Vaccini e mutazioni, due studi fanno luce sull’evoluzione dei ceppi patogeni virulenti

Alcuni vaccini potrebbero “veicolare” l’evoluzione di agenti patogeni più virulenti? A questa domanda prova a dare una risposta la ricerca di un team di scienziati del Regno Unito pubblicata sul sito PlosBiology e che è possibile leggere, in lingua originale, cliccando sul link sottostante. “E’ opinione diffusa”, scrivono i ricercatori nell’abstract, “che la selezione naturale rimuova i patogeni altamente letali perché la morte dell’ospite riduce notevolmente trasmissione. I vaccini che però tengono in vita tali “ospiti” ma consentono comunque la trasmissione, potrebbero di conseguenza permettere a ceppi molto virulenti di circolare in una popolazione. In questo studio si dimostra sperimentalmente come l’immunizzazione dei polli contro il virus della malattia di Marek, aumenta la selezione di ceppi più virulenti, rendendo, in tal modo, possibile la trasmissione di ceppi iperpatogeni. L’immunità indotta dalla vaccinazione diretta o dalla vaccinazione materna – si legge ancora nella ricerca – prolunga la sopravvivenza dell’ospite ma non previene l’infezione, la replicazione virale o la trasmissione, estendendo così i periodi infettivi di ceppi altrimenti troppo letali per persistere. I dati mostrano che i vaccini che non impediscono la trasmissione possono creare condizioni che favoriscono l’emergere di ceppi patogeni che causano una malattia più grave negli ospiti non vaccinati.

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In un’altra ricerca, pubblicata sul sito statunitense del National Institutes of Health della National Library of Medicine, e che pure viene riproposta in questa sede, è stato analizzato, mediante NGS, il ceppo di parotite che ha causato il decesso per encefalite cronica di un bimbo di quasi 6 anni vaccinato con MPR a 14 mesi. I risultati del sequenziamento hanno dimostrando che si trattava del virus vaccinico contenente delle nuove mutazioni che lo hanno reso neurovirulento, a sostegno del fatto che il vaccino MPRV può originare nuovi ceppi patogeni ed infettivi anche nel lungo termine.

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