Il Conto Consuntivo di Enpab chiude l’esercizio al 31 dicembre 2017 con un utile di € 9.951.290. Il patrimonio netto dell’Ente sale a €109.685.622. Al Fondo Riserva sono stati destinati € 6.923.112 raggiungendo i 60,3 milioni di euro.
Sale anche il numero degli iscritti. Nell’anno 2017 è cresciuto in maniera più che costante (4.1%) passando da 14.475 a 15.070 (al netto dei professionisti che hanno cessato l’attività e conseguentemente si sono cancellati dall’Ente) confermando di fatto una costante nell’aumento dei liberi professionisti biologi.
Analizzando nel dettaglio la composizione della categoria professionale dei biologi si conferma un altro dato positivo rappresentato dalla componente giovanile, prevalentemente femminile: le iscritte biologhe rappresentano il 72% della categoria. Tra le iscritte donne la classe di età maggiormente rappresentata è quella dai 30 ai 34 anni e ben il 62% delle iscritte ha un’età compresa tra i 30 ed i 45 anni. Mentre tra gli uomini liberi professionisti la situazione è significativamente diversa ed in qualche modo mediamente equilibrata. Anche tra gli uomini, in ogni caso, si registra una crescita delle percentuali di iscritti giovani. La ripartizione territoriale conferma, infine, la prevalenza di iscritti residenti nell’Italia del sud (46%) mentre minore è la concentrazione dei biologi residenti nelle regioni del centro (33% ) e del nord (21%).
La gestione previdenziale e assistenziale
Nel 2017 l’Ente ha erogato 1.052 pensioni di vecchiaia, (€ 3.395.614 per 642 uomini e 410 donne), 40 pensioni in totalizzazione (€ 182.586), 147 pensioni indirette (€ 117.141), 42 pensioni di reversibilità (€ 60.871), 36 assegni di invalidità e 9 pensioni di inabilità. Il rapporto tra pensionati e iscritti attivi è di 1/14. Il numero delle pensioni di vecchiaia liquidate è cresciuto del 33% rispetto all’anno 2016.
Il rapporto tra l’ammontare del Fondo Pensioni e l’importo delle pensioni liquidate è pari a 13,12. Tale rapporto è indicatore di un più che soddisfacente equilibrio finanziario; lo stesso infatti rappresenta il grado di sostenibilità del Fondo rispetto alla liquidazione delle prestazioni pensionistiche.
Nell’anno 2017 sono state liquidate 371 indennità di maternità rispetto alle 347 indennità liquidate nel 2016. L’importo medio liquidato nel 2017 è stato pari a 5.843 euro rispetto all’importo di 5.744 euro del 2016.
È stata accantonata inoltre la somma di € 8.000.000 fino al 2020 in previsione dei diversi interventi di assistenza in favore degli iscritti i cui Bandi saranno pubblicati nelle forme e nei tempi previsti dai rispettivi Regolamenti.
È stato incrementato anche il Fondo indennità di maternità per un importo totale pari a € 2.319.051 (di cui € 1.549.573 relativo a contributi dovuti dagli iscritti, e €769.478 per contributi dovuti dallo Stato).
Il costo totale delle indennità è stato di € 1.919.975. Dal fondo sono state, altresì, prelevate le risorse per il pagamento delle indennità di maternità deliberate e liquidate nell’anno ma la cui domanda è stata presentata dalle iscritte in anni precedenti, per un ammontare pari a € 220.888.
Le dinamiche reddituali
Le dinamiche reddituali hanno orientato la politica di welfare strategico mirata a sostenere il professionista e, quindi, incrementare i redditi professionali.
L’analisi puntuale e tecnica dei redditi, parametrata al gruppo chiuso degli iscritti che esercitano la professione da almeno un triennio, evidenzia una discreta crescita degli stessi, almeno per le libere professioniste. Un’analisi puntuale tra questi “gruppi” registra un incremento sempre più consistente per chi ha beneficiato delle iniziative di welfare proposte dall’Ente. Questo dato è confortante rispetto alla positività dei riflessi in termini reddituali, e quindi previdenziali, delle azioni a sostegno del welfare.
Nel maggio 2017 l’Ente ha commissionato uno studio attuariale sulle ripercussioni delle azioni di welfare con l’obiettivo di individuare quello che potremmo definire il “punto di pareggio” in termini di benefici previdenziali rispetto ad azioni diverse quali, ad esempio, il riversamento sui montanti di una parte consistente dei risparmi accumulati.
Si è inoltre verificato il differente risultato che in termini economici avrebbe potuto raggiungersi con due impostazioni diverse:
- a) un versamento “una tantum” sui montanti individuali di una quota dell’extra rendimento, realizzato dall’ENPAB, rispetto alla rivalutazione dovuta per legge in un determinato anno, allo scopo di incrementare la prestazione degli iscritti al momento della quiescenza (politica passiva);
- b) l’impiego delle risorse, quali ad esempio parte degli stessi extra rendimenti o degli avanzi di gestione, in attività utili allo sviluppo della professione (politica attiva di medio lungo termine).
La conclusione è stata che «… l’utilizzo di politiche attive potrebbe comportare costi inferiori rispetto a quelli derivanti da detti versamenti una tantum. Difatti, oltre ad incrementare le prestazioni degli iscritti, la messa in atto di interventi mirati allo sviluppo della professione consentirebbe anche di aumentare il gettito dei contributi integrativi a sostegno dell’Ente e quindi di autofinanziarsi, quantomeno parzialmente».
Viene, inoltre, confermato che i risultati sono maggiormente apprezzabili quando le azioni di welfare sono rivolte ai professionisti più giovani in quanto maggiore è il lasso di tempo che intercorre per la quiescenza.
Fonte: Enpab