L’essere vivente più “vecchio” d’Europa? Pensate: era già lì due secoli prima dell’anno Mille! Lì, in Calabria, per la precisione. Nel parco nazionale del Pollino. Stiamo parlando di Italus, un pino loricato, l’albero più antico del Vecchio Continente, datato con metodo scientifico. il “nonno d’Europa” è stato scoperto nel 2017 a seguito di una ricerca condotta dal Parco Nazionale del Pollino in collaborazione con l’Università della Tuscia – spiega Aldo Schettino, funzionario del parco”. Ha un’età, pensate, di 1.230 anni, si trova ad una quota di 1.900 metri sul livello del mare, sul versante Sud di Serra della Ciavole, vegeta su un pendio roccioso molto scosceso al riparo da incendi e fulmini. Ed oggi la vera sfida è quella di riuscire a conservarlo in buona salute almeno per altri mille anni!!. “La scoperta è avvenuta casualmente, a seguito di una ricerca di dendrocronologia sul pino loricato” rivela ancora Schettino. La parte più complessa è stata risalire con precisione all’anno di nascita. “La datazione di Italus è stata una vera e propria sfida scientifica” spiega il funzionario. Si “è proceduto, infatti, con un metodo combinato dendrocronologico e al carbonio 14“. Molto più semplice, invece, è stato scegliere il nome: “Italus è venuto spontaneo, ci siamo rifatti alla storia della nostra regione, la Calabria”, racconta Carmelo Pizzuti, funzionario del parco nazionale del Pollino. “Quando gli antichi greci arrivavano sulle nostre coste, sapevano che esisteva già un popolo Enotrio, il loro re era Italus. Possiamo dire che, in un certo senso, la Calabria è stata la prima Italia e su questa base abbiamo scelto il nome per l’albero più vetusto del parco”. La gestione di Italus è molto impegnativa, trasformarlo in una star sarebbe rischioso per l’albero stesso. “Noi abbiamo il dovere come istituzione di far conoscere il valore scientifico di questo albero – sottolinea Pizzuti -, rispetto al turismo però dobbiamo porci dei problemi di conservazione, dobbiamo cioè garantire la conservazione dell’albero anche per le future generazioni. Stiamo lavorando per mettere in campo delle strutture, anche di comunicazione, importanti in modo da lasciarlo il più a lungo possibile come è rimasto nei suoi 1.230 anni”.