Roma, 28 febbraio 2025 (Agenbio) – Un gruppo di ricercatori dell’Università delle Hawaii (UH) a Manoa ha fatto una scoperta che potrebbe aprire nuove possibilità per affrontare l’inquinamento da plastica negli oceani. Hanno identificato diverse specie di funghi marini provenienti dall’ambiente costiero delle Hawaii, che possiedono la capacità di degradare la plastica. Alcuni di questi funghi sembrano anche essere in grado di farlo più velocemente se opportunamente stimolati. Questo studio, condotto da Ronja Steinbach, studentessa di biologia marina, mette in luce l’importanza di un gruppo finora poco studiato di organismi: i funghi marini.
«Attualmente, la plastica nell’ambiente è estremamente resistente e difficile da degradare con le tecnologie esistenti”, afferma Steinbach. “La nostra ricerca dimostra che i funghi marini potrebbero rappresentare una risorsa sottovalutata per sviluppare nuovi metodi per riciclare e rimuovere la plastica dall’ambiente». La plastica, infatti, è un materiale molto utile per i consumatori, ma quando viene dispersa nell’ambiente, si scompone in microplastiche, che sono difficili da trattare e particolarmente dannose per gli ecosistemi marini.
Ogni anno, circa 625.000 camion di plastica finiscono nell’oceano, e trovare un metodo per ridurre questo inquinamento è diventato una priorità.
Mentre diversi microbi, tra cui batteri e funghi terrestri, sono stati studiati per la loro capacità di degradare la plastica, il team della UH Mānoa ha focalizzato l’attenzione sui funghi marini raccolti nelle zone costiere delle Hawaii, provenienti da sabbia, alghe, coralli e spugne. «I funghi hanno la capacità di degradare materiali che altri organismi non riescono a digerire, come il legno e la chitina», spiega Anthony Amend, professore presso il Pacific Biosciences Research Center, che ha coordinato lo studio. «Abbiamo testato questi funghi per vedere se potevano consumare la plastica, e i risultati sono stati sorprendenti: oltre il 60% dei funghi che abbiamo raccolto nell’oceano aveva la capacità di degradare la plastica».
Inoltre, è stato interessante osservare la velocità con cui i funghi si sono adattati. In soli tre mesi, alcuni di loro sono riusciti ad aumentare il tasso di degradazione della plastica fino al 15%. Le Hawaii, situate nel vortice subtropicale del Pacifico, ricevono rifiuti di plastica da tutto il mondo attraverso le correnti oceaniche. Attualmente, il team dell’Università delle Hawaii sta ampliando la ricerca per verificare se questi funghi marini, e altre specie simili, possano degradare anche tipi di plastica più difficili da trattare, come il polietilene e il polietilene tereftalato, che sono tra le principali fonti di inquinamento marino.
Gli scienziati stanno cercando di comprendere i meccanismi cellulari e molecolari attraverso i quali i funghi sono in grado di degradare questi composti. «Speriamo di collaborare con ingegneri, chimici e oceanografi per trasformare queste scoperte in soluzioni concrete per ripulire le nostre spiagge e i nostri oceani», ha concluso Steinbach. (Agenbio) 9:00 Eleonora Caruso