Il ruolo dei biologi nella prevenzione oncologica, in un ambiente ormai sempre più interdisciplinare, che ha bisogno di una presenza sempre più massiccia di studiosi. Ma anche di un linguaggio che sia immediatamente comprensibile perché, “l’informazione complessa, come quella della ricerca scientifica, è difficile da trasferire alle persone che poi vivono il problema in prima persona”. E’ quanto hanno fatto notare Vincenzo D’Anna e Stefania Papa, rispettivamente presidente e consigliere dell’Ordine Nazionale dei Biologi, nel corso del forum “Cracking cancer“, il progetto sulla lotta al cancro e sulle sue implicazioni economiche, organizzative e sociali promosso dall’Ispro, l’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica della Toscana e tenutosi lo scorso 9 e 10 maggio negli spazi della Fortezza dal Basso a Firenze.
“Il sistema – ha spiegato la dottoressa Papa – ha vissuto per troppo tempo in compartimenti stagni e invece i vasi comunicanti ci sono e funzionano. E la disponibilità del Biologo deve essere proprio quella di arrivare a comunicare in maniera corretta con linguaggi via via diversi che si calano, a seconda dell’interlocutore, dalle tavole tecniche alle scuole fino all’interlocutore finale“.
“Il cancro – ha spiegato D’Anna – è una malattia complessa“, che nasce “dall’interazione di migliaia di funzioni diverse già all’interno della stessa cellula, dove i geni si modificano per fatti epigenetici“, indotti da “inquinanti ambientali, sostanze edulcorate, dalla presenza nell’aria, nel suolo e nelle acque, di sostanze tossiche“. E dunque “il problema del cancro” è anche “legato alla contaminazione dell’ambiente“. E richiede, “per essere compreso (e da qui anche la difficoltà di sconfiggerlo), di una quantità sempre più enorme di studiosi e quindi dell’interdisciplinarietà“.
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