazione presso la Stockbridge School of Agriculture dell’UMass Amherst, a condurre studi su come le piante possano essere utilizzate per purificare il suolo dai contaminanti attraverso una tecnica chiamata fitodepurazione. Da lì, il passo successivo è stato pensare a come queste piante possano essere utilizzate per raccogliere i minerali accumulati e trasformarli in risorse utili per l’industria, attraverso un processo noto come fitominatura.

Attualmente, solo un’azienda negli Stati Uniti estrae attivamente il nichel da una miniera convenzionale. Nonostante ciò, circa un milione di acri di terreno negli Stati Uniti contengono tracce di nichel nel suolo superficiale. Tuttavia, la maggior parte del nichel proviene da Paesi come l’Indonesia, dove viene estratto e poi lavorato altrove. Poiché il nichel è una sostanza relativamente poco tossica, i terreni che lo contengono sono spesso sterili, rendendo difficile l’agricoltura convenzionale.

Sebbene Alyssum fosse una scelta naturale per l’estrazione di nichel (le sue foglie possono accumulare fino al 3% di nichel nella biomassa), Dhankher sottolinea che questa pianta cresce molto lentamente, ha una biomassa ridotta e impiega circa nove mesi per arrivare a maturazione, il che rende difficile utilizzarla su larga scala. Inoltre, Alyssum è anche considerata una specie invasiva.

In contrasto, la Camelina sativa, già ampiamente coltivata negli Stati Uniti, offre numerosi vantaggi. Questa pianta può essere raccolta due o tre volte all’anno, mentre Alyssum richiede molto più tempo per un singolo raccolto. Inoltre, i semi di Camelina sono una ricca fonte di olio, utilizzato nella produzione di biocarburanti, aumentando così l’interesse economico per il suo utilizzo.

Il progetto di Dhankher si propone di studiare i geni e le proteine che consentono a Alyssum di accumulare nichel, con l’obiettivo di trasferire queste caratteristiche alla Camelina, rendendola capace di accumulare quantità significative di nichel. In questo modo, la pianta potrebbe non solo contribuire a migliorare la qualità del suolo, ma anche fornire un’importante risorsa industriale. Un altro aspetto del progetto è l’analisi delle condizioni del terreno, che influenzano la disponibilità di nichel per le piante. Come spiega Baoshan Xing, professore emerito e direttore della Stockbridge School presso l’UMass Amherst, l’obiettivo è ottimizzare le condizioni del suolo per favorire una maggiore disponibilità di nichel e migliorare l’efficienza dell’iperaccumulo nelle piante. Attraverso l’analisi dei terreni ricchi di nichel, il team cercherà di determinare come intervenire per massimizzare l’assorbimento di questo minerale da parte delle piante.

Secondo Dhankher, gli Stati Uniti potrebbero avere una quantità sufficiente di nichel nei terreni sterili per alimentare un programma di fitominatura per almeno 50 anni. Sebbene questa tecnica non possa soddisfare tutta la domanda di nichel dell’economia, il progetto potrebbe coprire dal 20% al 30% delle necessità future. (Agenbio) Eleonora Caruso 12:30