Un po’ biologa, un po’…medico. Si era spinta a sostenere che il suo metodo nutrizionale fosse in grado di guarire le malattie autoimmuni. Ed era giunta addirittura a pubblicizzarne l’efficacia su internet. Circostanze, queste, che hanno indotto il Consiglio di Disciplina dell’Ordine nazionale dei Biologi a vederci chiaro, aprendo un procedimento conclusosi, poi, con la decisione di “infliggere” due mesi di stop all’attività professionale della biologa con la passione per il web.
Un caso particolare, quello esaminato dal Consiglio, destinato forse a fare scuola. Un caso che, per la verità, aveva già vissuto un “prologo”, il 27 novembre del 2018, con la diffida del presidente dell’ONB, che però non aveva avuto alcun esito.
In quella circostanza, infatti, il presidente dell’Ordine nazionale dei Biologi si era mosso, dopo una segnalazione pervenuta dal Ministero della Salute, chiedendo alla biologa di “rimuovere dal sito ogni riferimento, slogan e/o quant’altro esuli dalle competenze proprie del biologo e dei principi scientifici etici e deontologici cui il biologo deve conformare la propria attività e che siano tali da indurre in errore il lettore“. La dottoressa, però, aveva fatto spallucce continuando ad operare come se nulla fosse. Ma c’è di più. Letteralmente in barba alla contestazione, non solo non aveva inviato memorie difensive, ma aveva anche rinunciato ad argomentare e chiarire la propria condotta. Eppure i fatti di cui era accusata erano certamente rilevanti da un punto di vista disciplinare. E proprio per questo, nei mesi successivi alla diffida, il Consiglio ha deciso di avviare il procedimento.
Era apparso subito chiaro, infatti, che la dottoressa, con il suo comportamento, era venuta meno ai doveri del professionista biologo. Da cosa lo si deduce? Semplice: dalle norme in materia. Ci sono e parlano chiaro. Basta solo leggere insieme. Ecco, per capirci, cosa recita l’art.4 co.2: “Costituisce illecito disciplinare, anche ai sensi del successivo art. 5, l’attività afferente ad altre professioni esercitata dal biologo senza titolo professionale,…“. Così invece l’art.36 co.2, del Codice Deontologico: “La pubblicità informativa di cui al comma 1 deve essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professionale, non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria e deve essere eticamente in linea con il decoro della professione“. E ancora, il co. 4: “Le comunicazioni informative di cui al comma precedente devono essere funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria“.
In poche parole, il Consiglio ha ritenuto che pubblicizzare, come ha fatto la dottoressa, la propria attività su un sito internet con frasi del tipo: “la soluzione più veloce per guarire dalle malattie autoimmuni senza farmaci“, spingendosi a dichiarare che il proprio metodo nutrizionale fosse in grado di guarire le malattie autoimmuni, integrasse la fattispecie di “esercizio abusivo” della professione medica dal momento che l’attività di diagnosi e cura del paziente, anche sotto forma di mero consiglio, è di competenza esclusiva dei medici. In soldoni: la biologa si era messa a fare anche… il medico. Il che, com’è noto, rende necessario il conseguimento della laurea e la successiva abilitazione (anche alla luce della L. 190/2014, che all’art. 1, co. 566, ha riservato alle competenze dei laureati in medicina e chirurgia “gli atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia“). Una materia spinosa che, per quanto concerne gli aspetti disciplinari di tale condotta, rientra senz’altro nelle competenze dell’Autorità Giudiziaria. Ed a questa, non a caso, si è rivolto il Consiglio di disciplina dell’Onb sospendendo dunque ogni decisione sul punto.
Nel contempo, però, lo stesso Consiglio ha ritenuto consumata la violazione dell’articolo 36 comma 2 “La pubblicità informativa di cui al comma 1 deve essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, (…), non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria e deve essere eticamente in linea con il decoro della professione…” e 4 “Le comunicazioni informative di cui al comma precedente devono essere funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria“.
Tradotto in volgare, per il Consiglio quella diffusa dalla biologa sul web è un tipo di pubblicità fuorviante per non dire ingannevole. Perché non c’è alcun dubbio sul fatto che le affermazioni della dottoressa pubblicate sul suo sito professionale e postate anche sui social network, rischiano di poter generare nel pubblico confusione ed incertezza, potendo indurre persone affette da patologie autoimmunitarie a sottrarsi a protocolli medici scientificamente validati. Da qui, dunque dall’approfondimento portato avanti dal relatore, nonché dalla successiva condotta della biologa, il Consiglio di Disciplina è giunto ad una pronuncia di responsabilità disciplinare ed all’applicazione della sanzione afflittiva di due mesi nei suoi confronti, ritenendola adeguata alla gravità della condotta così come descritta.
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