Vaccini, ecco perché le analisi svolte hanno valore: non riguardano la loro efficacia ma la loro composizione

La legge è uguale per tutti” sta scritto alle spalle del giudice nelle aule di tribunale. Non sempre forse è così per la sua applicazione. Allo stesso modo, la Scienza (scritto con l’iniziale maiuscola) è freddamente obiettiva ma, di fatto, qualche volta non lo è la sua lettura. Questo ancor di più se non è la Scienza a dover essere letta ma è ciò che risulta dalla sua applicazione pratica, vale a dire la Tecnologia.
È ormai argomento trattato popolarmente dai media che l’Ordine Nazionale dei Biologi è coinvolto in analisi svolte su un paio di vaccini, indagini che dovrebbero costituire la routine per i non pochi enti pubblici finanziati a livello internazionale e nazionale allo scopo.
Suscitando sorpresa, quelle analisi svelano come i campioni analizzati contengano sostanze la cui presenza nei vaccini è quanto meno tutta da illustrare: da DNA ovviamente estraneo a chi dovrà subire la somministrazione del prodotto fino a pesticidi, erbicidi, principi attivi a dir poco bizzarri almeno in quell’ambito (per esempio il Sildenafil che del Viagra* è il principio attivo), composti di passaggio nelle sintesi di vari farmaci o qualcosa che viene niente meno che dagli elminti (!). Potrà essere curioso osservare come il vaccino, che dovrebbe essere anche un anti-rosolia, di quell’antigene non sia stata rilevata traccia. Questo è relativo a quel vaccino, ma, in generale, nei bugiardini compaiono antibiotici, a volte non proprio adatti ai lattanti come, ad esempio, la Neomicina; il Polisorbato80 che apre la barriera emato-encefalica, la gelatina di maiale, l’alluminio e non poche altre sostanze sulle quali più di un dubbio riguardante la tollerabilità e l’innocuità appare legittimo.
Potrà essere curioso osservare che i due lotti dello stesso vaccino hanno dato risultati non del tutto identici, cosa che accade anche a noi, che quei prodotti analizziamo da più o meno 16 anni con tutt’altra metodica. I nostri risultati riguardano il contenuto di micro e nanoparticelle inorganiche, vale a dire qualcosa che non può essere contenuto nemmeno in minima traccia in nessun preparato iniettabile. Eppure, noi quelle particelle le troviamo regolarmente e della cosa abbiamo dovutamente avvertito più volte le autorità competenti a partire dal 2011, mostrando i risultati corredati da fotografie inequivocabili di microscopia elettronica e di analisi elementali eseguite con il sistema di spettroscopia EDS.

 

L’articolo di Stefano Montanari e Antonietta Gatti prosegue su Il Tempo.it

*Glaxo-Pfizer: joint venture nei settori sanità, vaccini e farmaceutica