Decr. L.vo 10 settembre 2003, n. 276

Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.

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Gazzetta Ufficiale N. 235 del 09 Ottobre 2003

 

Titolo I
DISPOSIZIONI GENERALI
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visti gli articoli da 1 a 7 della legge 14 febbraio 2003, n. 30;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 6 giugno 2003;
Sentite le associazioni sindacali comparativamente piu’
rappresentative dei datori e prestatori di lavoro;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella
seduta del 3 luglio 2003;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Sentito il Ministro per le pari opportunita’;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 31 luglio 2003;
Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca, per gli affari regionali e
dell’economia e delle finanze;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Finalita’ e campo di applicazione
1. Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo, nel dare
attuazione ai principi e criteri direttivi contenuti nella legge
14 febbraio 2003, n. 30, si collocano nell’ambito degli orientamenti
comunitari in materia di occupazione e di apprendimento permanente e
sono finalizzate ad aumentare, nel rispetto delle disposizioni
relative alla liberta’ e dignita’ del lavoratore di cui alla legge
20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni e integrazioni,
alla parita’ tra uomini e donne di cui alla legge 9 dicembre 1977, n.
903, e successive modificazioni ed integrazioni, e alle pari
opportunita’ tra i sessi di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 125, e
successive modificazioni ed integrazioni, i tassi di occupazione e a
promuovere la qualita’ e la stabilita’ del lavoro, anche attraverso
contratti a contenuto formativo e contratti a orario modulato
compatibili con le esigenze delle aziende e le aspirazioni dei
lavoratori.
2. Il presente decreto non trova applicazione per le pubbliche
amministrazioni e per il loro personale.
3. Sono fatte salve le competenze riconosciute alle regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano
dallo statuto e dalle relative norme di attuazione, anche con
riferimento alle disposizioni del Titolo V, parte seconda, della
Costituzione per le parti in cui sono previste forme di autonomie
piu’ ampie rispetto a quelle gia’ attribuite.

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicata e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
e’ operato il rinvio. Restano invariati il valore e
l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’
europee (G.U.C.E.).
Nota al titolo:
– Il testo della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega
al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro),
e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 febbraio 2003, n.
47.
Note alle premesse:
– Il testo dell’art. 76 della Costituzione e’ il
seguente:
«Art. 76. – L’esercizio della funzione legislativa non
puo’ essere delegato al Governo se non con determinazione
di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.».
– L’articolo 87, quinto comma, della Costituzione
conferisce al Presidente della Repubblica il potere di
promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi valore di
legge e i regolamenti.
– Il testo degli articoli da 1 a 7 della legge
14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di
occupazione e mercato del lavoro), e’ il seguente:
«Art. 1 (Delega al Governo per la revisione della
disciplina dei servizi pubblici e privati per l’impiego,
nonche’ in materia di intermediazione e interposizione
privata nella somministrazione di lavoro). 1. Allo scopo di
realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti
intesi a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del
lavoro e a migliorare le capacita’ di inserimento
professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di
una prima occupazione, con particolare riguardo alle donne
e ai giovani, il Governo e’ delegato ad adottare, su
proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentito iI Ministro per le pari opportunita’ ed entro il
termine di un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o piu’ decreti legislativi diretti a
stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle
regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli
obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione
europea in materia di occupabilita’, i principi
fondamentali in materia di disciplina dei servizi per
l’impiego, con particolare riferimento al sistema del
collocamento, pubblico e privato, e di somministrazione di
manodopera.
2. La delega e’ esercitata nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) snellimento e semplificazione delle procedure di
incontro tra domanda e offerta di lavoro;
b) modernizzazione e razionalizzazione del sistema
del collocamento pubblico, al fine di renderlo maggiormente
efficiente e competitivo, secondo una disciplina incentrata
su:
1) rispetto delle competenze previste dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con particolare
riferimento alle competenze riconosciute alle regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano;
2) sostegno e sviluppo dell’attivita’ lavorativa
femminile e giovanile, nonche’ sostegno al reinserimento
dei lavoratori anziani;
3) abrogazione di tutte le norme incompatibili con
la nuova regolamentazione del collocamento, ivi inclusa la
legge 29 aprile 1949, n. 264, fermo restando il regime di
autorizzazione o accreditamento per gli operatori privati
ai sensi di quanto disposto dalla lettera l) e stabilendo,
in materia di collocamento pubblico, un nuovo apparato
sanzionatorio, con previsione di sanzioni amministrative
per il mancato adempimento degli obblighi di legge;
4) mantenimento da parte dello Stato delle
competenze in materia di conduzione coordinata ed integrata
del sistema informativo lavoro;
c) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni
amministrative relative alla conciliazione delle
controversie di lavoro individuali e plurime, nonche’ alla
risoluzione delle controversie collettive di rilevanza
pluriregionale;
d) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni
amministrative relative alla vigilanza in materia di
lavoro, alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori
non appartenenti all’Unione europea, all’autorizzazione per
attivita’ lavorative all’estero;
e) mantenimento da parte delle province delle
funzioni amministrative attribuite dal decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469;
f) incentivazione delle forme di coordinamento e
raccordo tra operatori privati e operatori pubblici, ai
fini di un migliore funzionamento del mercato del lavoro,
nel rispetto delle competenze delle regioni e delle
province;
g) ridefinizione del regime del trattamento dei dati
relativi all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel
rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, al fine di
evitare oneri aggiuntivi e ingiustificati rispetto alle
esigenze di monitoraggio statistico; prevenzione delle
forme di esclusione sociale e vigilanza sugli operatori,
con previsione del divieto assoluto per gli operatori
privati e pubblici di qualsivoglia indagine o comunque
trattamento di dati ovvero di preselezione dei lavoratori,
anche con il loro consenso, in base all’affiliazione
sindacale o politica, al credo religioso, al sesso,
all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale, o di
famiglia, o di gravidanza, nonche’ ad eventuali
controversie con i precedenti datori di lavoro. E’ altresi’
fatto divieto di raccogliere, memorizzare o diffondere
informazioni sui lavoratori che non siano strettamente
attinenti alle loro attitudini professionali e al loro
inserimento lavorativo;
h) coordinamento delle disposizioni sull’incontro tra
domanda e offerta di lavoro con la disciplina in materia di
lavoro dei cittadini non comunitari, nel rispetto della
normativa vigente in modo da prevenire l’adozione di forme
di lavoro irregolare, anche minorile, e sommerso e al fine
di semplificare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni al lavoro;
i) eliminazione del vincolo dell’oggetto sociale
esclusivo per le imprese di fornitura di prestazioni di
lavoro temporaneo di cui all’art. 2 della legge 24 giugno
1997, n. 196, e per i soggetti di cui all’art. 10, comma 2,
del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e
successive modificazioni, garantendo un periodo transitorio
di graduale adeguamento per le societa’ gia’ autorizzate;
l) identificazione di un unico regime autorizzatorio
o di accreditamento per gli intermediari pubblici, con
particolare riferimento agli enti locali, e privati, che
abbiano adeguati requisiti giuridici e finanziari,
differenziato in funzione del tipo di attivita’ svolta,
comprensivo delle ipotesi di trasferimento della
autorizzazione e modulato in relazione alla natura
giuridica dell’intermediario, con particolare riferimento
alle associazioni non riconosciute ovvero a enti o
organismi bilaterali costituiti da associazioni dei datori
di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative a livello nazionale o territoriale, ai
consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio 1979, n.
12, nonche’ alle universita’ e agli istituti di scuola
secondaria di secondo grado, prevedendo, altresi’, che non
vi siano oneri o spese a carico dei lavoratori, fatto salvo
quanto previsto dall’art. 7 della Convenzione
dell’Organizzazione internazionale del lavoro (O.I.L.) del
19 giugno 1997, n. 181, ratificata dall’Italia in data
1° febbraio 2000;
m) abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369,
e sua sostituzione con una nuova disciplina basata sui
seguenti criteri direttivi:
1. autorizzazione della somministrazione di
manodopera, solo da parte dei soggetti identificati ai
sensi della lettera l);
2. ammissibilita’ della somministrazione di
manodopera, anche a tempo indeterminato, in presenza di
ragioni di carattere tecnico, produttivo od organizzativo,
individuate dalla legge o dai contratti collettivi
nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative;
3. chiarificazione dei criteri di distinzione tra
appalto e interposizione, ridefinendo contestualmente i
casi di comando e distacco, nonche’ di interposizione
illecita laddove manchi una ragione tecnica, organizzativa
o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la
lesione di diritti inderogabili di legge o di contratto
collettivo applicato al prestatore di lavoro;
4. garanzia del regime della solidarieta’ tra
fornitore e utilizzatore in caso di somministrazione di
lavoro altrui;
5. trattamento assicurato ai lavoratori coinvolti
nell’attivita’ di somministrazione di manodopera non
inferiore a quello a cui hanno diritto i dipendenti di pari
livello dell’impresa utilizzatrice;
6. conferma del regime sanzionatorio civilistico e
penalistico previsto per i casi di violazione della
disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro,
prevedendo altresi’ specifiche sanzioni penali per le
ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata
nonche’ un regime sanzionatorio piu’ incisivo nel caso di
sfruttamento del lavoro minorile;
7. utilizzazione del meccanismo certificatorio di
cui all’articolo 5 ai fini della distinzione concreta tra
interposizione illecita e appalto genuino, sulla base di
indici e codici di comportamento elaborati in sede
amministrativa che tengano conto della rigorosa verifica
della reale organizzazione dei mezzi e dell’assunzione
effettiva del rischio di impresa da parte dell’appaltatore;
n) attribuzione della facolta’ ai gruppi di impresa,
individuati ai sensi dell’art. 2359 del codice civile
nonche’ ai sensi del decreto legislativo 2 aprile 2002, n.
74, di delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui
all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, alla
societa’ capogruppo per tutte le societa’ controllate e
collegate, ferma restando la titolarita’ delle obbligazioni
contrattuali e legislative in capo alle singole societa’
datrici di lavoro;
o) abrogazione espressa di tutte le normative, anche
se non espressamente indicate nelle lettere da a) a n), che
sono direttamente o indirettamente incompatibili con i
decreti legislativi emanati ai sensi del presente articolo;
p) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001,
n. 18, che ha modificato l’art. 2112 del codice civile in
tema di trasferimento d’azienda, al fine di armonizzarlo
con la disciplina contenuta nella presente delega, basata
sui seguenti criteri direttivi:
1. completo adeguamento della disciplina vigente
alla normativa comunitaria, anche alla luce del necessario
coordinamento con la legge 1° marzo 2002, n. 39, che
dispone il recepimento della direttiva 2001/23/CE 12 marzo
2001, del Consiglio, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento
dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di
imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti;
2. previsione del requisito dell’autonomia
funzionale del ramo di azienda nel momento del suo
trasferimento;
3. previsione di un regime particolare di
solidarieta’ tra appaltante e appaltatore, nei limiti di
cui all’art. 1676 del codice civile, per le ipotesi in cui
il contratto di appalto sia connesso ad una cessione di
ramo di azienda;
q) redazione, entro ventiquattro mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, di uno o piu’ testi
unici delle normative e delle disposizioni in materia di
mercato del lavoro e incontro tra domanda e offerta di
lavoro.
Art. 2 (Delega al Governo in materia di riordino dei
contratti a contenuto formativo e di tirocinio). – 1. Il
Governo e’ delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro
per le pari opportunita’, di concerto con il Ministro per
la funzione pubblica, con il Ministro dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca e con il Ministro per gli
affari regionali, entro il termine di sei mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’
decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle
competenze affidate alle regioni in materia di tutela e
sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti
annuali dell’Unione europea in materia di occupazione, la
revisione e la razionalizzazione dei rapporti di lavoro con
contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) conformita’ agli orientamenti comunitari in
materia di aiuti di Stato alla occupazione;
b) attuazione degli obiettivi e rispetto dei criteri
di cui all’art. 16, comma 5, della legge 24 giugno 1997, n.
196, al fine di riordinare gli speciali rapporti di lavoro
con contenuti formativi, cosi’ da valorizzare l’attivita’
formativa svolta in azienda, confermando l’apprendistato
come strumento formativo anche nella prospettiva di una
formazione superiore in alternanza tale da garantire il
raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione,
nonche’ il passaggio da un sistema all’altro e,
riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali e alle
strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie in
materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro
al fine di realizzare l’inserimento e il reinserimento
mirato del lavoratore in azienda;
c) individuazione di misure idonee a favorire forme
di apprendistato e di tirocinio di impresa al fine del
subentro nella attivita’ di impresa;
d) revisione delle misure di inserimento al lavoro,
non costituenti rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza
diretta del mondo del lavoro con valorizzazione dello
strumento convenzionale fra le pubbliche amministrazioni di
cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, il sistema formativo e le imprese, secondo
modalita’ coerenti con quanto previsto dagli articoli 17 e
18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una
durata variabile fra uno e dodici mesi ovvero fino a
ventiquattro mesi per i soggetti disabili, in relazione al
livello di istruzione, alle caratteristiche della attivita’
lavorativa e al territorio di appartenenza nonche’, con
riferimento ai soggetti disabili, anche in base alla natura
della menomazione e all’incidenza della stessa
sull’allungamento dei tempi di apprendimento in relazione
alle specifiche mansioni in cui vengono inseriti, e
prevedendo altresi’ la eventuale corresponsione di un
sussidio in un quadro di razionalizzazione delle misure di
inserimento non costituenti rapporti di lavoro;
e) orientamento degli strumenti definiti ai sensi dei
principi e dei criteri direttivi di cui alle lettere b), c)
e d), nel senso di valorizzare l’inserimento o il
reinserimento al lavoro delle donne, particolarmente di
quelle uscite dal mercato del lavoro per l’adempimento di
compiti familiari e che desiderino rientrarvi, al fine di
superare il differenziale occupazionale tra uomini e donne;
f) semplificazione e snellimento delle procedure di
riconoscimento e di attribuzione degli incentivi connessi
ai contratti a contenuto formativo, tenendo conto del tasso
di occupazione femminile e prevedendo anche criteri di
automaticita’;
g) rafforzamento dei meccanismi e degli strumenti di
monitoraggio e di valutazione dei risultati conseguiti,
anche in relazione all’impatto sui livelli di occupazione
femminile e sul tasso di occupazione in generale, per
effetto della ridefinizione degli interventi di cui al
presente articolo da parte delle amministrazioni competenti
e tenuto conto dei criteri che saranno determinati dai
provvedimenti attuativi, in materia di mercato del lavoro,
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
h) sperimentazione di orientamenti, linee-guida e
codici di comportamento, al fine di determinare i contenuti
dell’attivita’ formativa, concordati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche
all’interno di enti bilaterali, ovvero, in difetto di
accordo, determinati con atti delle regioni, d’intesa con
il Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
i) rinvio ai contratti collettivi stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu’ rappresentative, a livello nazionale,
territoriale e aziendale, per la determinazione, anche
all’interno degli enti bilaterali, delle modalita’ di
attuazione del l’attivita’ formativa in azienda.
Art. 3 (Delega al Governo in materia di riforma della
disciplina del lavoro a tempo parziale). – 1. Il Governo e’
delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunita’, entro il termine di un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti
legislativi, con esclusione dei rapporti di lavoro alle
dipendenze di amministrazioni pubbliche, recanti norme per
promuovere il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo
parziale, quale tipologia contrattuale idonea a favorire
l’incremento del tasso di occupazione e, in particolare,
del tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei
lavoratori con eta’ superiore ai 55 anni, al mercato del
lavoro, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) agevolazione del ricorso a prestazioni di lavoro
supplementare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale
cosiddetto orizzontale, nei casi e secondo le modalita’
previsti da contratti collettivi stipulati da associazioni
dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative su scala nazionale o territoriale, anche
sulla base del consenso del lavoratore interessato in
carenza dei predetti contratti collettivi;
b) agevolazione del ricorso a forme flessibili ed
elastiche di lavoro a tempo parziale nelle ipotesi di
lavoro a tempo parziale cosiddetto verticale e misto, anche
sulla base del consenso del lavoratore interessato in
carenza dei contratti collettivi di cui alla lettera a), e
comunque a fronte di una maggiorazione retributiva da
riconoscere al lavoratore;
c) estensione delle forme flessibili ed elastiche
anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato;
d) previsione di norme, anche di natura
previdenziale, che agevolino l’utilizzo di contratti a
tempo parziale da parte dei lavoratori anziani al fine di
contribuire alla crescita dell’occupazione giovanile anche
attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale;
e) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in
contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a
tempo parziale, fermo restando il rispetto dei principi e
delle regole contenute nella direttiva 97/81/CE 15 dicembre
1997 del Consiglio;
f) affermazione della computabilita’ pro rata
temporis in proporzione dell’orario svolto dal lavoratore a
tempo parziale, in relazione all’applicazione di tutte le
norme legislative e clausole contrattuali a loro volta
collegate alla dimensione aziendale intesa come numero dei
dipendenti occupati in ogni unita’ produttiva;
g) integrale estensione al settore agricolo del
lavoro a tempo parziale.
Art. 4 (Delega al Governo in materia di disciplina
delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo,
coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a
prestazioni ripartite). – 1. Il Governo e’ delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’
decreti legislativi recanti disposizioni volte alla
disciplina o alla razionalizzazione delle tipologie di
lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo,
occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite, nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) riconoscimento di una congrua indennita’
cosiddetta di disponibilita’ a favore del lavoratore che
garantisca nei confronti del datore di lavoro la propria
disponibilita’ allo svolgimento di prestazioni di carattere
discontinuo o intermittente, cosi’ come individuate dai
contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative
su scala nazionale o territoriale o, in via
provvisoriamente sostitutiva, per decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, ed in ogni caso
prevedendosi la possibilita’ di sperimentazione di detta
tipologia contrattuale anche per prestazioni rese da
soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di
eta’ ovvero da lavoratori con piu’ di 45 anni di eta’ che
siano stati espulsi dal ciclo produttivo in funzione di
processi di riduzione o trasformazione di attivita’ o di
lavoro e iscritti alle liste di mobilita’ e di
collocamento; eventuale non obbligatorieta’ per il
prestatore di rispondere alla chiamata del datore di
lavoro, non avendo quindi titolo a percepire la predetta
indennita’ ma con diritto di godere di una retribuzione
proporzionale al lavoro effettivamente svolto;
b) con riferimento alle prestazioni di lavoro
temporaneo, completa estensione al settore agricolo del
lavoro temporaneo tramite agenzia, con conseguente
applicabilita’ degli oneri contributivi di questo settore;
c) con riferimento alle collaborazioni coordinate e
continuative:
1) previsione della stipulazione dei relativi
contratti mediante un atto scritto da cui risultino la
durata, determinata o determinabile, della collaborazione,
la riconducibilita’ di questa a uno o piu’ progetti o
programmi di lavoro o fasi di esso, resi con lavoro
prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione,
nonche’ l’indicazione di un corrispettivo, che deve essere
proporzionato alla qualita’ e quantita’ del lavoro;
2) differenziazione rispetto ai rapporti di lavoro
meramente occasionali, intendendosi per tali i rapporti di
durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso
dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il
compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione
sia superiore a 5.000 euro;
3) riconduzione della fattispecie a uno o piu’
progetti o programmi di lavoro o fasi di esso;
4) previsione di tutele fondamentali a presidio
della dignita’ e della sicurezza dei collaboratori, con
particolare riferimento a maternita’, malattia e
infortunio, nonche’ alla sicurezza nei luoghi di lavoro,
anche nel quadro di intese collettive;
5) previsione di un adeguato sistema sanzionatorio
nei casi di inosservanza delle disposizioni di legge;
6) ricorso, ai sensi dell’articolo 5, ad adeguati
meccanismi di certificazione della volonta’ delle parti
contraenti;
d) ammissibilita’ di prestazioni di lavoro
occasionale e accessorio, in generale e con particolare
riferimento a opportunita’ di assistenza sociale, rese a
favore di famiglie e di enti senza fini di lucro, da
disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di
esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel
mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne,
regolarizzabili attraverso la tecnica di buoni
corrispondenti a un certo ammontare di attivita’
lavorativa, ricorrendo, ai sensi dell’articolo 5, ad
adeguati meccanismi di certificazione;
e) ammissibilita’ di prestazioni ripartite fra due o
piu’ lavoratori, obbligati in solido nei confronti di un
datore di lavoro, per l’esecuzione di un’unica prestazione
lavorativa;
f) configurazione specifica come prestazioni che
esulano dal mercato del lavoro e dagli obblighi connessi
delle prestazioni svolte in modo occasionale o ricorrente
di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto,
obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salve
le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con
particolare riguardo alle attivita’ agricole.
Art. 5 (Delega al Governo in materia di certificazione
dei rapporti di lavoro). – 1. Al fine di ridurre il
contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di
lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro alle
dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo e’
delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu’
decreti legislativi recanti disposizioni in materia di
certificazione del relativo contratto stipulato tra le
parti, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi:
a) carattere volontario e sperimentale della
procedura di certificazione;
b) individuazione dell’organo preposto alla
certificazione del rapporto di lavoro in enti bilaterali
costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e dei
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative,
ovvero presso strutture pubbliche aventi competenze in
materia, o anche universita’;
c) definizione delle modalita’ di organizzazione
delle sedi di certificazione e di tenuta della relativa
documentazione;
d) indicazione del contenuto e della procedura di
certificazione;
e) attribuzione di piena forza legale al contratto
certificato ai sensi della procedura di cui alla lettera
d), con esclusione della possibilita’ di ricorso in
giudizio se non in caso di erronea qualificazione del
programma negoziale da parte dell’organo preposto alla
certificazione e di difformita’ tra il programma negoziale
effettivamente realizzato dalle parti e il programma
negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione;
f) previsione di espletare il tentativo obbligatorio
di conciliazione previsto dall’articolo 410 del codice di
procedura civile innanzi all’organo preposto alla
certificazione quando si intenda impugnare l’erronea
qualificazione dello stesso o la difformita’ tra il
programma negoziale certificato e la sua successiva
attuazione, prevedendo che gli effetti dell’accertamento
svolto dall’organo preposto alla certificazione permangano
fino al momento in cui venga provata l’erronea
qualificazione del programma negoziale o la difformita’ tra
il programma negoziale concordato dalle parti in sede di
certificazione e il programma attuato. In caso di ricorso
in giudizio, introduzione dell’obbligo in capo
all’autorita’ giudiziaria competente di accertare anche le
dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti davanti
all’organo preposto alla certificazione del contratto di
lavoro;
g) attribuzione agli enti bilaterali della competenza
a certificare non solo la qualificazione del contratto di
lavoro e il programma negoziale concordato dalle parti, ma
anche le rinunzie e transazioni di cui all’articolo 2113
del codice civile a conferma della volonta’ abdicativa o
transattiva delle parti stesse;
h) estensione della procedura di certificazione
all’atto di deposito del regolamento interno riguardante la
tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa ai sensi
dell’articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e
successive modificazioni;
i) verifica dell’attuazione delle disposizioni, dopo
ventiquattro mesi dalla data della loro entrata in vigore,
da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul
piano nazionale.
Art. 6 (Esclusione). – 1. Le disposizioni degli
articoli da 1 a 5 non si applicano al personale delle
pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente
richiamate.
Art. 7 (Disposizioni concernenti l’esercizio delle
deleghe di cui agli articoli da 1 a 5). – 1. Gli schemi dei
decreti legislativi di cui agli articoli da 1 a 5,
deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una
apposita relazione cui e’ allegato il parere della
Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni
sindacali comparativamente piu’ rappresentative dei datori
e prestatori di lavoro, sono trasmessi alle Camere per
l’espressione del parere da parte delle competenti
Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del
termine previsto per l’esercizio della relativa delega.
2. In caso di mancato rispetto del termine per la
trasmissione, il Governo decade dall’esercizio della
delega. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il
parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
Qualora il termine per l’espressione del parere decorra
inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque
adottati.
3. Qualora il termine previsto per il parere delle
Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che
precedono la scadenza del termine per l’esercizio della
delega o successivamente, quest’ultimo e’ prorogato di
sessanta giorni.
4. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in
vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il
Governo puo’ adottare eventuali disposizioni modificative e
correttive con le medesime modalita’ e nel rispetto dei
medesimi criteri e principi direttivi.
5. Dall’attuazione delle disposizioni degli articoli da
1 a 5 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del
bilancio dello Stato».
Il testo dell’articolo 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di
interesse comune delle regioni, delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
locali), e’ il seguente:
«Art. 8 (Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e
Conferenza unificata). – 1. La Conferenza Stato-citta’ ed
autonomie locali e’ unificata per le materie ed i compiti
di interesse comune delle regioni, delle province, dei
comuni e delle comunita’ montane, con la Conferenza
Stato-regioni.
2. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per
sua delega, dal Ministro dell’interno o dal Ministro per
gli affari regionali; ne fanno parte altresi’ il Ministro
del tesoro e del bilancio e della programmazione economica,
il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici,
il Ministro della sanita’, il presidente dell’Associazione
nazionale dei comuni d’Italia – ANCI, il presidente
dell’Unione province d’Italia – UPI ed il presidente
dell’Unione nazionale comuni, comunita’ ed enti montani –
UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati
dall’ANCI e sei presidenti di provincia designati dall’UPI.
Dei quattordici sindaci designati dall’ANCI cinque
rappresentano le citta’ individuate dall’articolo 17 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere
invitati altri membri del Governo, nonche’ rappresentanti
di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali e’
convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi
il presidente ne ravvisi la necessita’ o qualora ne faccia
richiesta il presidente dell’ANCI, dell’UPI o dell’UNCEM.
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 e’
convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le
sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei
Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari
regionali o, se tale incarico non e’ conferito, dal
Ministro dell’interno.».
Note all’art. 1:
– Per il titolo della citata legge n. 30 del 2003, si
veda nota al titolo.
– Il testo della legge 20 maggio1970, n. 300 (Norme
sulla tutela della liberta’ e dignita’ dei lavoratori,
della liberta’ sindacale e dell’attivita’ sindacale nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento), e’ pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1970, n. 131.
– Il testo della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parita’
di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 17 dicembre 1977, n.
343.
– Il testo della legge 10 aprile 1991, n. 125 (Azioni
positive per la realizzazione della parita’ uomo-donna nel
lavoro), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 aprile
1991, n. 88.
– Il titolo della Parte Seconda (Ordinamento della
Repubblica), Titolo V, della Costituzione, e’ il seguente:
«Le Regioni, le Province, i Comuni».
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al presente
decreto legislativo si intende per:
a) «somministrazione di lavoro»: la fornitura professionale di
manodopera, a tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell’articolo
20;
b) «intermediazione»: l’attivita’ di mediazione tra domanda e
offerta di lavoro, anche in relazione all’inserimento lavorativo dei
disabili e dei gruppi di lavoratori svantaggiati, comprensiva tra
l’altro: della raccolta dei curricula dei potenziali lavoratori;
della preselezione e costituzione di relativa banca dati; della
promozione e gestione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro;
della effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le
comunicazioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito della
attivita’ di intermediazione; dell’orientamento professionale; della
progettazione ed erogazione di attivita’ formative finalizzate
all’inserimento lavorativo;
c) «ricerca e selezione del personale»: l’attivita’ di consulenza
di direzione finalizzata alla risoluzione di una specifica esigenza
dell’organizzazione committente, attraverso l’individuazione di
candidature idonee a ricoprire una o piu’ posizioni lavorative in
seno all’organizzazione medesima, su specifico incarico della stessa,
e comprensiva di: analisi del contesto organizzativo
dell’organizzazione committente; individuazione e definizione delle
esigenze della stessa; definizione del profilo di competenze e di
capacita’ della candidatura ideale; pianificazione e realizzazione
del programma di ricerca delle candidature attraverso una pluralita’
di canali di reclutamento; valutazione delle candidature individuate
attraverso appropriati strumenti selettivi; formazione della rosa di
candidature maggiormente idonee; progettazione ed erogazione di
attivita’ formative finalizzate all’inserimento lavorativo;
assistenza nella fase di inserimento dei candidati; verifica e
valutazione dell’inserimento e del potenziale dei candidati;
d) «supporto alla ricollocazione professionale»: l’attivita’
effettuata su specifico ed esclusivo incarico dell’organizzazione
committente, anche in base ad accordi sindacali, finalizzata alla
ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro,
singolarmente o collettivamente considerati, attraverso la
preparazione, la formazione finalizzata all’inserimento lavorativo,
l’accompagnamento della persona e l’affiancamento della stessa
nell’inserimento nella nuova attivita’;
e) «autorizzazione»: provvedimento mediante il quale lo Stato
abilita operatori, pubblici e privati, di seguito denominati «agenzie
per il lavoro», allo svolgimento delle attivita’ di cui alle lettere
da a) a d);
f) «accreditamento»: provvedimento mediante il quale le regioni
riconoscono a un operatore, pubblico o privato, l’idoneita’ a erogare
i servizi al lavoro negli ambiti regionali di riferimento, anche
mediante l’utilizzo di risorse pubbliche, nonche’ la partecipazione
attiva alla rete dei servizi per il mercato del lavoro con
particolare riferimento ai servizi di incontro fra domanda e offerta;
g) «borsa continua del lavoro»: sistema aperto di incontro
domanda-offerta di lavoro finalizzato, in coerenza con gli indirizzi
comunitari, a favorire la maggior efficienza e trasparenza del
mercato del lavoro, all’interno del quale cittadini, lavoratori,
disoccupati, persone in cerca di un lavoro, soggetti autorizzati o
accreditati e datori di lavoro possono decidere di incontrarsi in
maniera libera e dove i servizi sono liberamente scelti dall’utente;
h) «enti bilaterali»: organismi costituiti a iniziativa di una o
piu’ associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu’ rappresentative, quali sedi privilegiate per la
regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una
occupazione regolare e di qualita’; l’intermediazione nell’incontro
tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attivita’
formative e la determinazione di modalita’ di attuazione della
formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche
contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti piu’
svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e
l’integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro
e di regolarita’ o congruita’ contributiva; lo sviluppo di azioni
inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attivita’ o
funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di
riferimento;
i) «libretto formativo del cittadino»: libretto personale del
lavoratore definito, ai sensi dell’accordo Stato-regioni del
18 febbraio 2000, di concerto tra il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali e il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e
della ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata
Stato-regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono registrate
le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la
formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e
la formazione continua svolta durante l’arco della vita lavorativa ed
effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonche’ le
competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli
indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purche’ riconosciute e certificate;
j) «lavoratore»: qualsiasi persona che lavora o che e’ in cerca
di un lavoro;
k) «lavoratore svantaggiato»: qualsiasi persona appartenente a
una categoria che abbia difficolta’ a entrare, senza assistenza, nel
mercato del lavoro ai sensi dell’articolo 2, lettera f), del
regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002
relativo alla applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE
agli aiuti di Stato a favore della occupazione, nonche’ ai sensi
dell’articolo 4, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381;
l) «divisioni operative»: soggetti polifunzionali gestiti con
strumenti di contabilita’ analitica, tali da consentire di conoscere
tutti i dati economico-gestionali specifici in relazione a ogni
attivita’;
m) «associazioni di datori e prestatori di lavoro»:
organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente piu’
rappresentative.

Note all’art. 2:
– Il testo dell’art. 2 del regolamento (CE) n.
2204/2002, e’ il seguente:
«Art. 2 (Definizioni). – Ai fini del presente
regolamento, si intende per:
a) «aiuto»: qualsiasi misura che soddisfi tutti i
criteri di cui all’art. 87, paragrafo 1, del trattato;
b) «piccola o media impresa», un’impresa quale
definita all’allegato I del regolamento (CE) n. 70/2001;
c) «intensita’ lorda dell’aiuto», l’importo
dell’aiuto espresso in percentuale dei costi di cui
trattasi. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di
qualsiasi imposta diretta. Quando un aiuto e’ concesso in
forma diversa da una sovvenzione diretta in denaro,
l’importo dell’aiuto e’ l’equivalente della sovvenzione.
Gli aiuti erogabili in piu’ quote sono attualizzati al loro
valore al momento della concessione. Il tasso di interesse
da applicare ai fini dell’attualizzazione e del calcolo
dell’importo dell’aiuto nel caso di prestiti agevolati e’
il tasso di riferimento applicabile al momento della
concessione;
d) «intensita’ netta dell’aiuto», l’importo
attualizzato dell’aiuto dopo deduzione delle imposte,
espresso in percentuale dei costi di cui trattasi;
e) «numero di dipendenti», il numero di unita’ di
lavoro-anno (ULA), vale a dire il numero di lavoratori
occupati a tempo pieno durante un anno, conteggiando il
lavoro a tempo parziale ed il lavoro stagionale come
frazioni di ULA;
f) «lavoratore svantaggiato», qualsiasi persona
appartenente ad una categoria che abbia difficolta’ ad
entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a
dire qualsiasi persona che soddisfi almeno uno dei criteri
seguenti:
i) qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o
che abbia completato la formazione a tempo pieno da non
piu’ di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo
impiego retribuito regolarmente;
ii) qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o
si sia spostato all’interno della Comunita’ o divenga
residente nella Comunita’ per assumervi un lavoro;
iii) qualsiasi persona appartenente ad una
minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare
le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione
professionale o la sua esperienza lavorativa per
incrementare le possibilita’ di ottenere un’occupazione
stabile;
iv) qualsiasi persona che desideri intraprendere o
riprendere un’attivita’ lavorativa e che non abbia
lavorato, ne’ seguito corsi di formazione, per almeno due
anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato
il lavoro per la difficolta’ di conciliare vita lavorativa
e vita familiare;
v) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o
piu’ figli a carico;
vi) qualsiasi persona priva di un titolo di studio
di livello secondario superiore o equivalente, priva di un
posto di lavoro o in procinto di perderlo;
vii) qualsiasi persona di piu’ di 50 anni priva di
un posto di lavoro o in procinto di perderlo;
viii) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia
una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o
per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno
di 25 anni;
ix) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al
momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della
legislazione nazionale;
x) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il
primo impiego retribuito regolarmente da quando e’ stata
sottoposta a una pena detentiva o a un’altra sanzione
penale;
xi) qualsiasi donna di un’area geografica al
livello NUTS II nella quale il tasso medio di
disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da
almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione
femminile abbia superato il 150% del tasso di
disoccupazione maschile dell’area considerata per almeno
due dei tre anni civili precedenti;
g) «lavoratore disabile»:
i) qualsiasi persona riconosciuta come disabile ai
sensi della legislazione nazionale, o
ii) qualsiasi persona riconosciuta affetta da un
grave handicap fisico, mentale o psichico;
h) «lavoro protetto», un’occupazione in uno
stabilimento nel quale almeno il 50% dei dipendenti siano
lavoratori disabili che non siano in grado di esercitare
un’occupazione sul mercato del lavoro aperto;
i) «costi salariali», incluse le seguenti componenti
che il beneficiario e’ di fatto tenuto a corrispondere in
relazione al posto di lavoro considerato:
i) la retribuzione lorda, vale a dire prima
dell’applicazione dell’imposta, e
ii) i contributi di sicurezza sociale obbligatori;
j) un posto di lavoro e’ «connesso alla realizzazione
di un progetto di investimento» se riguarda l’attivita’ per
la quale e’ stato effettuato l’investimento e se viene
creato entro tre anni dal completamento dell’investimento.
Sono considerati connessi all’investimento anche i posti di
lavoro creati, nel corso di questo periodo, a seguito di un
aumento del tasso di utilizzazione della capacita’ creata
dall’investimento stesso;
k) «investimento in immobilizzazioni materiali», un
investimento in capitale fisso materiale destinato alla
creazione di un nuovo stabilimento, all’ampliamento di uno
stabilimento esistente o all’avvio di un’attivita’ connessa
ad una modifica sostanziale dei prodotti o dei processi
produttivi di uno stabilimento esistente, in particolare
mediante razionalizzazione, ristrutturazione o
ammodernamento. Un investimento in capitale fisso
effettuato sotto forma di acquisizione di uno stabilimento
che ha cessato l’attivita’ o l’avrebbe cessata senza tale
acquisizione deve ugualmente essere considerato come un
investimento in immobilizzazioni materiali;
l) «investimento in immobilizzazioni immateriali», un
investimento in trasferimenti di tecnologia mediante
l’acquisto di diritti di brevetto, di licenze, di know-how
o di conoscenze tecniche non brevettate.».
– Il testo dell’art. 87 del trattato CE, e’ il
seguente:
Art. 87 (ex art. 92). – 1. Salvo deroghe contemplate
dal presente trattato, sono incompatibili con il mercato
comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati
membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante
risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo
talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di
falsare la concorrenza.
2. Sono compatibili con il mercato comune:
a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli
consumatori, a condizione che siano accordati senza
discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti,
b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati
dalle calamita’ naturali oppure da altri eventi
eccezionali,
c) gli aiuti concessi all’economia di determinate
regioni della Repubblica federale di Germania che risentono
della divisione della Germania, nella misura in cui sono
necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da
tale divisione.
3. Possono considerarsi compatibili con il mercato
comune:
a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo
economico delle regioni ove il tenore di vita sia
anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di
sottoccupazione,
b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione
di un importante progetto di comune interesse europeo
oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia
di uno Stato membro,
c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di
talune attivita’ o di talune regioni economiche, sempre che
non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria
al comune interesse,
d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la
conservazione del patrimonio, quando non alterino le
condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunita’
in misura contraria all’interesse comune,
e) le altre categorie di aiuti, determinate con
decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione.».
– Il testo dell’art. 88 del trattato CE, e’ il
seguente:
«Art. 88 (ex art. 93). – 1. La Commissione procede
con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di
aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi
ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo
o dal funzionamento del mercato comune.
2. Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli
interessati di presentare le loro osservazioni, constati
che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi
statali, non e’ compatibile con il mercato comune a norma
dell’articolo 87, oppure che tale aiuto e’ attuato in modo
abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o
modificarlo nel termine da essa fissato.
Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale
decisione entro il termine stabilito, la Commissione o
qualsiasi altro Stato interessato puo’ adire direttamente
la Corte di giustizia, in deroga agli articoli 226 e 227.
A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio,
deliberando all’unanimita’, puo’ decidere che un aiuto,
istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve
considerarsi compatibile con il mercato comune, in deroga
alle disposizioni dell’articolo 87 o ai regolamenti di cui
all’art. 89, quando circostanze eccezionali giustifichino
tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei
riguardi ditale aiuto, la procedura prevista dal presente
paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato
interessato rivolta al Consiglio avra’ per effetto di
sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si
sia pronunciato al riguardo.
Tuttavia, se il Consiglio non si e’ pronunciato entro
tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione
delibera.
3. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile
perche’ presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a
istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto
non sia compatibile con il mercato comune a norma
dell’articolo 87, la Commissione inizia senza indugio la
procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo Stato
membro interessato non puo’ dare esecuzione alle misure
progettate prima che tale procedura abbia condotto a una
decisione finale.».
– Il testo dell’art. 4, comma 1, della legge 8 novembre
1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), e’ il
seguente:
«1. Nelle cooperative che svolgono le attivita’ di cui
all’art. 1, comma 1, lettera b), si considerano persone
svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali,
gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari,
i soggetti in trattamento psichiatrico, i
tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in eta’
lavorativa in situazioni di difficolta’ familiare, le
persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i
condannati e gli internati ammessi alle misure alternative
alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’art.
21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni. Si considerano inoltre persone svantaggiate
i soggetti indicati con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro
della sanita’, con il Ministro dell’interno e con il
Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione
centrale per le cooperative istituita dall’art. 18 del
citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato
14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni.».

Titolo II
ORGANIZZAZIONE E DISCIPLINA DEL MERCATO DEL LAVORO
Art. 3.
F i n a l i t a’
1. Le disposizioni contenute nel presente titolo hanno lo scopo di
realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti intesi a
garantire trasparenza ed efficienza del mercato del lavoro e
migliorare le capacita’ di inserimento professionale dei disoccupati
e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare
riferimento alle fasce deboli del mercato del lavoro.
2. Ferme restando le competenze delle regioni in materia di
regolazione e organizzazione del mercato del lavoro regionale e fermo
restando il mantenimento da parte delle province delle funzioni
amministrative attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997,
n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni, per realizzare
l’obiettivo di cui al comma 1:
a) viene identificato un unico regime di autorizzazione per i
soggetti che svolgono attivita’ di somministrazione di lavoro,
intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla
ricollocazione professionale;
b) vengono stabiliti i principi generali per la definizione dei
regimi di accreditamento regionali degli operatori pubblici o privati
che forniscono servizi al lavoro nell’ambito dei sistemi territoriali
di riferimento anche a supporto delle attivita’ di cui alla lettera
a);
c) vengono identificate le forme di coordinamento e raccordo tra
gli operatori, pubblici o privati, al fine di un migliore
funzionamento del mercato del lavoro;
d) vengono stabiliti i principi e criteri direttivi per la
realizzazione di una borsa continua del lavoro;
e) vengono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la
nuova regolamentazione del mercato del lavoro e viene introdotto un
nuovo regime sanzionatorio.

Note all’art. 3:
– Il testo del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n.
469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di
funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a
norma dell’art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59), e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5.

Capo I
Regime autorizzatorio e accreditamenti
Art. 4.
Agenzie per il lavoro
1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e’
istituito un apposito albo delle agenzie per il lavoro ai fini dello
svolgimento delle attivita’ di somministrazione, intermediazione,
ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione
professionale. Il predetto albo e’ articolato in cinque sezioni:
a) agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo
svolgimento di tutte le attivita’ di cui all’articolo 20;
b) agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato
abilitate a svolgere esclusivamente una delle attivita’ specifiche di
cui all’articolo 20, comma 3, lettere da a) a h);
c) agenzie di intermediazione;
d) agenzie di ricerca e selezione del personale;
e) agenzie di supporto alla ricollocazione professionale.
2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rilascia entro
sessanta giorni dalla richiesta e previo accertamento della
sussistenza dei requisiti giuridici e finanziari di cui all’articolo
5, l’autorizzazione provvisoria all’esercizio delle attivita’ per le
quali viene fatta richiesta di autorizzazione, provvedendo
contestualmente alla iscrizione delle agenzie nel predetto albo.
Decorsi due anni, su richiesta del soggetto autorizzato, entro i
novanta giorni successivi rilascia l’autorizzazione a tempo
indeterminato subordinatamente alla verifica del corretto andamento
della attivita’ svolta.
3. Nelle ipotesi di cui al comma 2, decorsi inutilmente i termini
previsti, la domanda di autorizzazione provvisoria o a tempo
indeterminato si intende accettata.
4. Le agenzie autorizzate comunicano alla autorita’ concedente,
nonche’ alle regioni e alle province autonome competenti, gli
spostamenti di sede, l’apertura delle filiali o succursali, la
cessazione della attivita’ ed hanno inoltre l’obbligo di fornire alla
autorita’ concedente tutte le informazioni da questa richieste.
5. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto da
emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, stabilisce le modalita’ della
presentazione della richiesta di autorizzazione di cui al comma 2, i
criteri per la verifica del corretto andamento della attivita’ svolta
cui e’ subordinato il rilascio della autorizzazione a tempo
indeterminato, i criteri e le modalita’ di revoca della
autorizzazione, nonche’ ogni altro profilo relativo alla
organizzazione e alle modalita’ di funzionamento dell’albo delle
agenzie per il lavoro.
6. L’iscrizione alla sezione dell’albo di cui alla lettera a),
comma 1, comporta automaticamente l’iscrizione della agenzia alle
sezioni di cui alle lettere c), d) ed e) del predetto albo.
L’iscrizione alla sezione dell’albo di cui al comma 1, lettera c),
comporta automaticamente l’iscrizione della agenzia alle sezioni di
cui alle lettere d) ed e) del predetto albo.
7. L’autorizzazione di cui al presente articolo non puo’ essere
oggetto di transazione commerciale.
Art. 5.
Requisiti giuridici e finanziari
1. I requisiti richiesti per l’iscrizione all’albo di cui
all’articolo 4 sono:
a) la costituzione della agenzia nella forma di societa’ di
capitali ovvero cooperativa o consorzio di cooperative, italiana o di
altro Stato membro della Unione europea. Per le agenzie di cui alle
lettere d) ed e) e’ ammessa anche la forma della societa’ di persone;
b) la sede legale o una sua dipendenza nel territorio dello Stato
o di altro Stato membro della Unione europea;
c) la disponibilita’ di uffici in locali idonei allo specifico
uso e di adeguate competenze professionali, dimostrabili per titoli o
per specifiche esperienze nel settore delle risorse umane o nelle
relazioni industriali, secondo quanto precisato dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali con decreto da adottarsi, d’intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente
piu’ rappresentative, entro trenta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo;
d) in capo agli amministratori, ai direttori generali, ai
dirigenti muniti di rappresentanza e ai soci accomandatari: assenza
di condanne penali, anche non definitive, ivi comprese le sanzioni
sostitutive di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni ed integrazioni, per delitti contro il patrimonio, per
delitti contro la fede pubblica o contro l’economia pubblica, per il
delitto previsto dall’articolo 416-bis del codice penale, o per
delitti non colposi per i quali la legge commini la pena della
reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, per delitti o
contravvenzioni previsti da leggi dirette alla prevenzione degli
infortuni sul lavoro o, in ogni caso, previsti da leggi in materia di
lavoro o di previdenza sociale; assenza, altresi’, di sottoposizione
alle misure di prevenzione disposte ai sensi della legge 27 dicembre
1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, o della legge
13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni;
e) nel caso di soggetti polifunzionali, non caratterizzati da un
oggetto sociale esclusivo, presenza di distinte divisioni operative,
gestite con strumenti di contabilita’ analitica, tali da consentire
di conoscere tutti i dati economico-gestionali specifici;
f) l’interconnessione con la borsa continua nazionale del lavoro
di cui al successivo articolo 15, attraverso il raccordo con uno o
piu’ nodi regionali, nonche’ l’invio alla autorita’ concedente di
ogni informazione strategica per un efficace funzionamento del
mercato del lavoro;
g) il rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 8 a tutela
del diritto del lavoratore alla diffusione dei propri dati
nell’ambito da essi stessi indicato.
2. Per l’esercizio delle attivita’ di cui all’articolo 20, oltre ai
requisiti di cui al comma l, e’ richiesta:
a) l’acquisizione di un capitale versato non inferiore a 600.000
euro ovvero la disponibilita’ di 600.000 euro tra capitale sociale
versato e riserve indivisibili nel caso in cui l’agenzia sia
costituita in forma coo- perativa;
b) la garanzia che l’attivita’ interessi un ambito distribuito
sull’intero territorio nazionale e comunque non inferiore a quattro
regioni;
c) a garanzia dei crediti dei lavoratori impiegati e dei
corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali, la
disposizione, per i primi due anni, di un deposito cauzionale di
350.000 euro presso un istituto di credito avente sede o dipendenza
nei territorio nazionale o di altro Stato membro della Unione
europea; a decorrere dal terzo anno solare, la disposizione, in luogo
della cauzione, di una fideiussione bancaria o assicurativa non
inferiore al 5 per cento del fatturato, al netto dell’imposta sul
valore aggiunto, realizzato nell’anno precedente e comunque non
inferiore a 350.000 euro. Sono esonerate dalla prestazione delle
garanzie di cui alla presente lettera le societa’ che abbiano assolto
ad obblighi analoghi previsti per le stesse finalita’ dalla
legislazione di altro Stato membro della Unione europea;
d) la regolare contribuzione ai fondi per la formazione e
l’integrazione del reddito di cui all’articolo 12, il regolare
versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, il rispetto
degli obblighi previsti dal contratto collettivo nazionale delle
imprese di somministrazione di lavoro applicabile;
e) nel caso di cooperative di produzione e lavoro, oltre ai
requisiti indicati al comma 1 e nel presente comma 2, la presenza di
almeno sessanta soci e tra di essi, come socio sovventore, almeno un
fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione, di cui agli articoli 11 e 12 della legge 31 gennaio
1992, n. 59, e successive modificazioni;
f) l’indicazione della somministrazione di lavoro di cui
all’articolo 4, comma 1, lettera a), come oggetto sociale prevalente,
anche se esclusivo.
3. Per l’esercizio di una delle attivita’ specifiche di cui alle
lettere da a) ad h) del comma 3, dell’articolo 20, oltre ai requisiti
di cui al comma 1, e’ richiesta:
a) l’acquisizione di un capitale versato non inferiore a 350.000
euro ovvero la disponibilita’ di 350.000 euro tra capitale sociale
versato e riserve indivisibili nel caso in cui l’agenzia sia
costituita in forma cooperativa;
b) a garanzia dei crediti dei lavoratori impiegati e dei
corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali, la
disposizione, per i primi due anni, di un deposito cauzionale di
200.000 euro presso un istituto di credito avente sede o dipendenza
nel territorio nazionale o di altro Stato membro della Unione
europea; a decorrere dal terzo anno solare, la disposizione, in luogo
della cauzione, di una fideiussione bancaria o assicurativa non
inferiore al 5 per cento del fatturato, al netto dell’imposta sul
valore aggiunto, realizzato nell’anno precedente e comunque non
inferiore a 200.000 euro. Sono esonerate dalla prestazione delle
garanzie di cui alla presente lettera le societa’ che abbiano assolto
ad obblighi analoghi previsti per le stesse finalita’ dalla
legislazione di altro Stato membro della Unione europea;
c) la regolare contribuzione ai fondi per la formazione e
l’integrazione del reddito di cui all’articolo 12, il regolare
versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, il rispetto
degli obblighi previsti dal contratto collettivo nazionale delle
imprese di somministrazione di lavoro applicabile;
d) nel caso di cooperative di produzione e lavoro, oltre ai
requisiti indicati al comma 1 e nel presente comma 3, la presenza di
almeno venti soci e tra di essi, come socio sovventore, almeno un
fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione, di cui agli articoli 11 e 12 della legge 31 gennaio
1992, n. 59.
4. Per l’esercizio della attivita’ di intermediazione, oltre ai
requisiti di cui al comma 1, e’ richiesta:
a) l’acquisizione di un capitale versato non inferiore a 50.000
euro;
b) la garanzia che l’attivita’ interessi un ambito distribuito
sull’intero territorio nazionale e comunque non inferiore a quattro
regioni;
c) l’indicazione della attivita’ di intermediazione di cui
all’articolo 4, comma 1, lettera c), come oggetto sociale prevalente,
anche se non esclusivo.
5. Per l’esercizio della attivita’ di ricerca e selezione del
personale, oltre ai requisiti di cui al comma 1, e’ richiesta:
a) l’acquisizione di un capitale versato non inferiore a 25.000
euro;
b) l’indicazione della ricerca e selezione del personale come
oggetto sociale, anche se non esclusivo.
6. Per l’esercizio della attivita’ di supporto alla ricollocazione
professionale, oltre ai requisiti di cui al comma 1, e’ richiesta:
a) l’acquisizione di un capitale versato non inferiore a 25.000
euro;
b) l’indicazione della attivita’ di supporto alla ricollocazione
professionale come oggetto sociale, anche se non esclusivo.

Note all’art. 5:
– Il testo della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale), e’ pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 30 novembre 1981, n. 329, supplemento ordinario.
– Il testo dell’art. 416-bis del codice penale, e’ il
seguente:
«Art. 416-bis (Associazione di tipo mafioso). –
Chiunque fa parte di un’associazione di tipo mafioso
formata da tre o piu’ persone, e’ punito con la reclusione
da tre a sei anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano
l’associazione sono puniti, per cio’ solo, con la
reclusione da quattro a nove anni.
L’associazione e’ di tipo mafioso quando coloro che ne
fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del
vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e
di omerta’ che ne deriva per commettere delitti, per
acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o
comunque il controllo di attivita’ economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici
o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se’ o per
altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero
esercizio del voto o di procurare voti a se’ o ad altri in
occasione di consultazioni elettorali.
Se l’associazione e’ armata si applica la pena della
reclusione da quattro a dieci anni nei casi previsti dal
primo comma e da cinque a quindici anni nei casi previsti
dal secondo comma.
L’associazione si considera armata quando i
partecipanti hanno la disponibilita’, per il conseguimento
della finalita’ dell’associazione, di armi o materie
esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di
deposito.
Se le attivita’ economiche di cui gli associati
intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate
in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il
profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti
sono aumentate da un terzo alla meta’.
Nei confronti del condannato e’ sempre obbligatoria la
confisca delle cose che servirono o furono destinate a
commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il
prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego.
[Decadono inoltre di diritto le licenze di polizia, di
commercio, di commissionario astatore presso i mercati
annonari all’ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e
i diritti ad esse inerenti nonche’ le iscrizioni agli albi
di appaltatori di opere o di forniture pubbliche di cui il
condannato fosse titolare].
Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque
localmente denominate, che valendosi della forza
intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi
corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo
mafioso.».
– Il testo della legge 27 dicembre 1956, n. 1423
(Misure di prevenzione nei confronti delle persone
pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita), e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 1956, n.
327.
– Il testo della legge 31 maggio 1965, n. 575
(Disposizioni contro la mafia), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 5 giugno 1965, n. 138.
– Il testo della legge 13 settembre 1982, n. 646
(Disposizioni in materia di misure di prevenzione di
carattere patrimoniale ed integrazione alle leggi
27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e
31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione
parlamentare sul fenomeno della mafia), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 14 settembre 1982, n. 253.
– Il testo dell’art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n.
59 (Nuove norme in materia di societa’ cooperative), e’ il
seguente:
«Art. 11 (Fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione). – 1. Le associazioni
nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del
movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell’art. 5
del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello
Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive
modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi
emanate da regioni a statuto speciale possono costituire
fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della
cooperazione. I fondi possono essere gestiti senza scopo di
lucro da societa’ per azioni o da associazioni.
2. L’oggetto sociale deve consistere esclusivamente
nella promozione e nel finanziamento di nuove imprese e di
iniziative di sviluppo della cooperazione, con preferenza
per i programmi diretti all’innovazione tecnologica,
all’incremento dell’occupazione ed allo sviluppo del
Mezzogiorno.
3. Per realizzare i propri fini, i fondi di cui al
comma 1 possono promuovere la costituzione di societa’
cooperative o di loro consorzi, nonche’ assumere
partecipazioni in societa’ cooperative o in societa’ da
queste controllate. Possono altresi’ finanziarie specifici
programmi di sviluppo di societa’ cooperative o di loro
consorzi, organizzare o gestire corsi di formazione
professionale del personale dirigente amministrativo o
tecnico del settore della cooperazione, promuovere studi e
ricerche su temi economici e sociali di rilevante interesse
per il movimento cooperativo.
4. Le societa’ cooperative e i loro consorzi, aderenti
alle associazioni riconosciute di cui al primo periodo del
comma 1, devono destinare alla costituzione e
all’incremento di ciascun fondo costituito dalle
associazioni cui aderiscono una quota degli utili annuali
pari al 3 per cento, Per gli enti cooperativi disciplinati
dal regio decreto 26 agosto 1937, n. 1706, e successive
modificazioni, la quota del 3 per cento e’ calcolata sulla
base degli utili al netto delle riserve obbligatorie. Il
versamento non deve essere effettuato se l’importo non
supera ventimila lire.
5. Deve inoltre essere devoluto ai fondi di cui al
comma 1 il patrimonio residuo delle cooperative in
liquidazione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i
dividendi eventualmente maturati, di cui al primo comma,
lettera c), dell’art. 26 del citato decreto legislativo del
Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e
successive modificazioni.
6. Le societa’ cooperative e i loro consorzi non
aderenti alle associazioni riconosciute di cui al primo
periodo del comma 1, o aderenti ad associazioni che non
abbiano costituito il fondo di cui al comma 1, assolvono
agli obblighi di cui ai commi 4 e 5, secondo quanto
previsto all’art. 20.
7. Le societa’ cooperative ed i loro consorzi
sottoposti alla vigilanza delle regioni a statuto speciale,
che non aderiscono alle associazioni riconosciute di cui al
primo periodo del comma 1 o che aderiscono ad associazioni
che non abbiano costituito il fondo di cui al comma 1,
effettuano il versamento previsto al comma 4 nell’apposito
fondo regionale, ove istituito o, in mancanza di tale
fondo, secondo le modalita’ di cui al comma 6.
8. Lo Stato e gli enti pubblici possono finanziare
specifici progetti predisposti dagli enti gestori dei fondi
di cui al comma 1 o dalla pubblica amministrazione, rivolti
al conseguimento delle finalita’ di cui al comma 2. I fondi
possono essere altresi’ alimentati da contributi erogati da
soggetti privati.
9. I versamenti ai fondi effettuati dai soggetti di cui
all’art. 87, comma 1, lettera a), del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono esenti da
imposte e sono deducibili, nel limite del 3 per cento,
dalla base imponibile del soggetto che effettua
l’erogazione.
10. Le societa’ cooperative e i loro consorzi che non
ottemperano alle disposizioni del presente articolo
decadono dai benefici fiscali e di altra natura concessi ai
sensi della normativa vigente.».
– Il testo dell’art. 12 della citata legge n. 59 del
1992, e’ il seguente:
«Art. 12. (Costituzione dei fondi mutualistici per la
promozione e lo sviluppo della cooperazione) – 1. Il
capitale delle societa’ per azioni di cui all’art. 11,
comma 1, deve essere sottoscritto in misura non inferiore
all’80 per cento dalla associazione riconosciuta che ne
promuove la costituzione. Le azioni emesse non sono
trasferibili senza il preventivo consenso della assemblea
dei soci.
2. Delle associazioni di cui all’art. 11, comma 1,
secondo periodo, fanno parte di diritto tutte le societa’
cooperative e i loro consorzi aderenti alle rispettive
associazioni riconosciute di cui al citato comma 1, primo
periodo.
3. Le associazioni di cui all’art. 11, comma 1, secondo
periodo, conseguono la personalita’ giuridica con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, fatte
salve le competenze delle regioni a statuto speciale; ad
esse si applicano gli articoli 14 e seguenti del codice
civile.
4. Le societa’ e le associazioni che, ai sensi
dell’art. 11, comma 1, gestiscono fondi mutualistici per la
promozione e lo sviluppo della cooperazione sono soggette
alla vigilanza del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, che ne approva gli statuti, fatte salve le
competenze delle regioni a statuto speciale. Gli eventuali
utili di esercizio devono essere utilizzati o reinvestiti
per il conseguimento dell’oggetto sociale.
5. Le societa’ e le associazioni di cui al comma 4 sono
assoggettate ad annuale certificazione del bilancio da
parte di societa’ di revisione secondo le disposizioni
legislative vigenti.».
Art. 6.
Regimi particolari di autorizzazione
1. Sono autorizzate allo svolgimento della attivita’ di
intermediazione le universita’ pubbliche e private, comprese le
fondazioni universitarie che hanno come oggetto l’alta formazione con
specifico riferimento alle problematiche del mercato del lavoro, a
condizione che svolgano la predetta attivita’ senza finalita’ di
lucro e fermo restando l’obbligo della interconnessione alla borsa
continua nazionale del lavoro, nonche’ l’invio di ogni informazione
relativa al funzionamento del mercato del lavoro ai sensi di quanto
disposto al successivo articolo 17.
2. Sono altresi’ autorizzati allo svolgimento della attivita’ di
intermediazione, secondo le procedure di cui all’articolo 4 o di cui
al comma 6 del presente articolo, i comuni, le camere di commercio e
gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e
paritari, a condizione che svolgano la predetta attivita’ senza
finalita’ di lucro e che siano rispettati i requisiti di cui alle
lettere c), f) e g) di cui all’articolo 5, comma 1, nonche’ l’invio
di ogni informazione relativa al funzionamento del mercato del lavoro
ai sensi di quanto disposto al successivo articolo 17.
3. Sono altresi’ autorizzate allo svolgimento della attivita’ di
intermediazione le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori
di lavoro comparativamente piu’ rappresentative che siano firmatarie
di contratti collettivi nazionali di lavoro, le associazioni in
possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale e
aventi come oggetto sociale la tutela e l’assistenza delle attivita’
imprenditoriali, del lavoro o delle disabilita’, e gli enti
bilaterali a condizione che siano rispettati i requisiti di cui alle
lettere c), d), e), f), g) di cui all’articolo 5, comma 1.
4. L’ordine nazionale dei consulenti del lavoro puo’ chiedere
l’iscrizione all’albo di cui all’articolo 4 di una apposita
fondazione o di altro soggetto giuridico dotato di personalita’
giuridica costituito nell’ambito del Consiglio nazionale dei
consulenti del lavoro per lo svolgimento a livello nazionale di
attivita’ di intermediazione. L’iscrizione e’ subordinata al rispetto
dei requisiti di cui alle lettere c), d), e), f), g) di cui
all’articolo 5, comma 1.
5. E’ in ogni caso fatto divieto ai consulenti del lavoro di
esercitare individualmente o in altra forma diversa da quella
indicata al comma 3 e agli articoli 4 e 5, anche attraverso
ramificazioni a livello territoriale, l’attivita’ di intermediazione.
6. L’autorizzazione allo svolgimento delle attivita’ di cui
all’articolo 2, comma 1, lettere b), c), d), puo’ essere concessa
dalle regioni e dalle province autonome con esclusivo riferimento al
proprio territorio e previo accertamento della sussistenza dei
requisiti di cui agli articoli 4 e 5, fatta eccezione per il
requisito di cui all’articolo 5, comma 4, lettera b).
7. La regione rilascia entro sessanta giorni dalla richiesta
l’autorizzazione provvisoria all’esercizio delle attivita’ di cui al
comma 6, provvedendo contestualmente alla comunicazione al Ministero
del lavoro e delle politiche sociali per l’iscrizione delle agenzie
in una apposita sezione regionale nell’albo di cui all’articolo 4,
comma 1. Decorsi due anni, su richiesta del soggetto autorizzato,
entro i sessanta giorni successivi la regione rilascia
l’autorizzazione a tempo indeterminato subordinatamente alla verifica
del corretto andamento della attivita’ svolta.
8. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto da
emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, stabilisce d’intesa con la Conferenza
unificata le modalita’ di costituzione della apposita sezione
regionale dell’albo di cui all’articolo 4, comma 1 e delle procedure
ad essa connesse.
Art. 7.
Accreditamenti
1. Le regioni, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori
di lavoro comparativamente piu’ rappresentative, istituiscono
appositi elenchi per l’accreditamento degli operatori pubblici e
privati che operano nel proprio territorio nel rispetto degli
indirizzi da esse definiti ai sensi dell’articolo 3 del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, e dei
seguenti principi e criteri:
a) garanzia della libera scelta dei cittadini, nell’ambito di una
rete di operatori qualificati, adeguata per dimensione e
distribuzione alla domanda espressa dal territorio;
b) salvaguardia di standard omogenei a livello nazionale
nell’affidamento di funzioni relative all’accertamento dello stato di
disoccupazione e al monitoraggio dei flussi del mercato del lavoro;
c) costituzione negoziale di reti di servizio ai fini
dell’ottimizzazione delle risorse;
d) obbligo della interconnessione con la borsa continua nazionale
del lavoro di cui all’articolo 15, nonche’ l’invio alla autorita’
concedente di ogni informazione strategica per un efficace
funzionamento del mercato del lavoro;
e) raccordo con il sistema regionale di accreditamento degli
organismi di formazione.
2. I provvedimenti regionali istitutivi dell’elenco di cui al
comma 1 disciplinano altresi’:
a) le forme della cooperazione tra i servizi pubblici e operatori
privati, autorizzati ai sensi delle disposizioni di cui agli
articoli 4, 5 e 6 o accreditati ai sensi del presente articolo, per
le funzioni di incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevenzione
della disoccupazione di lunga durata, promozione dell’inserimento
lavorativo dei lavoratori svantaggiati, sostegno alla mobilita’
geografica del lavoro;
b) requisiti minimi richiesti per l’iscrizione nell’elenco
regionale in termini di capacita’ gestionali e logistiche, competenze
professionali, situazione economica, esperienze maturate nel contesto
territoriale di riferimento;
c) le procedure per l’accreditamento;
d) le modalita’ di misurazione dell’efficienza e della efficacia
dei servizi erogati;
e) le modalita’ di tenuta dell’elenco e di verifica del
mantenimento dei requisiti.

Note all’art. 7:
– Il testo dell’art. 3 del decreto legislativo
21 aprile 2000, n. 181 (Disposizioni per agevolare
l’incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione
dell’art. 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio
1999, n. 144.), e’ il seguente:
«Art. 3 (Indirizzi generali ai servizi competenti ai
fini della prevenzione della disoccupazione di lunga
durata). – 1. Le Regioni definiscono gli obiettivi e gli
indirizzi operativi delle azioni che i servizi competenti,
di cui all’art. 1, comma 2, lettera g), effettuano al fine
di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e
contrastare la disoccupazione di lunga durata, sottoponendo
i soggetti di cui all’art. 1, comma 2, ad interviste
periodiche e ad altre misure di politica attiva secondo le
modalita’ definite ed offrendo almeno i seguenti
interventi:
a) colloquio di orientamento entro tre mesi
dall’inizio dello stato di disoccupazione;
b) proposta di adesione ad iniziative di inserimento
lavorativo o di formazione o di riqualificazione
professionale od altra misura che favorisca l’integrazione
professionale:
1) nei confronti degli adolescenti, dei giovani e
delle donne in cerca di reinserimento lavorativo, non oltre
quattro mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;
2) nei confronti degli altri soggetti a rischio di
disoccupazione di lunga durata, non oltre sei mesi
dall’inizio dello stato di disoccupazione.».

Capo II
Tutele sul mercato e disposizioni speciali con riferimento ailavoratori svantaggiati
Art. 8.
Ambito di diffusione dei dati relativi all’incontro domanda-offerta
di lavoro
1. Ferme restando le disposizioni di cui alla legge 31 dicembre
1996, n. 675, e successive modificazioni ed integrazioni, le agenzie
per il lavoro e gli altri operatori pubblici e privati autorizzati o
accreditati assicurano ai lavoratori il diritto di indicare i
soggetti o le categorie di soggetti ai quali i propri dati devono
essere comunicati, e garantiscono l’ambito di diffusione dei dati
medesimi indicato dai lavoratori stessi, anche ai fini del pieno
soddisfacimento del diritto al lavoro di cui all’articolo 4 della
Costituzione.
2. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con decreto
da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, sentite le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano nonche’, ai sensi dell’articolo 31,
comma 2, della legge 31 dicembre 1996, n. 675, il Garante per la
protezione dei dati personali, definisce le modalita’ di trattamento
dei dati personali di cui al presente decreto, disciplinando, fra gli
altri, i seguenti elementi:
a) le informazioni che possono essere comunicate e diffuse tra
gli operatori che agiscono nell’ambito del sistema dell’incontro fra
domanda e offerta di lavoro;
b) le modalita’ attraverso le quali deve essere data al
lavoratore la possibilita’ di esprimere le preferenze relative alla
comunicazione e alla diffusione dei dati di cui al comma 1;
c) le ulteriori prescrizioni al fine di dare attuazione alle
disposizioni contenute nell’articolo 10.
3. Per le informazioni che facciano riferimento a dati
amministrativi in possesso dei servizi per l’impiego, con particolare
riferimento alla presenza in capo al lavoratore di particolari
benefici contributivi e fiscali, gli elementi contenuti nella scheda
anagrafico-professionale prevista dal decreto legislativo 19 dicembre
2002, n. 297, hanno valore certificativo delle stesse.

Note all’art. 8:
– Il testo della legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela
delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento
dei dati personali), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
8 gennaio 1997, n. 5, supplemento ordinario.
– Il testo dell’art. 31, comma 2, della citata legge n.
675 del 1996, e’ il seguente:
«2. Il Presidente del Consiglio dei ministri e ciascun
ministro consultano il Garante all’atto della
predisposizione delle norme regolamentari e degli atti
amministrativi suscettibili di incidere sulle materie
disciplinate dalla presente legge.».
– Il testo del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n.
297 (Disposizioni modificative e correttive del decreto
legislativo 21 aprile 2000, n. 181, recante norme per
agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, in
attuazione dell’art. 45, comma 1, lettera a) della legge
17 maggio 1999, n. 144), e’ pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 15 gennaio 2003, n. 11.
Art. 9.
Comunicazioni a mezzo stampa internet, televisione o altri mezzi di
informazione
1. Sono vietate comunicazioni, a mezzo stampa, internet,
televisione o altri mezzi di informazione, in qualunque forma
effettuate, relative ad attivita’ di ricerca e selezione del
personale, ricollocamento professionale, intermediazione o
somministrazione effettuate in forma anonima e comunque da soggetti,
pubblici o privati, non autorizzati o accreditati all’incontro tra
domanda e offerta di lavoro eccezion fatta per quelle comunicazioni
che facciano esplicito riferimento ai soggetti in questione, o
entita’ ad essi collegate perche’ facenti parte dello stesso gruppo
di imprese o in quanto controllati o controllanti, in quanto
potenziali datori di lavoro.
2. In tutte le comunicazioni verso terzi, anche a fini
pubblicitari, utilizzanti qualsiasi mezzo di comunicazione, ivi
compresa la corrispondenza epistolare ed elettronica, e nelle
inserzioni o annunci per la ricerca di personale, le agenzie del
lavoro e gli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o
accreditati devono indicare gli estremi del provvedimento di
autorizzazione o di accreditamento al fine di consentire al
lavoratore, e a chiunque ne abbia interesse, la corretta e completa
identificazione del soggetto stesso.
3. Se le comunicazioni di cui al comma 2 sono effettuate mediante
annunci pubblicati su quotidiani e periodici o mediante reti di
comunicazione elettronica, e non recano un facsimile di domanda
comprensivo dell’informativa di cui all’articolo 13 del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, indicano il sito della rete di
comunicazioni attraverso il quale il medesimo facsimile e’
conoscibile in modo agevole.

Note all’art. 9:
– Il testo dell’art. 13 del decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei
dati personali), e’ il seguente:
«Art. 13. (Informativa). – 1. L’interessato o la
persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono
previamente informati oralmente o per iscritto circa:
a) le finalita’ e le modalita’ del trattamento cui
sono destinati i dati;
b) la natura obbligatoria o facoltativa del
conferimento dei dati;
c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di
rispondere;
d) i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i
dati personali possono essere comunicati o che possono
venirne a conoscenza in qualita’ di responsabili o
incaricati, e l’ambito di diffusione dei dati medesimi;
e) i diritti di cui all’art. 7;
f) gli estremi identificativi del titolare e, se
designati, del rappresentante nel territorio dello Stato ai
sensi dell’art. 5 e del responsabile. Quando il titolare ha
designato piu’ responsabili e’ indicato almeno uno di essi,
indicando il sito della rete di comunicazione o le
modalita’ attraverso le quali e’ conoscibile in modo
agevole l’elenco aggiornato dei responsabili. Quando e’
stato designato un responsabile per il riscontro
all’interessato in caso di esercizio dei diritti di cui
all’art. 7, e’ indicato tale responsabile.
2. L’informativa di cui al comma 1 contiene anche gli
elementi previsti da specifiche disposizioni del presente
codice e puo’ non comprendere gli elementi gia’ noti alla
persona che fornisce i dati o la cui conoscenza puo’
ostacolare in concreto l’espletamento, da parte di un
soggetto pubblico, di funzioni ispettive o di controllo
svolte per finalita’ di difesa o sicurezza dello Stato
oppure di prevenzione, accertamento o repressione di reati.
3. Il Garante puo’ individuare con proprio
provvedimento modalita’ semplificate per l’informativa
fornita in particolare da servizi telefonici di assistenza
e informazione al pubblico.
4. Se i dati personali non sono raccolti presso
l’interessato, l’informativa di cui al comma 1, comprensiva
delle categorie di dati trattati, e’ data al medesimo
interessato all’atto della registrazione dei dati o, quando
e’ prevista la loro comunicazione, non oltre la prima
comunicazione.
5. La disposizione di cui al comma 4 non si applica
quando:
a) i dati sono trattati in base ad un obbligo
previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa
comunitaria;
b) i dati sono trattati ai fini dello svolgimento
delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre
2000, n. 397, o, comunque, per far valere o difendere un
diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano
trattati esclusivamente per tali finalita’ e per il periodo
strettamente necessario al loro perseguimento;
c) l’informativa all’interessato comporta un impiego
di mezzi che il Garante, prescrivendo eventuali misure
appropriate, dichiari manifestamente sproporzionati
rispetto al diritto tutelato, ovvero si riveli, a giudizio
del Garante, impossibile.».
Art. 10.
Divieto di indagini sulle opinioni e trattamenti discriminatori
1. E’ fatto divieto alle agenzie per il lavoro e agli altri
soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati di effettuare
qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di
preselezione di lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle
convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o politica, al
credo religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato
matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, alla eta’, all’handicap,
alla razza, all’origine etnica, al colore, alla ascendenza,
all’origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute
nonche’ ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro,
a meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle
modalita’ di svolgimento della attivita’ lavorativa o che
costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello
svolgimento dell’attivita’ lavorativa. E’ altresi’ fatto divieto di
trattare dati personali dei lavoratori che non siano strettamente
attinenti alle loro attitudini professionali e al loro inserimento
lavorativo.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non possono in ogni caso
impedire ai soggetti di cui al medesimo comma 1 di fornire specifici
servizi o azioni mirate per assistere le categorie di lavoratori
svantaggiati nella ricerca di una occupazione.
Art. 11.
Divieto di oneri in capo ai lavoratori
1. E’ fatto divieto ai soggetti autorizzati o accreditati di
esigere o comunque di percepire, direttamente o indirettamente,
compensi dal lavoratore.
2. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori di
lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative a livello nazionale o territoriale possono stabilire
che la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione per
specifiche categorie di lavoratori altamente professionalizzati o per
specifici servizi offerti dai soggetti autorizzati o accreditati.
Art. 12.
Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito
1. I soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro sono
tenuti a versare ai fondi di cui al comma 4 un contributo pari al 4
per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con
contratto a tempo determinato per l’esercizio di attivita’ di
somministrazione. Le risorse sono destinate per interventi a favore
dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato intesi, in
particolare, a promuovere percorsi di qualificazione e
riqualificazione anche in funzione di continuita’ di occasioni di
impiego e a prevedere specifiche misure di carattere previdenziale.
2. I soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro sono
altresi’ tenuti e versare ai fondi di cui al comma 4 un contributo
pari al 4 per cento della retribuzione corrisposta ai lavoratori
assunti con contratto a tempo indeterminato. Le risorse sono
destinate a:
a) iniziative comuni finalizzate a garantire l’integrazione del
reddito dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato in
caso di fine lavori;
b) iniziative comuni finalizzate a verificare l’utilizzo della
somministrazione di lavoro e la sua efficacia anche in termini di
promozione della emersione del lavoro non regolare e di contrasto
agli appalti illeciti;
c) iniziative per l’inserimento o il reinserimento nel mercato
del lavoro di lavoratori svantaggiati anche in regime di
accreditamento con le regioni;
d) per la promozione di percorsi di qualificazione e
riqualificazione professionale.
3. Gli interventi e le misure di cui ai commi 1 e 2 sono attuati
nel quadro di politiche stabilite nel contratto collettivo nazionale
delle imprese di somministrazione di lavoro ovvero, in mancanza,
stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei
prestatori di lavoro maggiormente rappresentative nel predetto
ambito.
4. I contributi di cui ai commi 1 e 2 sono rimessi a un fondo
bilaterale appositamente costituito, anche nell’ente bilaterale,
dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle
imprese di somministrazione di lavoro:
a) come soggetto giuridico di natura associativa ai sensi
dell’articolo 36 del codice civile;
b) come soggetto dotato di personalita’ giuridica ai sensi
dell’articolo 12 del codice civile con procedimento per il
riconoscimento rientrante nelle competenze del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della
legge 12 gennaio 1991, n. 13.
5. I fondi di cui al comma 4 sono attivati a seguito di
autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
previa verifica della congruita’, rispetto alle finalita’
istituzionali previste ai commi l e 2, dei criteri di gestione e
delle strutture di funzionamento del fondo stesso, con particolare
riferimento alla sostenibilita’ finanziaria complessiva del sistema.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali esercita la
vigilanza sulla gestione dei fondi.
6. All’eventuale adeguamento del contributo di cui ai commi 1 e 2
si provvede con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali previa verifica con le parti sociali da effettuare decorsi
due anni dalla entrata in vigore del presente decreto.
7. I contributi versati ai sensi dei commi 1 e 2 si intendono
soggetti alla disciplina di cui all’articolo 26-bis della legge 24
giugno 1997, n. 196.
8. In caso di omissione, anche parziale, dei contributi di cui ai
commi 1 e 2, il datore di lavoro e’ tenuto a corrispondere, oltre al
contributo omesso e alle relative sanzioni, una somma, a titolo di
sanzione amministrativa, di importo pari a quella del contributo
omesso; gli importi delle sanzioni amministrative sono versati ai
fondi di cui al comma 4.
9. Trascorsi dodici mesi dalla entrata in vigore del presente
decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proprio
decreto, sentite le associazioni dei datori e dei prestatori di
lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale puo’
ridurre i contributi di cui ai commi 1 e 2 in relazione alla loro
congruita’ con le finalita’ dei relativi fondi.

Note all’art. 12:
– Il testo dell’art. 12 del codice civile, e’ il
seguente:
«Art. 12 (Persone giuridiche private). – Le
associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di
carattere privato acquistano la personalita’ giuridica
mediante il riconoscimento concesso con decreto del
presidente della Repubblica.
Per determinate categorie di enti che esercitano la
loro attivita’ nell’ambito della provincia, il Governo puo’
delegare ai prefetti la facolta’ di riconoscerli con loro
decreto.».
– Il testo dell’art. 2, comma 1, della legge 12 gennaio
1991, n. 13 (Determinazione degli atti amministrativi da
adottarsi nella forma del decreto del Presidente della
Repubblica), e’ il seguente:
«Art. 2. – 1. Gli atti amministrativi, diversi da
quelli previsti dall’art. 1, per i quali e’ adottata alla
data di entrata in vigore della presente legge la forma del
decreto del Presidente della Repubblica, sono emanati con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o con
decreto ministeriale, a seconda della competenza a
formulare la proposta sulla base della normativa vigente
alla data di cui sopra.».
– Il testo dell’art. 26-bis della legge 24 giugno 1997,
n. 196 (Norme in materia di promozione dell’occupazione),
e’ il seguente:
«Art. 26-bis (Disposizioni fiscali). – 1. l rimborsi
degli oneri retributivi e previdenziali che il soggetto
utilizzatore di prestatori di lavoro temporaneo e’ tenuto a
corrispondere ai sensi dell’art. 1, comma 5, lettera 9,
all’impresa fornitrice degli stessi, da quest’ultima
effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro
temporaneo, devono intendersi non compresi nella base
imponibile dell’IVA di cui all’art. 13 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Resta
fermo il trattamento fiscale gia’ applicato e non si fa
luogo al rimborso di imposte gia’ pagate, ne’ e’ consentita
la variazione di cui all’art. 26 del citato decreto n. 633
del 1972)».
Art. 13.
Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato
1. Al fine di garantire l’inserimento o il reinserimento nel
mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati, attraverso politiche
attive e di workfare, alle agenzie autorizzate alla somministrazione
di lavoro e’ consentito:
a) operare in deroga al regime generale della somministrazione di
lavoro, ai sensi del comma 2 dell’articolo 23, ma solo in presenza di
un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del
lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un
tutore con adeguate competenze e professionalita’, e a fronte della
assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie autorizzate alla
somministrazione, con contratto di durata non inferiore a sei mesi;
b) determinare altresi’, per un periodo massimo di dodici mesi e
solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il
trattamento retributivo del lavoratore, detraendo dal compenso dovuto
quanto eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a titolo di
indennita’ di mobilita’, indennita’ di disoccupazione ordinaria o
speciale, o altra indennita’ o sussidio la cui corresponsione e’
collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, e detraendo
dai contributi dovuti per l’attivita’ lavorativa l’ammontare dei
contributi figurativi nel caso di trattamenti di mobilita’ e di
indennita’ di disoccupazione ordinaria o speciale.
2. Il lavoratore destinatario delle attivita’ di cui al comma 1
decade dai trattamenti di mobilita’, qualora l’iscrizione nelle
relative liste sia finalizzata esclusivamente al reimpiego, di
disoccupazione ordinaria o speciale, o da altra indennita’ o sussidio
la cui corresponsione e’ collegata allo stato di disoccupazione o in
occupazione, quando:
a) rifiuti di essere avviato a un progetto individuale di
reinserimento nel mercato del lavoro ovvero rifiuti di essere avviato
a un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione o
non lo frequenti regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilita’
derivante da forza maggiore;
b) non accetti l’offerta di un lavoro inquadrato in un livello
retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle
mansioni di provenienza;
c) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla
competente sede I.N.P.S. del lavoro prestato ai sensi
dell’articolo 8, commi 4 e 5 del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160.
3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano quando le
attivita’ lavorative o di formazione offerte al lavoratore siano
congrue rispetto alle competenze e alle qualifiche del lavoratore
stesso e si svolgano in un luogo raggiungibile in 80 minuti con mezzi
pubblici da quello della sua residenza. Le disposizioni di cui al
comma 2, lettere b) e c) non si applicano ai lavoratori inoccupati.
4. Nei casi di cui al comma 2, i responsabili della attivita’
formativa ovvero le agenzie di somministrazione di lavoro comunicano
direttamente all’I.N.P.S., e al servizio per l’impiego
territorialmente competente ai fini della cancellazione dalle liste
di mobilita’, i nominativi dei soggetti che possono essere ritenuti
decaduti dai trattamenti previdenziali. A seguito di detta
comunicazione, l’I.N.P.S. sospende cautelativamente l’erogazione del
trattamento medesimo, dandone comunicazione agli interessati.
5. Avverso gli atti di cui al comma 4 e’ ammesso ricorso entro
trenta giorni alle direzioni provinciali del lavoro territorialmente
competenti che decidono, in via definitiva, nei venti giorni
successivi alla data di presentazione del ricorso. La decisione del
ricorso e’ comunicata al competente servizio per l’impiego ed
all’I.N.P.S.
6. Fino alla data di entrata in vigore di norme regionali che
disciplinino la materia, le disposizioni di cui al comma 1 si
applicano solo in presenza di una convenzione tra una o piu’ agenzie
autorizzate alla somministrazione di lavoro, anche attraverso le
associazioni di rappresentanza e con l’ausilio delle agenzie tecniche
strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e i
comuni, le province o le regioni stesse.
7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano anche con
riferimento ad appositi soggetti giuridici costituiti ai sensi delle
normative regionali in convenzione con le agenzie autorizzate alla
somministrazione di lavoro, previo accreditamento ai sensi
dell’articolo 7.
8. Nella ipotesi di cui al comma 7, le agenzie autorizzate alla
somministrazione di lavoro si assumono gli oneri delle spese per la
costituzione e il funzionamento della agenzia stessa. Le regioni, i
centri per l’impiego e gli enti locali possono concorrere alle spese
di costituzione e funzionamento nei limiti delle proprie
disponibilita’ finanziarie.

Note all’art. 13:
– Il testo dell’art. 8, commi 4 e 5, del decreto-legge
21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla
legge 20 maggio 1988, n. 160 (Norme in materia
previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del
lavoro, nonche’ per il potenziamento del sistema
informatico del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale), e’ il seguente:
«4. Il lavoratore che svolga attivita’ di lavoro
autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione
salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di
lavoro effettuate.
5. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di
integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto
a dare preventiva comunicazione alla sede provinciale
dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello
svolgimento della predetta attivita’.».
Art. 14.
Cooperative sociali e inserimento lavorativo dei lavoratori
svantaggiati
1. Al fine di favorire l’inserimento lavorativo dei lavoratori
svantaggiati e dei lavoratori disabili, i servizi di cui
all’articolo 6, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68, sentito
l’organismo di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469, cosi’ come modificato dall’articolo 6 della
legge 12 marzo 1999, n. 68, stipulano con le associazioni sindacali
dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative a livello nazionale e con le associazioni di
rappresentanza, assistenza e tutela delle cooperative di cui
all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n.
381, e con i consorzi di cui all’articolo 8 della stessa legge,
convenzioni quadro su base territoriale, che devono essere validate
da parte delle regioni, sentiti gli organismi di concertazione di cui
al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive
modificazioni ed integrazioni, aventi ad oggetto il conferimento di
commesse di lavoro alle cooperative sociali medesime da parte delle
imprese associate o aderenti.
2. La convenzione quadro disciplina i seguenti aspetti:
a) le modalita’ di adesione da parte delle imprese interessate;
b) i criteri di individuazione dei lavoratori svantaggiati da
inserire al lavoro in cooperativa; l’individuazione dei disabili
sara’ curata dai servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge
12 marzo 1999, n. 68;
c) le modalita’ di attestazione del valore complessivo del lavoro
annualmente conferito da ciascuna impresa e la correlazione con il
numero dei lavoratori svantaggiati inseriti al lavoro in cooperativa;
d) la determinazione del coefficiente di calcolo del valore
unitario delle commesse, ai fini del computo di cui al comma 3,
secondo criteri di congruita’ con i costi del lavoro derivati dai
contratti collettivi di categoria applicati dalle cooperative
sociali;
e) la promozione e lo sviluppo delle commesse di lavoro a favore
delle cooperative sociali;
f) l’eventuale costituzione, anche nell’ambito dell’agenzia
sociale di cui all’articolo 13 di una struttura tecnico-operativa
senza scopo di lucro a supporto delle attivita’ previste dalla
convenzione;
g) i limiti di percentuali massime di copertura della quota
d’obbligo da realizzare con lo strumento della convenzione.
3. Allorche’ l’inserimento lavorativo nelle cooperative sociali,
realizzato in virtu’ dei commi 1 e 2, riguardi i lavoratori disabili,
che presentino particolari caratteristiche e difficolta’ di
inserimento nel ciclo lavorativo ordinario, in base alla esclusiva
valutazione dei servizi di cui all’articolo 6, comma 1, della legge
12 marzo 1999, n. 68, lo stesso si considera utile ai fini della
copertura della quota di riserva, di cui all’articolo 3 della stessa
legge cui sono tenute le imprese conferenti. Il numero delle
coperture per ciascuna impresa e’ dato dall’ammontare annuo delle
commesse dalla stessa conferite diviso per il coefficiente di cui al
comma 2, lettera d), e nei limiti di percentuali massime stabilite
con le convenzioni quadro di cui al comma 1. Tali limiti percentuali
non hanno effetto nei confronti delle imprese che occupano da 15 a 35
dipendenti. La congruita’ della computabilita’ dei lavoratori
inseriti in cooperativa sociale sara’ verificata dalla Commissione
provinciale del lavoro.
4. L’applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 e’
subordinata all’adempimento degli obblighi di assunzione di
lavoratori disabili ai fini della copertura della restante quota
d’obbligo a loro carico determinata ai sensi dell’articolo 3 della
legge 12 marzo 1999, n. 68.

Note all’art. 14:
– Il testo dell’art. 6, comma 1, della legge 12 marzo
1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili),
e’ il seguente:
«1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi
dell’art. 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n.
469, di seguito denominati «uffici competenti», provvedono,
in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e
formativi del territorio, secondo le specifiche competenze
loro attribuite, alla programmazione, all’attuazione, alla
verifica degli interventi volti a favorire l’inserimento
dei soggetti di cui alla presente legge nonche’
all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al
rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle
compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni
e all’attuazione del collocamento mirato.».
– Il testo dell’art. 6, comma 3, del citato decreto
legislativo n. 469 del 1997, e’ il seguente:
«3. La provincia, nell’attribuire le funzioni e le
competenze gia’ svolte dalla commissione di cui al comma 2,
lettera i), garantisce all’interno del competente
organismo, la presenza di rappresentanti designati dalle
categorie interessate, di rappresentanti dei lavoratori e
dei datori di lavoro, designati rispettivamente dalle
organizzazioni sindacali comparativamente piu’
rappresentative e di un ispettore medico del lavoro.
Nell’ambito di tale organismo e’ previsto un comitato
tecnico composto da funzionari ed esperti del settore
sociale e medico-legale e degli organismi individuati dalle
regioni ai sensi dell’art. 4 del presente decreto, con
particolare riferimento alla materia delle inabilita’, con
compiti relativi alla valutazione delle residue capacita’
lavorative, alla definizione degli strumenti e delle
prestazioni atti all’inserimento e alla predisposizione dei
controlli periodici sulla permanenza delle condizioni di
inabilita’. Agli oneri per il funzionamento del comitato
tecnico si provvede mediante corrispondente riduzione
dell’autorizzazione di spesa per il funzionamento della
commissione di cui al comma 1.».
– Il testo dell’art. 1, comma 1, lettera b), della
citata legge n. 381 del 1991, e’ il seguente:
«1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire
l’interesse generale della comunita’ alla promozione umana
e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) la gestione di servizi socio-sanitari ed
educativi;
b) lo svolgimento di attivita’ diverse – agricole,
industriali, commerciali o di servizi – finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.».
– Il testo dell’art. 8 della citata legge n. 381 del
1991, e’ il seguente:
«Art. 8 (Consorzi). – 1. Le disposizioni di cui alla
presente legge si applicano ai consorzi costituiti come
societa’ cooperative aventi la base sociale formata in
misura non inferiore al settanta per cento da cooperative
sociali.».
– Per il titolo del citato decreto legislativo n. 469
del 1997 si veda la nota all’art. 3.
– Il testo dell’art. 3 della citata legge n. 68 del
1999, e’ il seguente:
«Art. 3 (Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva). –
1. I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad
avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle
categorie di cui all’art. 1 nella seguente misura:
a) sette per cento dei lavoratori occupati, se
occupano piu’ di 50 dipendenti;
b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
2. Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a
35 dipendenti l’obbligo di cui al comma 1 si applica solo
in caso di nuove assunzioni.
3. Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali
e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel
campo della solidarieta’ sociale, dell’assistenza e della
riabilitazione, la quota di riserva si computa
esclusivamente con riferimento al personale
tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e
l’obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova
assunzione.
4. Per i servizi di polizia, della protezione civile e
della difesa nazionale, il collocamento dei disabili e’
previsto nei soli servizi amministrativi.
5. Gli obblighi di assunzione di cui al presente
articolo sono sospesi nei confronti delle imprese che
versano in una delle situazioni previste dagli articoli 1 e
3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive
modificazioni, ovvero dall’art. 1 del decreto-legge 30
ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono sospesi
per la durata dei programmi contenuti nella relativa
richiesta di intervento, in proporzione all’attivita’
lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito
provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre per la
durata della procedura di mobilita’ disciplinata dagli
articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e
successive modificazioni, e, nel caso in cui la procedura
si concluda con almeno cinque licenziamenti, per il periodo
in cui permane il diritto di precedenza all’assunzione
previsto dall’art. 8, comma 1, della stessa legge.
6. Agli enti pubblici economici si applica la
disciplina prevista per i datori di lavoro privati.
7. Nella quota di riserva sono computati i lavoratori
che vengono assunti ai sensi della legge 21 luglio 1961, n.
686, e successive modificazioni, nonche’ della legge 29
marzo 1985, n. 113, e della legge 11 gennaio 1994, n. 29.».

Capo III
Borsa continua nazionale del lavoro e monitoraggio statistico
Art. 15.
Principi e criteri generali
1. A garanzia dell’effettivo godimento del diritto al lavoro di cui
all’articolo 4 della Costituzione, e nel pieno rispetto
dell’articolo 120 della Costituzione stessa, viene costituita la
borsa continua nazionale del lavoro, quale sistema aperto e
trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro basato su una
rete di nodi regionali. Tale sistema e’ alimentato da tutte le
informazioni utili a tale scopo immesse liberamente nel sistema
stesso sia dagli operatori pubblici e privati, autorizzati o
accreditati, sia direttamente dai lavoratori e dalle imprese.
2. La borsa continua nazionale del lavoro e’ liberamente
accessibile da parte dei lavoratori e delle imprese e deve essere
consultabile da un qualunque punto della rete. I lavoratori e le
imprese hanno facolta’ di inserire nuove candidature o richieste di
personale direttamente e senza rivolgersi ad alcun intermediario da
qualunque punto di rete attraverso gli accessi appositamente dedicati
da tutti i soggetti pubblici e privati, autorizzati o accreditati.
3. Gli operatori pubblici e privati, accreditati o autorizzati,
hanno l’obbligo di conferire alla borsa continua nazionale del lavoro
i dati acquisiti, in base alle indicazioni rese dai lavoratori ai
sensi dell’articolo 8 e a quelle rese dalle imprese riguardo l’ambito
temporale e territoriale prescelto.
4. Gli ambiti in cui si articolano i servizi della borsa continua
nazionale del lavoro sono:
a) un livello nazionale finalizzato:
1) alla definizione degli standard tecnici nazionali e dei
flussi informativi di scambio;
2) alla interoperabilita’ dei sistemi regionali;
3) alla definizione dell’insieme delle informazioni che
permettano la massima efficacia e trasparenza del processo di
incontro tra domanda e offerta di lavoro;
b) un livello regionale che, nel quadro delle competenze proprie
delle regioni di programmazione e gestione delle politiche regionali
del lavoro:
1) realizza l’integrazione dei sistemi pubblici e privati
presenti sul territorio;
2) definisce e realizza il modello di servizi al lavoro;
3) coopera alla definizione degli standard nazionali di
intercomunicazione.
5. Il coordinamento tra il livello nazionale e il livello regionale
deve in ogni caso garantire, nel rispetto degli articoli 4 e 120
della Costituzione, la piena operativita’ della borsa continua
nazionale del lavoro in ambito nazionale e comunitario. A tal fine il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali rende disponibile
l’offerta degli strumenti tecnici alle regioni e alle province
autonome che ne facciano richiesta nell’ambito dell’esercizio delle
loro competenze.

Note all’art. 15:
– Il testo dell’art. 4 della Costituzione e’ il
seguente:
«Art. 4. – La Repubblica riconosce a tutti i cittadini
il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le
proprie possibilita’ e la propria scelta una attivita’ o
una funzione che concorra al progresso materiale o
spirituale della societa’.».
– Il testo dell’art. 120 della Costituzione e’ il
seguente:
«Art. 120. – La Regione non puo’ istituire dazi di
importazione o esportazione o transito tra le Regioni, ne’
adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la
libera circolazione delle persone e delle cose tra le
Regioni, ne’ limitare l’esecizio del diritto al lavoro in
qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo puo’ sostituirsi a organi delle Regioni,
delle Citta’ metropolitane, delle Province e dei comuni nel
caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali
o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per
l’incolumita’ e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo
richiedano la tutela dell’unita’ giuridica o dell’unita’
economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali,
prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.
La legge definisce le procedure atte a garantire che i
poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del
principio di sussidiarieta’ e del principio di leale
collaborazione.».
Art. 16.
Standard tecnici e flussi informativi di scambio
1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto da
adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, stabilisce, di concerto con il Ministro
della innovazione e della tecnologia, e d’intesa con le regioni e le
province autonome, gli standard tecnici e i flussi informativi di
scambio tra i sistemi, nonche’ le sedi tecniche finalizzate ad
assicurare il raccordo e il coordinamento del sistema a livello
nazionale.
2. La definizione degli standard tecnici e dei flussi informativi
di scambio tra i sistemi avviene nel rispetto delle competenze
definite nell’Accordo Stato-regioni-autonomie locali dell’11 luglio
2002 e delle disposizioni di cui all’articolo 31, comma 2, della
legge 31 dicembre 1996, n. 675.

Note all’art. 16:
– Per il testo deIl’art. 31, comma 2, della citata
legge n. 675 del 1996, si veda nota all’art. 8.
Art. 17.
Monitoraggio statistico e valutazione delle politiche del lavoro
1. Le basi informative costituite nell’ambito della borsa continua
nazionale del lavoro, nonche’ le registrazioni delle comunicazioni
dovute dai datori di lavoro ai servizi competenti e la registrazione
delle attivita’ poste in essere da questi nei confronti degli utenti
per come riportate nella scheda anagrafico-professionale dei
lavoratori costituiscono una base statistica omogenea e condivisa per
le azioni di monitoraggio dei servizi svolte ai sensi del presente
decreto legislativo e poste in essere dal Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, le regioni e le province per i rispettivi
ambiti territoriali di riferimento. Le relative indagini statistiche
sono effettuate in forma anonima.
2. A tal fine, la definizione e la manutenzione applicativa delle
basi informative in questione, nonche’ di quelle in essere presso gli
Enti previdenziali in tema di contribuzioni percepite e prestazioni
erogate, tiene conto delle esigenze conoscitive generali, incluse
quelle di ordine statistico complessivo rappresentate nell’ambito del
SISTAN e da parte dell’ISTAT, nonche’ di quesiti specifici di
valutazione di singole politiche ed interventi formulati ai sensi e
con le modalita’ dei commi successivi del presente articolo.
3. I decreti ministeriali di cui agli articoli 1-bis e 4-bis, comma
7 del decreto legislativo n. 181 del 2000, come modificati dagli
articoli 2 e 6 del decreto legislativo n. 297 del 2002, cosi’ come la
definizione di tutti i flussi informativi che rientrano nell’ambito
della borsa continua nazionale del lavoro, ivi inclusi quelli di
pertinenza degli Enti previdenziali, sono adottati dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, tenuto conto delle esigenze
definite nei commi 1 e 2, previo parere dell’ISTAT e dell’ISFOL. Il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali impartisce inoltre,
entro tre mesi dalla attuazione del presente decreto, le necessarie
direttive agli Enti previdenziali, avvalendosi a tale scopo delle
indicazioni di una Commissione di esperti in politiche del lavoro,
statistiche del lavoro e monitoraggio e valutazione delle politiche
occupazionali, da costituire presso lo stesso Ministero ed in cui
siano presenti rappresentanti delle regioni e delle province, degli
Enti previdenziali, dell’ISTAT, dell’ISFOL e del Ministero
dell’economia e delle finanze oltre che del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali.
4. La medesima Commissione di cui al comma 3, integrata con
rappresentanti delle parti sociali, e’ inoltre incaricata di
definire, entro sei mesi dalla attuazione del presente decreto, una
serie di indicatori di monitoraggio finanziario, fisico e procedurale
dei diversi interventi di cui alla presente legge. Detti indicatori,
previo esame ed approvazione della Conferenza unificata,
costituiranno linee guida per le attivita’ di monitoraggio e
valutazione condotte dal Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, dalle regioni e dalle province per i rispettivi ambiti
territoriali di riferimento e in particolare per il contenuto del
Rapporto annuale di cui al comma 6.
5. In attesa dell’entrata a regime della borsa continua nazionale
del lavoro il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
predispone, d’intesa con la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno o
piu’ modelli di rilevazione da somministrare alle agenzie autorizzate
o accreditate, nonche’ agli enti di cui all’articolo 6. La mancata
risposta al questionario di cui al comma precedente e’ valutata ai
fini del ritiro dell’autorizzazione o accreditamento.
6. Sulla base di tali strumenti di informazione, e tenuto conto
delle linee guida definite con le modalita’ di cui al comma 4 nonche’
della formulazione di specifici quesiti di valutazione di singole
politiche ed interventi formulati annualmente dalla Conferenza
unificata o derivanti dall’implementazione di obblighi e programmi
comunitari, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
avvalendosi di proprie strutture tecniche e col supporto dell’ISFOL,
predispone un Rapporto annuale, al Parlamento e alla Conferenza
unificata, che presenti una rendicontazione dettagliata e complessiva
delle politiche esistenti, e al loro interno dell’evoluzione dei
servizi di cui al presente decreto legislativo, sulla base di schemi
statistico-contabili oggettivi e internazionalmente comparabili e in
grado di fornire elementi conoscitivi di supporto alla valutazione
delle singole politiche che lo stesso Ministero, le regioni, le
province o altri attori responsabili della conduzione, del disegno o
del coordinamento delle singole politiche intendano esperire.
7. Le attivita’ di monitoraggio devono consentire di valutare
l’efficacia delle politiche attive per il lavoro, nonche’ delle
misure contenute nel presente decreto, anche nella prospettiva delle
pari opportunita’ e, in particolare, della integrazione nel mercato
del lavoro dei lavoratori svantaggiati.
8. Con specifico riferimento ai contratti di apprendistato, e’
istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da
adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, una Commissione di sorveglianza con compiti di
valutazione in itinere della riforma. Detta Commissione e’ composta
da rappresentanti ed esperti designati dal Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, nel cui ambito si individua il Presidente,
dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca dalle
regioni e province autonome, dalle parti sociali, dall’I.N.P.S. e
dall’ISFOL. La Commissione, che si riunisce almeno tre volte
all’anno, definisce in via preventiva indicatori di risultato e di
impatto e formula linee guida per la valutazione, predisponendo
quesiti valutativi del cui soddisfacimento il Rapporto annuale di cui
al comma 6 dovra’ farsi carico e puo’ commissionare valutazioni
puntuali su singoli aspetti della riforma. Sulla base degli studi
valutativi commissionati nonche’ delle informazioni contenute nel
Rapporto annuale di cui al comma precedente, la Commissione potra’
annualmente formulare pareri e valutazioni. In ogni caso, trascorsi
tre anni dalla approvazione del presente decreto, la Commissione
predisporra’ una propria Relazione che, sempre sulla base degli studi
e delle evidenze prima richiamate, evidenzi le realizzazioni e i
problemi esistenti, evidenziando altresi’ le possibili modifiche alle
politiche in oggetto. Le risorse per gli studi in questione derivano
dal bilancio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali –
Ufficio centrale orientamento e formazione professionale dei
lavoratori.

Note all’art. 17:
– Il testo dell’art. 1-bis del citato decreto
legislativo n. 181 del 2000, e’ il seguente:
«Art. 1-bis (Modelli dei dati contenuti nella scheda
anagrafica e nella scheda professionale dei lavoratori e
soppressione di liste di collocamento). – 1. Con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di
concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie,
d’intesa con la Conferenza unificata, vengono definiti il
modello di comunicazione, il formato di trasmissione ed il
sistema di classificazione dei dati contenuti nella scheda
anagrafica e nella scheda professionale dei lavoratori, che
costituiscono la base dei dati del sistema informativo
lavoro.
2. Fino alla adozione del decreto di cui al comma 1 si
utilizzano i modelli dei dati ed i dizionari terminologici
approvati con decreti ministeriali 30 maggio 2001,
pubblicati, rispettivamente, nel supplemento ordinario n.
196 alla Gazzetta Ufficiale n. 168 del 21 luglio 2001, e
nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 2 luglio 2001.
3. Sono soppresse le liste di collocamento ordinarie e
speciali, ad eccezione di quelle previste dall’art. 17 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 settembre 1963,
n. 2053, dall’articolo 6 della legge 23 luglio 1991, n.
223, dall’art. 8 della legge 12 marzo 1999, n. 68.
4. Con regolamento emanato su proposta del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi
dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
e’ disciplinato il collocamento della gente di mare,
prevedendo, in applicazione dei principi stabiliti in
materia dal presente decreto, il superamento dell’attuale
sistema di collocamento obbligatorio.».
– Il testo dell’art. 4-bis, comma 7, deI citato decreto
legislativo n. 181 del 2000, e il seguente:
«7. Al fine di assicurare l’unitarieta’ e l’omogeneita’
del sistema informativo lavoro, i moduli per le
comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e delle
imprese fornitrici di lavoro temporaneo, nonche’ le
modalita’ di trasferimento dei dati ai soggetti di cui al
comma 6 da parte dei servizi competenti sono definiti con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con il Ministro per l’innovazione e le
tecnologie, d’intesa con la Conferenza unificata.».
– Per il testo dell’art. 8 del citato decreto
legislativo n. 281 del 1997 si veda la nota alle premesse.

Capo IV
Regime sanzionatorio
Art. 18.
Sanzioni penali
1. L’esercizio non autorizzato delle attivita’ di cui
all’articolo 4, comma 1, e’ punito con la sanzione dell’ammenda di
Euro 5 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro.
L’esercizio abusivo della attivita’ di intermediazione e’ punito con
la pena dell’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da Euro 1.500 a
Euro 7.500. Se non vi e’ scopo di lucro la pena e’ della ammenda da
Euro 500 a Euro 2.500. Se vi e’ sfruttamento dei minori, la pena e’
dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda e’ aumentata fino al
sestuplo. Nel caso di condanna, e’ disposta in ogni caso la confisca
del mezzo di trasporto eventualmente adoperato per l’esercizio delle
attivita’ di cui al presente comma.
2. Nei confronti dell’utilizzatore che ricorra alla
somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi
da quelli di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), ovvero da parte
di soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 4, comma 1, lettera
b), o comunque al di fuori dei limiti ivi previsti, si applica la
pena dell’ammenda di Euro 5 per ogni lavoratore occupato e per ogni
giornata di occupazione. Se vi e’ sfruttamento dei minori, la pena e’
dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda e’ aumentata fino al
sestuplo.
3. La violazione degli obblighi e dei divieti di cui agli
articoli 20, commi 1, 3, 4 e 5, e 21, commi 1, 2, nonche’ per il solo
somministratore, la violazione del disposto di cui al comma 3 del
medesimo articolo 21 e’ punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria da Euro 250 a Euro 1.250.
4. Fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 11, comma 2, chi
esiga o comunque percepisca compensi da parte del lavoratore per
avviarlo a prestazioni di lavoro oggetto di somministrazione e’
punito con la pena alternativa dell’arresto non superiore ad un anno
e dell’ammenda da Euro 2.500 a Euro 6.000. In aggiunta alla sanzione
penale e’ disposta la cancellazione dall’albo.
5. In caso di violazione dell’articolo 10 trovano applicazione le
disposizioni di cui all’articolo 38 della legge 20 maggio 1970, n.
300, nonche’ nei casi piu’ gravi, l’autorita’ competente procede alla
sospensione della autorizzazione di cui all’articolo 4. In ipotesi di
recidiva viene revocata l’autorizzazione.
6. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali dispone,
con proprio decreto, criteri interpretativi certi per la definizione
delle varie forme di contenzioso in atto riferite al pregresso regime
in materia di intermediazione e interposizione nei rapporti di
lavoro.

Note all’art. 18:
– Il testo dell’art. 38 della citata legge n. 300 del
1970, e’ il seguente:
«Art. 38 (Disposizioni penali). – Le violazioni degli
articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma lettera a), sono
punite, salvo che il fatto non costituisca piu’ grave
reato, con l’ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 (9) o
con l’arresto da quindici giorni ad un anno.
Nei casi piu’ gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda
sono applicate congiuntamente.
Quando per le condizioni economiche del reo, l’ammenda
stabilita nel primo comma puo’ presumersi inefficace anche
se applicata nel massimo, il giudice ha facolta’ di
aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l’autorita’
giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale
di condanna nei modi stabiliti dall’art. 36 del codice
penale.».
Art. 19.
Sanzioni amministrative
1. Gli editori, i direttori responsabili e i gestori di siti sui
quali siano pubblicati annunci in violazione delle disposizioni di
cui all’articolo 9 sono puniti con una sanzione amministrativa
pecuniaria da 4.000 a 12.000 euro.
2. La violazione degli obblighi di cui all’articolo 4-bis, comma 2,
del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, cosi’ come modificato
dall’articolo 6, comma 1 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n.
297, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a
1.500 euro per ogni lavoratore interessato.
3. La violazione degli obblighi di cui all’articolo 4-bis, commi 5
e 7, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, cosi’ come
modificato dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 19
dicembre 2002, n. 297, di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del
decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, cosi’ come sostituito
dall’articolo 6, comma 3, del citato decreto legislativo n. 297 del
2002, e di cui all’articolo 21, comma 1, della legge 24 aprile 1949,
n. 264, cosi’ come sostituito dall’articolo 6, comma 2, del decreto
legislativo n. 297 del 2002, e’ punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato.
4. La violazione degli obblighi di cui all’articolo 4-bis, comma 4,
del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, cosi’ come modificato
dall’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 19 dicembre 2002,
n. 297, e’ punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a
250 euro per ogni lavoratore interessato.
5. Nel caso di omessa comunicazione contestuale, omessa
comunicazione di cessazione e omessa comunicazione di trasformazione,
i datori di lavoro comprese le pubbliche amministrazioni sono ammessi
al pagamento della sanzione minima ridotta della meta’ qualora
l’adempimento della comunicazione venga effettuato spontaneamente
entro il termine di cinque giorni decorrenti dalla data di inizio
dell’omissione.

Note all’art. 19:
– Il testo dell’art. 4-bis, commi 2, 5 e 7, del citato
decreto legislativo n. 181 del 2000, e’ il seguente:
«2. All’atto dell’assunzione i datori di lavoro privati
e gli enti pubblici economici sono tenuti a consegnare ai
lavoratori una dichiarazione sottoscritta contenente i dati
di registrazione effettuata nel libro matricola, nonche’ la
comunicazione di cui al 26 maggio 1997, n. 152.
(Omissis).
5. I datori di lavoro privati, gli enti pubblici
economici e le pubbliche amministrazioni, per quanto di
competenza, sono tenuti, anche in caso di trasformazione da
rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a
rapporto di lavoro subordinato, a comunicare, entro cinque
giorni, al servizio competente nel cui ambito territoriale
e’ ubicata la sede di lavoro le seguenti variazioni del
rapporto di lavoro:
a) proroga del termine inizialmente fissato;
b) trasformazione da tempo determinato a tempo
indeterminato;
c) trasformazione da tempo parziale a tempo pieno;
d) trasformazione da contratto di apprendistato a
contratto a tempo indeterminato;
e)trasformazione da contratto di formazione e lavoro
a contratto a tempo indeterminato.
(Omissis).
7. Al fine di assicurare l’unitarieta’ e l’omogeneita’
del sistema informativo lavoro, i moduli per le
comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e delle
imprese fornitrici di lavoro temporaneo, nonche’ le
modalita’ di trasferimento dei dati ai soggetti di cui al
comma 6 da parte dei servizi competenti sono definiti con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con il Ministro per l’innovazione e le
tecnologie, d’intesa con la Conferenza unificatata.».
– Il testo dell’art. 9-bis, comma 2, del decreto-legge
1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 novembre 1996, n. 608 (Disposizioni urgenti
in materia di lavori socialmente utili, di interventi a
sostegno del reddito e nel settore previdenziale), e’ il
seguente:
«2. In caso di instaurazione del rapporto di lavoro
subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e
continuativa, anche di socio lavoratore di cooperativa, i
datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le
pubbliche, ammiinistrazioni sono tenuti a dare
comunicazione contestuale al servizio competente nel cui
ambito territoriale e’ ubicata la sede di lavoro, dei dati
anagrafici del lavoratore, della data di assunzione, della
data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo
indeterminato, della tipologia contrattuale, della
qualifica professionale e del trattamento economico e
normativo. Le comunicazioni possono essere effettuate ai
sensi del decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 2000, n. 445. La medesima procedura si applica
ai tirocini di formazione e orientamento ed ad ogni altro
tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata. Nel caso
in cui l’instaurazione del rapporto awenga in giorno
festivo, nelle ore serali o notturne, owero in caso di
emergenza, la comunicazione di cui al presente comma deve
essere effettuata entro il primo giorno utile successivo.».
– Il testo dell’art. 21, primo comma, legge 24 aprile
1949, n. 264 (Provvedimenti in materia di avviamento al
lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente
disoccupati), e’ il seguente:
I datori di lavoro sono tenuti altresi’ a comunicare la
cessazione dei rapporti di lavoro, entro i cinque giorni
successivi, quando trattasi di rapporti a tempo
indeterminato ovvero nei casi in cui la cessazione sia
avvenuta in data diversa da quella comunicata all’atto
dell’assunzione.
– lI testo dell’art. 4-bis, comma 4, del citato decreto
legislativo n. 181 del 2000, e’ il seguente:
«4. Le imprese fornitrici di lavoro temporaneo sono
tenute a comunicare, entro il giorno venti del mese
successivo alla data di assunzione, al servizio competente
nel cui ambito territoriale e’ ubicata la loro sede
operativa, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei
lavoratori temporanei assunti nel corso del mese
precedente.

Titolo III
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO APPALTO DI SERVIZI, DISTACCOCapo ISomministrazione di lavoro
Art. 20.
Condizioni di liceita’
1. Il contratto di somministrazione di lavoro puo’ essere concluso
da ogni soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga
ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a cio’
autorizzato ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5.
2. Per tutta la durata della somministrazione i lavoratori svolgono
la propria attivita’ nell’interesse nonche’ sotto la direzione e il
controllo dell’utilizzatore. Nell’ipotesi in cui i lavoratori vengano
assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato essi rimangono
a disposizione del somministratore per i periodi in cui non svolgono
la prestazione lavorativa presso un utilizzatore, salvo che esista
una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del
contratto di lavoro.
3. Il contratto di somministrazione di lavoro puo’ essere concluso
a termine o a tempo indeterminato. La somministrazione di lavoro a
tempo indeterminato e’ ammessa:
a) per servizi di consulenza e assistenza nel settore
informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti
intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di
software applicativo, caricamento dati;
b) per servizi di pulizia, custodia, portineria;
c) per servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone
e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;
d) per la gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi,
magazzini, nonche’ servizi di economato;
e) per attivita’ di consulenza direzionale, assistenza alla
certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo
e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del
personale;
f) per attivita’ di marketing, analisi di mercato, organizzazione
della funzione commerciale;
g) per la gestione di call-center, nonche’ per l’avvio di nuove
iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al
regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999,
recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;
h) per costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, per
installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari
attivita’ produttive, con specifico riferimento all’edilizia e alla
cantieristica navale, le quali richiedano piu’ fasi successive di
lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da
quella normalmente impiegata nell’impresa;
i) in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di
lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative.
4. La somministrazione di lavoro a tempo determinato e’ ammessa a
fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attivita’
dell’utilizzatore. La individuazione, anche in misura non uniforme,
di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a
tempo determinato e’ affidata ai contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulati da sindacati comparativamente piu’ rappresentativi
in conformita’ alla disciplina di cui all’articolo 10 del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368.
5. Il contratto di somministrazione di lavoro e’ vietato:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di
sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso
unita’ produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24
della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori
adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di
somministrazione ovvero presso unita’ produttive nelle quali sia
operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario,
con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino
lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto
di somministrazione;
c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la
valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche.

Note all’art. 20:
– 2. Il testo dell’art. 3 del Regolamento (CE) n.
1260/1999 del 21 giugno 1999 (Regolamento del Consiglio
recante disposizioni generali sui Fondi strutturali), e’ il
seguente:
«Art. 3 (Obiettivo n. 1). – 1. L’obiettivo n. 1
concerne le regioni corrispondenti al livello II della
nomenclatura delle unita’ territoriali statistiche (NUTS
Il) il cui prodotto interno lordo (PIL) pro capite,
misurato sulla base degli standard del potere d’acquisto e
calcolato con riferimento ai dati comunitari disponibili
degli ultimi tre anni, disponibili al 26 marzo 1999, e’
inferiore al 75% della media comunitaria.
Esso concerne inoltre le regioni ultraperiferiche
(dipartimenti francesi d’oltremare, Azzorre, Madera e isole
Canarie), tutte al di sotto della soglia deI 75% e le zone
rientranti nell’obiettivo n. 6, previsto dal protocollo n.
6 dell’atto di adesione dell’Austria, della Finlandia e
della Svezia, durante il periodo 1995-1999.
2. La Commissione, in stretta osservanza del paragrafo
1, primo comma, stabilisce l’elenco delle regioni cui si
applica l’obiettivo n. 1, salvo il disposto dell’art. 6,
paragrafo 1, e dell’art. 7, paragrafo 4, secondo comma.
Tale elenco e’ valido per sette anni a decorrere dal
1° gennaio 2000.».
– Il testo dell’art. 10 del decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368 (Attuazione della direttiva
1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES), e’ il
seguente:
«Art. 10 (Esclusioni e discipline specifiche). – 1.
Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto
legislativo in quanto gia’ disciplinati da specifiche
normative:
a) i contratti di lavoro temporaneo di cui alla legge
24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni;
b) i contratti di formazione e lavoro;
c) i rapporti di apprendistato, nonche’ le tipologie
contrattuali legate a fenomeni di lormazione attraverso il
lavoro che, pur caratterizzate dall’apposizione di un
termine, non costituiscono rapporti di lavoro.
2. Sono esclusi dalla disciplina del presente decreto
legislativo i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro
dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato cosi’
come definiti dall’art. 12, comma 2, del decreto
legislativo 11 agosto 1993, n. 375.
3. Nei settori del turismo e dei pubblici esercizi e’
ammessa l’assunzione diretta di manodopera per l’esecuzione
di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni,
determinata dai contratti collettivi stipulati con i
sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
Dell’avvenuta assunzione deve essere data comunicazione al
centro per l’impiego entro cinque giorni. Tali rapporti
sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto
legislativo.
4. E’ consentita la stipulazione di contratti di lavoro
a tempo determinato, purche’ di durata non superiore a
cinque anni, con i dirigenti, i quali possono comunque
recedere da essi trascorso un triennio e osservata la
disposizione dell’art. 2118 del codice civile. Tali
rapporti sono esclusi dal campo di applicazione del
presente decreto legislativo, salvo per quanto concerne le
previsioni di cui agli articoli 6 e 8.
5. Sono esclusi i rapporti instaurati con le aziende
che esercitano il commercio di esportazione, importazione
ed all’ingresso di prodotti ortofrutticoli.
6. Restano in vigore le discipline di cui all’art. 8,
comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, all’art. 10
della legge 8 marzo 2000, n. 53, ed all’art. 75 della legge
23 dicembre 2000, n. 388.
7. La individuazione, anche in misura non uniforme, di
limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto del
contratto a tempo determinato stipulato ai sensi dell’art.
1, comma 1, e affidata ai contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu’
rappresentativi. Sono in ogni caso esenti da limitazioni
quantitative i contratti a tempo determinato conclusi:
a) nella fase di avvio di nuove attivita’ per i
periodi che saranno definiti dai contratti collettivi
nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con
riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;
b) per ragioni di carattere sostitutivo, o di
stagionalita’, ivi comprese le attivita’ gia’ previste
nell’elenco allegato al decreto del Presidente della
Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive
modificazioni;
c) per l’intensificazione dell’attivita’ lavorativa
in determinati periodi dell’anno;
d) per specifici spettacoli ovvero specifici
programmi radiofonici o televisivi. Sono esenti da
limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato
stipulati a conclusione di un periodo di tirocinio o di
stage, allo scopo di facilitare l’ingresso dei giovani nel
mondo del lavoro, ovvero stipulati con lavoratori di eta’
superiore ai cinquantacinque anni, o conclusi quando
l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di
un servizio definiti o predeterminati nel tempo aventi
carattere straordinario o occasionale.
8. Sono esenti da limitazioni quantitative i contratti
a tempo determinato non rientranti nelle tipologie di cui
al comma 7, di durata non superiore ai sette mesi, compresa
la eventuale proroga, ovvero non superiore alla maggiore
durata definita dalla contrattazione collettiva con
riferimento a situazioni di difficolta’ occupazionale per
specifiche aree geografiche. La esenzione di cui al
precedente periodo non si applica a singoli contratti
stipulati per le durate suddette per lo svolgimento di
prestazioni di lavoro che siano identiche a quelle che
hanno formato oggetto di altro contratto a termine avente
le medesime caratteristiche e scaduto da meno di sei mesi.
9. E’ affidata ai contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu’
rappresentativi, la individuazione di un diritto di
precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con
la medesima qualifica, esclusivamente a favore dei
lavoratori che abbiano prestato attivita’ lavorativa con
contratto a tempo determinato per le ipotesi gia’ previste
dall’art. 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56.
I lavoratori assunti in base al suddetto diritto di
precedenza non concorrono a determinare la base di computo
per il calcolo della percentuale di riserva di cui all’art.
25, comma 1, della legge 23 luglio1991, n. 223.
10. In ogni caso il diritto di precedenza si estingue
entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di
lavoro ed il lavoratore puo’ esercitarlo a condizione che
manifesti in tal senso la propria volonta’ al datore di
lavoro entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto
stesso.».
– Il testo dell’art. 4 della legge 23 luglio 1991, n.
223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilita’,
trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive
della Comunita’ europea, avviamento al lavoro ed altre
disposizioni in materia di mercato del lavoro), e’ il
seguente:
«Art. 4 (Procedura per la dichiarazione di mobilita). –
1. L’impresa che sia stata ammessa al trattamento
straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso
di attuazione del programma di cui all’art. 1 ritenga di
non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i
lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure
alternative, ha facolta’ di avviare le procedure di
mobilita’ ai sensi del presente articolo.
2. Le imprese che intendano esercitare la facolta’ di
cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva
per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali
costituite a norma dell’art. 19, della legge 20 maggio
1970, n. 300, nonche’ alle rispettive associazioni di
categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la
comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di
categoria aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle
associazioni di categoria puo’ essere effettuata per il
tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale
l’impresa aderisce o conferisce mandato.
3. La comunicazione di clii al comma 2 deve contenere
indicazione: dei motivi che determinano la situazione di
eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi,
per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee
a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in
tutto o in parte, la dichiarazione di mobilita’; del
numero, della collocazione aziendale e dei profili
professionali del personale eccedente, nonche’ del
personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione
del programma di mobilita’; delle eventuali misure
programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano
sociale della attuazione del programma medesimo del metodo
di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da
quelle gia’ previste dalla legislazione vigente e dalla
contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata
copia della ricevuta del versamento all’INPS, a titolo di
anticipazione sulla somma di cui all’art. 5, comma 4, di
una somma pari al trattamento massimo mensile di
integrazione salariale moltiplicato per il numero dei
lavoratori ritenuti eccedenti.
4. Copia della comunicazione di cui al comma 2 e della
ricevuta del versamento di cui al comma 3 devono essere
contestualmente inviate all’ufficio provinciale del lavoro
e della massima occupazione.
5. Entro sette giorni dalla data del ricevimento della
comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle
rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive
associazioni si procede ad un esame congiunto tra le parti,
allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a
determinare l’eccedenza del personale e le possibilita’ di
utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua
parte, nell’ambito della stessa impresa, anche mediante
contratti di solidarieta’ e forme flessibili di gestione
del tempo di lavoro. Qualora non sia possibile evitare la
riduzione di personale, e’ esaminata la possibilita’ di
ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in
particolare, a facilitare la riqualificazione e la
riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti
sindacali dei lavoratori possono farsi assistere, ove lo
ritengano opportuno, da esperti.
6. La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita
entro quarantacinque giorni dalla data del ricevimento
della comunicazione dell’impresa. Quest’ultima da’
all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima
occupazione comunicazione scritta sul risultato della
consultazione e sui motivi del suo eventuale esito
negativo. Analoga comunicazione scritta puo’ essere inviata
dalle associazioni sindacali dei lavoratori.
7. Qualora non sia stato raggiunto l’accordo, il
direttore dell’ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione convoca le parti alfine di un ulteriore
esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando
proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame
deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento
da parte dell’Ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione della comunicazione dell’impresa
prevista al comma 6.
8. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalla
procedura di mobilita’ sia inferiore a dieci, i termini di
cui ai commi 6 e 7 sono ridotti alla meta’.
9. Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la
procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facolta’
di collocare in mobilita’ gli impiegati, gli operai e i
quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di
essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso.
Contestualmente, l’elenco dei lavoratori collocati in
mobilita’, con l’indicazione per ciascun soggetto del
nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del
livello di inquadramento, dell’eta’, del carico di
famiglia, nonche’ con puntuale indicazione delle modalita’
con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di
cui all’art. 5, comma 1, deve essere comunicato per
iscritto all’Ufficio regionale del lavoro e della massima
occupazione competente, alla Commissione regionale per
l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma
2.
10. Nel caso in cui l’impresa rinunci a collocare in
mobilita’ i lavoratori o ne collochi un numero inferiore a
quello risultante dalla comunicazione di cui al comma 2, la
stessa procede al recupero delle somme pagate in eccedenza
rispetto a quella dovuta ai sensi dell’art. 5, comma 4,
mediante conguaglio con i contributi dovuti all’INPS, da
effettuarsi con il primo versamento utile successivo alla
data di determinazione del numero dei lavoratori posti in
mobilita’.
11. Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle
procedure di cui al presente articolo, che prevedano il
riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti
eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo
comma dell’art. 2103 del codice civile, la loro
assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte.
12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di
efficacia ove siano state effettuate senza l’osservanza
della forma scritta e delle procedure previste dal presente
articolo.
13. I lavoratori ammessi al trattamento di cassa
integrazione, al termine del periodo di godimento del
trattamento di integrazione salariale, rientrano in
azienda.
14. Il presente articolo non trova applicazione nel
caso di eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese
edili e nelle attivita’ stagionali o saltuarie, nonche’ per
i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo
determinato.
15. Nei casi in cui l’eccedenza riguardi unita’
produttive ubicate in diverse province della stessa regione
ovvero in piu’ regioni, la competenza a promuovere
l’accordo di cui al comma 7 spetta rispettivamente al
direttore dell’Ufficio regionale del lavoro e della massima
occupazione ovvero al Ministro del lavoro e della
previdenza sociale. Agli stessi vanno inviate le
comunicazioni previste dal comma 4.
15-bis. Gli obblighi di informazione, consultazione e
comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal
fatto che le decisioni relative all’apertura delle
procedure di cui al presente articolo siano assunte dal
datore di lavoro o da un’impresa che lo controlli, li’
datore di lavoro che viola tali obblighi non puo’ eccepire
a propria difesa la mancata trasmissione, da parte
dell’impresa che lo controlla, delle informazioni relative
alla decisione che ha determinato l’apertura delle predette
procedure.
16. Sono abrogati gli articoli 24 e 25 della legge
12 agosto 1977, n. 675, le disposizioni del decreto-legge
30 marzo 1978, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 maggio 1978, n. 215, ad eccezione dell’art. 4-bis,
nonche’ il decreto-legge 13 dicembre 1978, n. 795,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 1979,
n. 36.».
– Il testo dell’art. 24 della citata legge n. 223 del
1991, e’ il seguente:
«Art. 24 (Norme in materia di riduzione del personale).
– 1. Le disposizioni di cui all’art. 4, commi da 2 a 12 e
15-bis, e all’art. 5, commi da 1 a 5, si applicano alle
imprese che occupino piu’ di quindici dipendenti e che, in
conseguenza di una riduzione o trasformazione di attivita’
o di lavoro, intendano effettuare almeno cinque
licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna
unita’ produttiva, o in piu’ unita’ produttive nell’ambito
del territorio di una stessa provincia. Tali disposizioni
si applicano per tutti i licenziamenti che, nello stesso
arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque
riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione.
2. Le disposizioni richiamate nel comma 1 si applicano
anche quando le imprese di cui al medesimo comma intendano
cessare l’attivita’.
3. Quanto previsto all’art. 4, commi 3, ultimo periodo,
e 10, e all’art. 5, commi 4 e 5, si applica solo alle
imprese di cui all’art. 16, comma 1. Il contributo previsto
dall’art. 5, comma 4, e’ dovuto dalle imprese di cui
all’art. 16, comma 1, nella misura di nove volte il
trattamento iniziale di mobilita’ spettante al lavoratore
ed e’ ridotto a tre volte nei casi di accordo sindacale.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si
applicano nei casi di scadenza dei rapporti di lavoro a
termine, di fine lavoro nelle costruzioni edili e nei casi
di attivita’ stagionali o saltuarie.
5. La materia dei licenziamenti collettivi per
riduzione di personale di cui al primo comma dell’art. 11
della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato
dall’art. 6 della legge 11 maggio 1990, n. 108, e’
disciplinata dal presente articolo.
6. Il presente articolo non si applica ai licenziamenti
intimati prima della data di entrata in vigore della
presente legge.».
– Il testo dell’art. 4 del decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive
89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE,
97/42, 98/24 e 99/38 riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro),
e’ il seguente:
«Art. 4 (Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e
del preposto). – 1. Il datore di lavoro, in relazione alla
natura dell’attivita’ dell’azienda ovvero dell’unita’
produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la
salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti
gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche
nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze
o dei preparati chimici impiegati, nonche’ nella
sistemazione dei luoghi di lavoro.
2. All’esito della valutazione di cui al comma 1, il
datore di lavoro elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la
sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono
specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di
protezione e dei dispositivi di protezione individuale,
conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per
garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza.
3. Il documento e’ custodito presso l’azienda ovvero
l’unita’ produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione interno o esterno all’azienda
secondo le regole di cui all’art. 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e
protezione interno o esterno all’azienda secondo le regole
di cui all’art. 8;
c) nomina, nei casi previsti dall’art. 16, il medico
competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per
la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati
dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di
pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto
soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai
mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai
fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in
relazione al grado di evoluzione della tecnica della
prevenzione e della protezione;
c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto
delle capacita’ e delle condizioni degli stessi in rapporto
alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei
dispositivi di protezione individuale, sentito il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinche’ soltanto i
lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano
alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede l’osservanza da parte dei singoli
lavoratori delle norme vigenti, nonche’ delle disposizioni
aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e
di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi
di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiede l’osservanza da parte del medico
competente degli obblighi previsti dal presente decreto,
informandolo sui processi e sui rischi connessi
all’attivita’ produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni
di rischio in caso di emergenza e da’ istruzioni affinche’
i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed
inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona
pericolosa;
i) informa il piu’ presto possibile i lavoratori
esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa
il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in
materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate,
dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro
attivita’ in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il
rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute e consente
al rappresentante per la sicurezza di accedere alle
informazioni ed alla documentazione aziendale di cui
all’art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che
le misure tecniche adottate possano causare rischi per la
salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati
cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano
un’assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro
sono annotati il nome, il cognome, la qualifica
professionale dell’infortunato, le cause e le circostanze
dell’infortunio, nonche’ la data di abbandono e di ripresa
del lavoro. Il registro e’ redatto conformemente al modello
approvato con decreto del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione consultiva
permanente, di cui all’art. 393 del decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive
modifiche, ed e’ conservato sul luogo di lavoro, a
disposizione dell’organo di vigilanza. Fino all’emanazione
di tale decreto il registro e’ redatto in conformita’ ai
modelli gia’ disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei
casi previsti dall’art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della
prevenzione incendi e dell’evacuazione dei lavoratori,
nonche’ per il caso di pericolo grave e immediato. Tali
misure devono essere adeguate alla natura dell’attivita’,
alle dimensioni dell’azienda, ovvero dell’unita’
produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui
al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in
collaborazione con il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e con il medico competente nei
casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di
cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche
del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l’azienda
ovvero l’unita’ produttiva, la cartella sanitaria e di
rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria,
con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna
copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del
rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa
richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o piu’
decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della
sanita’, sentita la commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro,
in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni
dell’azienda, sono definite procedure standardizzate per
gli adempimenti documentali di cui al presente articolo.
Tali disposizioni non si applicano alle attivita’
industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive
modifiche, soggette all’obbligo di dichiarazione o notifica
ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle
centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori
nucleari, alle aziende estrattive ed altre attivita’
minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito
separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo
periodo, con uno o piu’ decreti dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale, dell’industria, del commercio e
dell’artigianato e della sanita’, sentita la commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
per l’igiene del lavoro, possono essere altresi’ definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosita’,
nei quali e’ possibile lo svolgimento diretto dei compiti
di prevenzione e protezione in aziende ovvero unita’
produttive che impiegano un numero di addetti superiore a
quello indicato nell’allegato I;
b) i casi in cui e’ possibile la riduzione a una sola
volta all’anno della visita di cui all’art. 17, lettera h),
degli ambienti di lavoro da parte del medico competente,
ferma restando l’obbligatorieta’ di visite ulteriori,
allorche’ si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota
[1] dell’allegato I, il datore di lavoro delle aziende
familiari, nonche’ delle aziende che occupano fino a dieci
addetti non e’ soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e
3, ma e’ tenuto comunque ad autocertificare per iscritto
l’avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e
l’adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L’autocertificazione deve essere inviata al rappresentante
per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi
di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonche’ le
aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a
particolari fattori di rischio, individuate nell’ambito di
specifici settori produttivi con uno o piu’ decreti del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanita’, dell’industria, del commercio
e dell’artigianato, delle risorse agricole alimentari e
forestali e dell’interno, per quanto di rispettiva
competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e
di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del
presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici
assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici
uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed
educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta,
per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e
manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal
presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si
intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari
preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro
adempimento all’amministrazione competente o al soggetto
che ne ha l’obbligo giuridico.».
Art. 21.
Forma del contratto di somministrazione
1. Il contratto di somministrazione di manodopera e’ stipulato in
forma scritta e contiene i seguenti elementi:
a) gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore;
b) il numero dei lavoratori da somministrare;
c) i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 20;
d) l’indicazione della presenza di eventuali rischi per
l’integrita’ e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione
adottate;
e) la data di inizio e la durata prevista del contratto di
somministrazione;
f) le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e il loro
inquadramento;
g) il luogo, l’orario e il trattamento economico e normativo
delle prestazioni lavorative;
h) assunzione da parte del somministratore della obbligazione del
pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico, nonche’
del versamento dei contributi previdenziali;
i) assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di rimborsare al
somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questa
effettivamente sostenuti in favore dei prestatori di lavoro;
j) assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di comunicare al
somministratore i trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori
comparabili;
k) assunzione da parte dell’utilizzatore, in caso di
inadempimento del somministratore, dell’obbligo del pagamento diretto
al lavoratore del trattamento economico nonche’ del versamento dei
contributi previdenziali, fatto salvo il diritto di rivalsa verso il
somministratore.
2. Nell’indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono
recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi.
3. Le informazioni di cui al comma 1, nonche’ la data di inizio e
la durata prevedibile dell’attivita’ lavorativa presso
l’utilizzatore, devono essere comunicate per iscritto al prestatore
di lavoro da parte del somministratore all’atto della stipulazione
del contratto di lavoro ovvero all’atto dell’invio presso
l’utilizzatore.
4. In mancanza di forma scritta, con indicazione degli elementi di
cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1, il contratto di
somministrazione e’ nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli
effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Art. 22.
Disciplina dei rapporti di lavoro
1. In caso di somministrazione a tempo indeterminato i rapporti di
lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla
disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e
alle leggi speciali.
2. In caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di
lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro e’ soggetto alla
disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle
disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e 4. Il termine
inizialmente posto al contratto di lavoro puo’ in ogni caso essere
prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei
casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal
somministratore.
3. Nel caso in cui il prestatore di lavoro sia assunto con
contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo e’ stabilita
la misura della indennita’ mensile di disponibilita’, divisibile in
quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i
periodi nei quali il lavoratore stesso rimane in attesa di
assegnazione. La misura di tale indennita’ e’ stabilita dal contratto
collettivo applicabile al somministratore e comunque non e’ inferiore
alla misura prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. La predetta misura
e’ proporzionalmente ridotta in caso di assegnazione ad attivita’
lavorativa a tempo parziale anche presso il somministratore.
L’indennita’ di disponibilita’ e’ esclusa dal computo di ogni
istituto di legge o di contratto collettivo.
4. Le disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 23 luglio
1991, n. 223, non trovano applicazione anche nel caso di fine dei
lavori connessi alla somministrazione a tempo indeterminato. In
questo caso trovano applicazione l’articolo 3 della legge 15 luglio
1966, n. 604, e le tutele del lavoratore di cui all’articolo 12.
5. In caso di contratto di somministrazione, il prestatore di
lavoro non e’ computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini della
applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta
eccezione per quelle relative alla materia dell’igiene e della
sicurezza sul lavoro.
6. La disciplina in materia di assunzioni obbligatorie e la riserva
di cui all’articolo 4-bis, comma 3, del decreto legislativo n. 181
del 2000, non si applicano in caso di somministrazione.

Note all’art. 22:
– Il testo del citato decreto legislativo n. 368 del
2001 e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre 2001,
n. 235.
– Per il testo dell’art. 4 della citata legge n. 223
del 1991, si veda la nota all’art. 20.
– Il testo dell’art. 3 della legge 15 luglio 1966, n.
604 (Norme sui licenziamenti individuali), e’ il seguente:
«Art. 3. – Il licenziamento per giustificato motivo con
preavviso e’ determinato da un notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da
ragioni inerenti all’attivita’ produttiva,
all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento
di essa.».
– Il testo dell’art. 4-bis, comma 3, del citato decreto
legislativo n. 181 del 2000, e’ il seguente:
«3. Fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2, le
regioni possono prevedere che una quota delle assunzioni
effettuate dai datori di lavoro privati e dagli enti
pubblici economici sia riservata a particolari categorie di
lavoratori a rischio di esclusione sociale.».
Art. 23.
Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere disciplinare e
regime della solidarieta’
1. I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a un
trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a
quello dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parita’ di
mansioni svolte. Restano in ogni caso salve le clausole dei contratti
collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 1,
comma 3, della legge 24 giugno 1997, n. 196.
2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con
riferimento ai contratti di somministrazione conclusi da soggetti
privati autorizzati nell’ambito di specifici programmi di formazione,
inserimento e riqualificazione professionale erogati, a favore dei
lavoratori svantaggiati, in concorso con Regioni, Province ed enti
locali ai sensi e nei limiti di cui all’articolo 13.
3. L’utilizzatore e’ obbligato in solido con il somministratore a
corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi
previdenziali.
4. I contratti collettivi applicati dall’utilizzatore stabiliscono
modalita’ e criteri per la determinazione e corresponsione delle
erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella
realizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati
all’andamento economico dell’impresa. I lavoratori dipendenti dal
somministratore hanno altresi’ diritto a fruire di tutti i servizi
sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell’utilizzatore
addetti alla stessa unita’ produttiva, esclusi quelli il cui
godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o societa’
cooperative o al conseguimento di una determinata anzianita’ di
servizio.
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la
sicurezza e la salute connessi alle attivita’ produttive in generale
e li forma e addestra all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie
allo svolgimento della attivita’ lavorativa per la quale essi vengono
assunti in conformita’ alle disposizioni recate dal decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed
integrazioni. Il contratto di somministrazione puo’ prevedere che
tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore; in tale caso ne va
fatta indicazione nel contratto con il lavoratore. Nel caso in cui le
mansioni cui e’ adibito il prestatore di lavoro richiedano una
sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici,
l’utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto
previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni ed integrazioni. L’utilizzatore osserva
altresi’, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi
di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed e’
responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza
individuati dalla legge e dai contratti collettivi.
6. Nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o
comunque a mansioni non equivalenti a quelle dedotte in contratto,
l’utilizzatore deve darne immediata comunicazione scritta al
somministratore consegnandone copia al lavoratore medesimo. Ove non
abbia adempiuto all’obbligo di informazione, l’utilizzatore risponde
in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al
lavoratore occupato in mansioni superiori e per l’eventuale
risarcimento del danno derivante dalla assegnazione a mansioni
inferiori.
7. Ai fini dell’esercizio del potere disciplinare, che e’ riservato
al somministratore, l’utilizzatore comunica al somministratore gli
elementi che formeranno oggetto della contestazione ai sensi
dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
8. In caso di somministrazione di lavoro a tempo determinato e’
nulla ogni clausola diretta a limitare, anche indirettamente, la
facolta’ dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del
contratto di somministrazione.
9. La disposizione di cui al comma 8 non trova applicazione nel
caso in cui al lavoratore sia corrisposta una adeguata indennita’,
secondo quanto stabilito dal contratto collettivo applicabile al
somministratore.

Note all’art. 23:
– Il testo dell’art. 1, comma 3, della citata legge n.
196 del 1997 e’ il seguente:
«3. Nei settori dell’agricoltura, privilegiando le
attivita’ rivolte allo sviluppo dell’agricoltura biologica,
e dell’edilizia i contratti di fornitura di lavoro
temporaneo potranno essere introdotti in via sperimentale
previa intesa tra le organizzazioni sindacali dei
lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale circa le aree e le
modalita’ della sperimentazione. La predetta limitazione
non trova applicazione con riferimento ai lavoratori
appartenenti alla categoria degli impiegati.».
– Il citato decreto legislativo n. 626 del 1994 e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1994, n.
265, supplemento ordinario.
– Il testo dell’art. 7 della citata legge n. 300 del
1970 e’ il seguente:
«Art. 7 (Sanzioni disciplinari). – Le norme
disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in
relazione alle quali ciascuna di esse puo’ essere applicata
ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono
essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante
affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono
applicare quanto in materia e’ stabilito da accordi e
contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non puo’ adottare alcun
provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore
senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza
averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore potra’ farsi assistere da un
rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o
conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio
1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni
disciplinari che comportino mutamenti definitivi del
rapporto di lavoro; inoltre la multa non puo’ essere
disposta per un importo superiore a quattro ore della
retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla
retribuzione per piu’ di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari piu’ gravi
del rimprovero verbale non possono essere applicati prima
che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per
iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti
collettivi di lavoro e ferma restando la facolta’ di adire
l’autorita’ giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata
applicata una sanzione disciplinare puo’ promuovere, nei
venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione
alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la
costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e
della massima occupazione, di un collegio di conciliazione
ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna
delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo
o, in difetto di accordo, nominato dal direttore
dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci
giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a
nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di
cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha
effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorita’
giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino
alla definizione del giudizio.
Non puo’ tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni
disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.».
Art. 24.
Diritti sindacali e garanzie collettive
1. Ferme restando le disposizioni specifiche per il lavoro in
cooperativa, ai lavoratori delle societa’ o imprese di
somministrazione e degli appaltatori si applicano i diritti sindacali
previsti dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni.
2. Il prestatore di lavoro ha diritto a esercitare presso
l’utilizzatore, per tutta la durata della somministrazione, i diritti
di liberta’ e di attivita’ sindacale nonche’ a partecipare alle
assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.
2. Ai prestatori di lavoro che dipendono da uno stesso
somministratore e che operano presso diversi utilizzatori compete uno
specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente e con le
modalita’ specifiche determinate dalla contrattazione collettiva.
4. L’utilizzatore comunica alla rappresentanza sindacale unitaria,
ovvero alle rappresentanze aziendali e, in mancanza, alle
associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni
dei lavoratori comparativamente piu’ rappresentative sul piano
nazionale:
a) il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione di
lavoro prima della stipula del contratto di somministrazione; ove
ricorrano motivate ragioni di urgenza e necessita’ di stipulare il
contratto, l’utilizzatore fornisce le predette comunicazioni entro i
cinque giorni successivi;
b) ogni dodici mesi, anche per il tramite della associazione dei
datori di lavoro alla quale aderisce o conferisce mandato, il numero
e i motivi dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi, la
durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori
interessati.

Nota all’art. 24:
– Per il testo della citata legge n. 300 del 1970 si
veda nota all’art. l.
Art. 25.
Norme previdenziali
1. Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed
assistenziali, previsti dalle vigenti disposizioni legislative, sono
a carico del somministratore che, ai sensi e per gli effetti di cui
all’articolo 49 della legge 9 marzo 1989, n. 88, e’ inquadrato nel
settore terziario. Sulla indennita’ di disponibilita’ di cui
all’articolo 22, comma 3, i contributi sono versati per il loro
effettivo ammontare, anche in deroga alla vigente normativa in
materia di minimale contributivo.
2. Il somministratore non e’ tenuto al versamento della aliquota
contributiva di cui all’articolo 25, comma 4, della legge 21 dicembre
1978, n. 845.
3. Gli obblighi per l’assicurazione contro gli infortuni e le
malattie professionali previsti dal decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, sono
determinati in relazione al tipo e al rischio delle lavorazioni
svolte. I premi e i contributi sono determinati in relazione al tasso
medio, o medio ponderato, stabilito per la attivita’ svolta
dall’impresa utilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le
lavorazioni svolte dai lavoratori temporanei, ovvero sono determinati
in base al tasso medio, o medio ponderato, della voce di tariffa
corrispondente alla lavorazione effettivamente prestata dal
lavoratore temporaneo, ove presso l’impresa utilizzatrice la stessa
non sia gia’ assicurata.
4. Nel settore agricolo e in caso di somministrazione di lavoratori
domestici trovano applicazione i criteri erogativi, gli oneri
previdenziali e assistenziali previsti dai relativi settori.

Note all’art. 25:
– Il testo dell’art. 49 della legge 9 marzo 1989, n, 88
(Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza
sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro), e’ il seguente:
«Art. 49 (Classificazione dei datori di lavoro ai fini
previdenziali ed assistenziali). – 1. La classificazione
dei datori di lavoro disposta dall’Istituto ha effetto a
tutti i fini previdenziali ed assistenziali ed e’ stabilita
sulla base dei seguenti criteri:
a) settore industria, per le attivita’:
manifatturiere, estrattive, impiantistiche; di produzione e
distribuzione dell’energia, gas ed acqua; dell’edilizia;
dei trasporti e comunicazioni; delle lavanderie
industriali; della pesca; dello spettacolo; nonche’ per le
relative attivita’ ausiliarie;
b) settore artigianato, per le attivita’ di cui alla
legge 8 agosto 1985, n. 443;
c) settore agricoltura, per le attivita’ di cui
all’art. 2135 del codice civile ed all’art. 1 della legge
20 novembre 1986, n. 778;
d) settore terziario, per le attivita’: commerciali,
ivi comprese quelle turistiche; di produzione,
intermediazione e prestazione dei servizi anche finanziari;
per le attivita’ professionali ed artistiche; nonche’ per
le relative attivita’ ausiliarie;
e) credito, assicurazione e tributi, per le
attivita’: bancarie e di credito; assicurative;
esattoriale, relativamente ai servizi tributari appaltati.
2. I datori di lavoro che svolgono attivita’ non
rientranti fra quelle di cui al comma 1 sono inquadrati nel
settore «attivita’ varie»; qualora non abbiano finalita’ di
lucro sono esonerati, a domanda, dalla contribuzione alla
Cassa unica assegni familiari, a condizione che assicurino
ai propri dipendenti trattamenti di famiglia non inferiori
a quelli previsti dalla legge.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale sara’ stabilito a quale dei settori
indicati nel precedente comma si debbano aggregare, agli
effetti previdenziali ed assistenziali, i datori di lavoro
che svolgono attivita’ plurime rientranti in settori
diversi. Restano comunque validi gli inquadramenti gia’ in
atto nei settori dell’industria, del commercio e
dell’agricoltura o derivanti da leggi speciali o
conseguenti a decreti emanati ai sensi dell’art. 34 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n.
797.».
– Il testo dell’art. 25, comma 4, della legge
21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di
formazione professionale), e’ il seguente:
«Art. 25 (Istituzione di un Fondo di rotazione). – Con
la stessa decorrenza l’aliquota del contributo integrativo
dovuto per l’assicurazione obbligatoria contro la
disoccupazione involontaria ai sensi dell’art. 12 della
legge 3 giugno 1975, n. 160, e’ aumentata in misura pari
allo 0,30 per cento delle retribuzioni soggette all’obbligo
contributivo.».
– Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per
l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali) e’ pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 13 ottobre
1965, n. 257.
Art. 26.
Responsabilita’ civile
1. Nel caso di somministrazione di lavoro l’utilizzatore risponde
nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal prestatore di
lavoro nell’esercizio delle sue mansioni.
Art. 27.
Somministrazione irregolare
1. Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei
limiti e delle condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1,
lettere a), b), c), d) ed e), il lavoratore puo’ chiedere, mediante
ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura
civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la
prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze
di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 tutti i pagamenti effettuati dal
somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione
previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha
effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente
fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti
compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del
rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha
avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha
effettivamente utilizzato la prestazione.
3. Ai fini della valutazione delle ragioni di cui all’articolo 20,
commi 3 e 4, che consentono la somministrazione di lavoro il
controllo giudiziale e’ limitato esclusivamente, in conformita’ ai
principi generali dell’ordinamento, all’accertamento della esistenza
delle ragioni che la giustificano e non puo’ essere esteso fino al
punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano all’utilizzatore.

Note all’art. 27:
– Il testo dell’art. 414 del codice di procedura civile
e’ il seguente:
«Art. 414 (Forma della domanda). – La domanda si
propone con ricorso, il quale deve contenere:
1) l’indicazione del giudice;
2) il nome, il cognome, nonche’ la residenza o il
domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede
il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il
domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o
convenuto e’ una persona giuridica, un’associazione non
riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la
denominazione o ditta nonche’ la sede del ricorrente o del
convenuto;
3) la determinazione dell’oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di
diritto sui quali si fonda la domanda con le relative
conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova di cui
il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei
documenti che si offrono in comunicazione.».
Art. 28.
Somministrazione fraudolenta
1. Ferme restando le sanzioni di cui all’articolo 18, quando la
somministrazione di lavoro e’ posta in essere con la specifica
finalita’ di eludere norme inderogabili di legge o di contratto
collettivo applicato al lavoratore, somministratore e utilizzatore
sono puniti con una ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore
coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.

Capo II
Appalto e distacco
Art. 29.
Appalto
1. Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente
titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi
dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla
somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari
da parte dell’appaltatore, che puo’ anche risultare, in relazione
alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto,
dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei
lavoratori utilizzati nell’appalto, nonche’ per la assunzione, da
parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.
2. In caso di appalto di servizi il committente imprenditore o
datore di lavoro e’ obbligato in solido con l’appaltatore, entro il
limite di un anno dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai
lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali
dovuti.
3. L’acquisizione del personale gia’ impiegato nell’appalto a
seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di
contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto
d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte
d’azienda.

Nota all’art. 29:
– Il testo dell’art. 1655 del codice civile e’ il
seguente:
«Art. 1655 (Nozione). – L’appalto e’ il contratto col
quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento
di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in
danaro.».
Art. 30.
Distacco
1. L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro,
per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o piu’
lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una
determinata attivita’ lavorativa.
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del
trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire
con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un
trasferimento a una unita’ produttiva sita a piu’ di 50 km da quella
in cui il lavoratore e’ adibito, il distacco puo’ avvenire soltanto
per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o
sostitutive.
4. Resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 8, comma 3, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

Nota all’art. 30:
– Il testo dell’art. 8, comma 3, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, (Interventi urgenti a
sostegno dell’occupazione), e’ il seguente:
«3. Gli accordi sindacali, al fine di evitare le
riduzioni di personale, possono regolare il comando o il
distacco di uno o piu’ lavoratori dall’impresa ad altra per
una durata temporanea.».

Titolo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GRUPPI DI IMPRESA E TRASFERIMENTOD’AZIENDA
Art. 31.
Gruppi di impresa
1. I gruppi di impresa, individuati ai sensi dell’articolo 2359 del
codice civile e del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74, possono
delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui all’articolo 1 della
legge 11 gennaio 1979, n. 12, alla societa’ capogruppo per tutte le
societa’ controllate e collegate.
2. I consorzi, ivi compresi quelli costituiti in forma di societa’
cooperativa di cui all’articolo 27 del decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, possono svolgere
gli adempimenti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n.
12, per conto dei soggetti consorziati o delegarne l’esecuzione a una
societa’ consorziata.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non rilevano ai fini della
individuazione del soggetto titolare delle obbligazioni contrattuali
e legislative in capo alle singole societa’ datrici di lavoro.

Note all’art. 31:
– Il testo dell’art. 2359 del codice civile e’ il
seguente:
(Testo in vigore dal 1° gennaio 2004).
«Art. 2359 (Societa’ controllate e societa’ collegate).
– Sono considerate societa’ controllate:
1) le societa’ in cui un’altra societa’ dispone della
maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le societa’ in cui un’altra societa’ dispone di
voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria;
3) le societa’ che sono sotto influenza dominante di
un’altra societa’ in virtu’ di particolari vincoli
contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo
comma si computano anche i voti spettanti a societa’
controllate, a societa’ fiduciarie e a persona interposta:
non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le societa’ sulle quali
un’altra societa’ esercita un’influenza notevole.
L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria puo’
essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un
decimo se la societa’ ha azioni quotate in borsa.».
(Testo in vigore fino al 31 dicembre 2003).
«Art. 2359 (Societa’ controllate e societa’ collegate).
– Sono considerate societa’ controllate:
1) le societa’ in cui un’altra societa’ dispone della
maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le societa’ in cui un’altra societa’ dispone di
voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
nell’assemblea ordinaria;
3) le societa’ che sono sotto influenza dominante di
un’altra societa’ in virtu’ di particolari vincoli
contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo
comma si computano anche i voti spettanti a societa’
controllate, a societa’ fiduciarie e a persona interposta;
non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le societa’ sulle quali
un’altra societa’ esercita un’influenza notevole.
L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria puo’
essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un
decimo se la societa’ ha azioni quotate in borsa.».
– Il testo del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74
(Attuazione della direttiva del Consiglio del 22 settembre
1994, 94/45/CE, relativa all’istituzione di un comitato
aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e
la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi
di imprese di dimensioni comunitarie), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 24 aprile 2002, n. 96.
– Il testo dell’art. 1 della legge 11 gennaio 1979, n.
12 (Norme per l’ordinamento della professione di consulente
del lavoro), e’ il seguente:
«Art. 1 (Esercizio della professione di consulente del
lavoro). – Tutti gli adempimenti in materia di lavoro,
previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti,
quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente
od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti
se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei
consulenti del lavoro a norma dell’art. 9 della presente
legge salvo il disposto del successivo art. 40, nonche’ da
coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e
procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei
ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono
tenuti a darne comunicazione agli ispettorati del lavoro
delle province nel cui ambito territoriale intendono
svolgere gli adempimenti di cui sopra.
I dipendenti del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale che abbiano prestato servizio, almeno
per 15 anni, con mansioni di ispettori del lavoro presso
gli ispettorati del lavoro, sono esonerati dagli esami per
l’iscrizione all’albo dei consulenti del lavoro e dal
tirocinio per esercitare tale attivita’. Il personale di
cui al presente comma non potra’ essere iscritto all’albo
della provincia dove ha prestato servizio se non dopo 4
anni dalla cessazione del servizio stesso.
Il titolo di consulente del lavoro spetta alle persone
che, munite dell’apposita abilitazione professionale, sono
iscritte nell’albo di cui all’art. 8 della presente legge.
Le imprese considerate artigiane ai sensi della legge
25 luglio 1956, n. 860, nonche’ le altre piccole imprese,
anche in forma cooperativa, possono affidare l’esecuzione
degli adempimenti di cui al primo comma a servizi o a
centri di assistenza fiscale istituiti dalle rispettive
associazioni di categoria. Tali servizi possono essere
organizzati a mezzo dei consulenti del lavoro, anche se
dipendenti dalle predette associazioni.
Per lo svolgimento delle operazioni di calcolo e stampa
relative agli adempimenti di cui al primo comma, nonche’
per l’esecuzione delle attivita’ strumentali ed accessorie,
le imprese di cui al quarto comma possono avvalersi anche
di centri di elaborazione dati costituiti e composti
esclusivamente da soggetti iscritti agli albi di cui alla
presente legge con versamento, da parte degli stessi, della
contribuzione integrativa alle casse di previdenza sul
volume di affari ai fini IVA, ovvero costituiti o promossi
dalle rispettive associazioni di categoria alle condizioni
definite al citato quarto comma. I criteri di attuazione
della presente disposizione sono stabiliti dal Ministero
del lavoro e della previdenza sociale sentiti i
rappresentanti delle associazioni di categoria e degli
ordini e collegi professionali interessati. Le imprese con
oltre 250 addetti che non si avvalgono, per le operazioni
suddette, di proprie strutture interne possono demandarle a
centri di elaborazione dati, di diretta costituzione od
esterni, i quali devono essere in ogni caso assistiti da
uno o piu’ soggetti di cui al primo comma.
Presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale e’ istituito un comitato di monitoraggio, composto
dalle associazioni di categoria, dai rappresentanti degli
ordini e collegi di cui alla presente legge e delle
organizzazioni sindacali comparativamente piu’
rappresentative a livello nazionale, allo scopo di
esaminare i problemi connessi all’evoluzione professionale
ed occupazionale del settore».
– Il testo dell’art. 27 del decreto legislativo del
Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577
(Provvedimenti per la cooperazione), e’ il seguente:
«Art. 27. – Le societa’ cooperative legalmente
costituite, comprese quelle tra pescatori lavoratori, che,
mediante la costituzione di una struttura organizzativa
comune, si propongono, per facilitare i loro scopi
mutualistici, l’esercizio in comune di attivita’
economiche, possono costituirsi in consorzio come societa’
cooperative, ai sensi degli articoli 2511 e seguenti del
codice civile.
Per procedere a tale costituzione e’ necessario:
a) un numero di societa’ cooperative legalmente
costituite non inferiore a tre;
b) la sottoscrizione di un capitale di almeno
1.000.000 di lire di cui sia versato almeno la meta’.
Le quote di partecipazione delle consorziate possono
essere rappresentate da azioni il cui valore nominale non
puo’ essere inferiore a lire 50.000, ne’ superiore a lire l
.000.000 ciascuna.
I consorzi fra cooperative di pescatori possono essere
costituiti da un numero di societa’ cooperative non
inferiore a tre. Il limite di capitale indicato nel secondo
comma e’ ridotto a lire 500.000, di cui sia versata almeno
la meta’.».
Art. 32.
Modifica all’articolo 2112 comma quinto, del Codice civile
1. Fermi restando i diritti dei prestatori di lavoro in caso di
trasferimento d’azienda di cui alla normativa di recepimento delle
direttive europee in materia, il comma quinto dell’articolo 2112 del
codice civile e’ sostituito dal seguente: «Ai fini e per gli effetti
di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda
qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o
fusione, comporti il mutamento nella titolarita’ di un’attivita’
economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al
trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identita’ a
prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base
del quale il trasferimento e’ attuato ivi compresi l’usufrutto o
l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si
applicano altresi’ al trasferimento di parte dell’azienda, intesa
come articolazione funzionalmente autonoma di un’attivita’ economica
organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al
momento del suo trasferimento».
2. All’articolo 2112 del codice civile e’ aggiunto, in fine, il
seguente comma: «Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente
un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo
d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un
regime di solidarieta’ di cui all’articolo 1676».

Note all’art. 32:
– Il testo dell’art. 2112 del codice civile, come
modificato dal decreto qui pubblicato e’ il seguente:
«Art. 2112 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in
caso di trasferimento d’azienda). – In caso di
trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con
il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti
che ne derivano.
Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido,
per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del
trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e
411 del codice di procedura civile il lavoratore puo’
consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni
derivanti dal rapporto di lavoro.
Il cessionario e’ tenuto ad applicare i trattamenti
economici e normativi previsti dai contratti collettivi
nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del
trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano
sostituiti da altri contratti collettivi applicabili
all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si
produce esclusivamente fra contratti collettivi del
medesimo livello.
Ferma restando la facolta’ di esercitare il recesso ai
sensi della normativa in materia di licenziamenti, il
trasferimento d’azienda non costituisce di per se’ motivo
di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di
lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi
successivi al trasferimento d’azienda, puo’ rassegnare le
proprie dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119,
primo comma.
Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo
si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione
che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti
il mutamento nella titolarita’ di un’attivita’ economica
organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al
trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria
identita’ a prescindere dalla tipologia negoziale o dal
provvedimento sulla base del quale il trasferimento e’
attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le
disposizioni del presente articolo si applicano altresi’ al
trasferimento di parte dell’azienda, intesa come
articolazione funzionalmente autonoma di un’attivita’
economica organizzata, identificata come tale dal cedente e
dal cessionario al momento del suo trasferimento.
Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un
contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando
il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e
appaltatore opera un regime di solidarieta’ di cui all’art.
1676.».
– Il testo dell’art. 1676 del codice civile, e’ il
seguente:
«Art. 1676 (Diritti degli ausiliari dell’appaltatore
verso il committente). – Coloro che, alle dipendenze
dell’appaltatore, hanno dato la loro attivita’ per eseguire
l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione
diretta contro il committente per conseguire quanto e’ loro
dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente
ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la
domanda.».

Titolo V
TIPOLOGIE CONTRATTUALI A ORARIO RIDOTTO, MODULATO O FLESSIBILECapo ILavoro intermittente
Art. 33.
Definizione e tipologie
1. Il contratto di lavoro intermittente e’ il contratto mediante il
quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che
ne puo’ utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui
all’articolo 34.
2. Il contratto di lavoro intermittente puo’ essere stipulato anche
a tempo determinato.
Art. 34.
Casi di ricorso al lavoro intermittente
1. Il contratto di lavoro intermittente puo’ essere concluso per lo
svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente
secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale o territoriale o, in via
provvisoriamente sostitutiva, dal Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, con apposito decreto da adottarsi trascorsi sei
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto
legislativo.
2. In via sperimentale il contratto di lavoro intermittente puo’
essere altresi’ concluso anche per prestazioni rese da soggetti in
stato di disoccupazione con meno di 25 anni di eta’ ovvero da
lavoratori con piu’ di 45 anni di eta’ che siano stati espulsi dal
ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilita’ e di
collocamento.
3. E’ vietato il ricorso al lavoro intermittente:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di
sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso
unita’ produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24
della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori
adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro
intermittente ovvero presso unita’ produttive nelle quali sia
operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario,
con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino
lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di
lavoro intermittente;
c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la
valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.

Nota all’art. 34:
– Il testo degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio
1991, n. 223 (Note in materia di cassa integrazione,
mobilita’, trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive della Comunita’ europea, avviamento al lavoro ed
altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), e’
riportato nelle note all’art. 20.
– Per il testo dell’art. 4 del citato decreto
legislativo n. 626 del 1994 si veda nota all’art. 20.
Art. 35.
Forma e comunicazioni
1. Il contratto di lavoro intermittente e’ stipulato in forma
scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:
a) indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o
soggettive, previste dall’articolo 34 che consentono la stipulazione
del contratto;
b) luogo e la modalita’ della disponibilita’, eventualmente
garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del
lavoratore che in ogni caso non puo’ essere inferiore a un giorno
lavorativo;
c) il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore
per la prestazione eseguita e la relativa indennita’ di
disponibilita’, ove prevista, nei limiti di cui al successivo
articolo 36;
d) indicazione delle forme e modalita’, con cui il datore di
lavoro e’ legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di
lavoro, nonche’ delle modalita’ di rilevazione della prestazione;
e) i tempi e le modalita’ di pagamento della retribuzione e della
indennita’ di disponibilita’;
f) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in
relazione al tipo di attivita’ dedotta in contratto.
2. Nell’indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono
recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove
previste.
3. Fatte salve previsioni piu’ favorevoli dei contratti collettivi,
il datore di lavoro e’ altresi’ tenuto a informare con cadenza
annuale le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti,
sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.
Art. 36.
Indennita’ di disponibilita’
1. Nel contratto di lavoro intermittente e’ stabilita la misura
della indennita’ mensile di disponibilita’, divisibile in quote
orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali il
lavoratore stesso garantisce la disponibilita’ al datore di lavoro in
attesa di utilizzazione. La misura di detta indennita’ e’ stabilita
dai contratti collettivi e comunque non e’ inferiore alla misura
prevista, ovvero aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale.
2. Sulla indennita’ di disponibilita’ di cui al comma 1
i contributi sono versati per il loro effettivo ammontare, anche in
deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo.
3. L’indennita’ di disponibilita’ e’ esclusa dal computo di ogni
istituto di legge o di contratto collettivo.
4. In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente
impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore e’ tenuto a
informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata
dell’impedimento. Nel periodo di temporanea indisponibilita’ non
matura il diritto alla indennita’ di disponibilita’.
5. Ove il lavoratore non provveda all’adempimento di cui al comma
che precede, perde il diritto alla indennita’ di disponibilita’ per
un periodo di quindici giorni, salva diversa previsione del contratto
individuale.
6. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano soltanto
nei casi in cui il lavoratore si obbliga contrattualmente a
rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In tal caso, il
rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata puo’ comportare la
risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennita’
di disponibilita’ riferita al periodo successivo all’ingiustificato
rifiuto, nonche’ un congruo risarcimento del danno nella misura
fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di
lavoro.
7. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e’
stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimento
alla quale i lavoratori assunti ai sensi dell’articolo 33 possono
versare la differenza contributiva per i periodi in cui abbiano
percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella convenzionale
ovvero abbiano usufruito della indennita’ di disponibilita’ fino a
concorrenza della medesima misura.
Art. 37.
Lavoro intermittente per periodi predeterminati nell’arco della
settimana, del mese o dell’anno
1. Nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il
fine settimana, nonche’ nei periodi delle ferie estive o delle
vacanze natalizie e pasquali l’indennita’ di disponibilita’ di cui
all’articolo 36 e’ corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso
di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro.
2. Ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai
contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano
nazionale o territoriale.
Art. 38.
Principio di non discriminazione
1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta
previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore intermittente non
deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e
normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di
pari livello, a parita’ di mansioni svolte.
2. Il trattamento economico, normativo e previdenziale del
lavoratore intermittente e’ riproporzionato, in ragione della
prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per
quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole
componenti di essa, nonche’ delle ferie e dei trattamenti per
malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternita’,
congedi parentali.
3. Per tutto il periodo durante il quale il lavoratore resta
disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro non e’
titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati ne’
matura alcun trattamento economico e normativo, salvo l’indennita’ di
disponibilita’ di cui all’articolo 36.
Art. 39.
Computo del lavoratore intermittente
1. Il prestatore di lavoro intermittente e’ computato nell’organico
dell’impresa, ai fini della applicazione di normative di legge, in
proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di
ciascun semestre.
Art. 40.
Sostegno e valorizzazione della autonomia collettiva
1. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, non sia intervenuta, ai sensi
dell’articolo 34, comma 1, e dell’articolo 37, comma 2, la
determinazione da parte del contratto collettivo nazionale dei casi
di ricorso al lavoro intermittente, il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali convoca le organizzazioni sindacali interessate dei
datori di lavoro e dei lavoratori e le assiste al fine di promuovere
l’accordo. In caso di mancata stipulazione dell’accordo entro i
quattro mesi successivi, il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali individua in via provvisoria e con proprio decreto, tenuto
conto delle indicazioni contenute nell’eventuale accordo
interconfederale di cui all’articolo 86, comma 13, e delle prevalenti
posizioni espresse da ciascuna delle due parti interessate, i casi in
cui e’ ammissibile il ricorso al lavoro intermittente ai sensi della
disposizione di cui all’articolo 34, comma 1, e dell’articolo 37,
comma 2.

Capo II
Lavoro ripartito
Art. 41.
Definizione e vincolo di solidarieta’
1. Il contratto di lavoro ripartito e’ uno speciale contratto di
lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido
l’adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa.
2. Fermo restando il vincolo di solidarieta’ di cui al comma 1 e
fatta salva una diversa intesa tra le parti contraenti, ogni
lavoratore resta personalmente e direttamente responsabile
dell’adempimento della intera obbligazione lavorativa nei limiti di
cui al presente capo.
3. Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni
dei contratti o accordi collettivi, i lavoratori hanno la facolta’ di
determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra
di loro, nonche’ di modificare consensualmente la collocazione
temporale dell’orario di lavoro, nel qual caso il rischio della
impossibilita’ della prestazione per fatti attinenti a uno dei
coobbligati e’ posta in capo all’altro obbligato.
4. Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di
impossibilita’ di uno o entrambi i lavoratori coobbligati, sono
vietate e possono essere ammesse solo previo consenso del datore di
lavoro.
5. Salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il
licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano
l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale. Tale disposizione non
trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro, l’altro
prestatore di lavoro si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione
lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto
di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro
subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile.
6. Salvo diversa intesa tra le parti, l’impedimento di entrambi i
lavoratori coobbligati e’ disciplinato ai sensi dell’articolo 1256
del codice civile.

Note all’art. 41:
– Il testo dell’art. 2094 del codice civile, e’ il
seguente:
«Art. 2094 (Prestatore di lavoro subordinato). – E’
prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il
proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e
sotto la direzione dell’imprenditore.».
– Il testo dell’art. 1256 del codice civile e’ il
seguente:
«Art. 1256 (Impossibilita’ definitiva e impossibilita’
temporanea). – L’obbligazione si estingue quando, per una
causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa
impossibile.
Se l’impossibilita’ e’ solo temporanea, il debitore,
finche’ essa perdura, non e’ responsabile del ritardo
nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se
l’impossibilita’ perdura fino a quando, in relazione al
titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto il
debitore non puo’ piu’ essere ritenuto obbligato a eseguire
la prestazione ovvero il creditore non ha piu’ interesse a
conseguirla».
Art. 42.
Forma e comunicazioni
1. Il contratto di lavoro ripartito e’ stipulato in forma scritta
ai fini della prova dei seguenti elementi:
a) la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro
giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga
svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati, secondo le intese tra
loro intercorse, ferma restando la possibilita’ per gli stessi
lavoratori di determinare discrezionalmente, in qualsiasi momento, la
sostituzione tra di loro ovvero la modificazione consensuale della
distribuzione dell’orario di lavoro;
b) il luogo di lavoro, nonche’ il trattamento economico e
normativo spettante a ciascun lavoratore;
c) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in
relazione al tipo di attivita’ dedotta in contratto.
2. Ai fini della possibilita’ di certificare le assenze, i
lavoratori sono tenuti a informare preventivamente il datore di
lavoro, con cadenza almeno settimanale, in merito all’orario di
lavoro di ciascuno dei soggetti coobbligati.
Art. 43.
Disciplina applicabile
1. La regolamentazione del lavoro ripartito e’ demandata alla
contrattazione collettiva nel rispetto delle previsioni contenute nel
presente capo.
2. In assenza di contratti collettivi, e fatto salvo quanto
stabilito nel presente capo, trova applicazione, nel caso di
prestazioni rese a favore di un datore di lavoro, la normativa
generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la
particolare natura del rapporto di lavoro ripartito.
Art. 44.
Principio di non discriminazione
1. Fermi restando i divieti di discriminazione diretta e indiretta
previsti dalla legislazione vigente, il lavoratore coobbligato deve
ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e
normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di
pari livello, a parita’ di mansioni svolte.
2. Il trattamento economico e normativo dei lavoratori coobbligati
e’ riproporzionato, in ragione della prestazione lavorativa
effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo
della retribuzione globale e delle singole componenti di essa,
nonche’ delle ferie e dei trattamenti per malattia, infortunio sul
lavoro, malattia professionale, congedi parentali.
3. Ciascuno dei lavoratori coobbligati ha diritto di partecipare
alle riunioni assembleari di cui all’articolo 20, legge 20 maggio
1970, n. 300, entro il previsto limite complessivo di dieci ore
annue, il cui trattamento economico verra’ ripartito fra i
coobbligati proporzionalmente alla prestazione lavorativa
effettivamente eseguita.

Nota all’art. 44:
– Il testo dell’art. 20 della citata legge n. 300 del
1970, e’ il seguente:
«Art. 20 (Assemblea). – I lavoratori hanno diritto di
riunirsi, nella unita’ produttiva in cui prestano la loro
opera, fuori dell’orario di lavoro, nonche’ durante
l’orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le
quali verra’ corrisposta la normale retribuzione. Migliori
condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione
collettiva.
Le riunioni – che possono riguardare la generalita’ dei
lavoratori o gruppi di essi – sono indette, singolarmente o
congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali
nell’unita’ produttiva, con ordine del giorno su materie di
interesse sindacale e del lavoro e secondo l’ordine di
precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di
lavoro.
Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al
datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha
costituito la rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalita’ per l’esercizio del diritto di
assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi
di lavoro, anche aziendali.».
Art. 45.
Disposizioni previdenziali
1. Ai fini delle prestazioni della assicurazione generale e
obbligatoria per la invalidita’, la vecchiaia ed i superstiti, della
indennita’ di malattia e di ogni altra prestazione previdenziale e
assistenziale e delle relative contribuzioni connesse alla durata
giornaliera, settimanale, mensile o annuale della prestazione
lavorativa i lavoratori contitolari del contratto di lavoro ripartito
sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale. Il calcolo delle
prestazioni e dei contributi andra’ tuttavia effettuato non
preventivamente ma mese per mese, salvo conguaglio a fine anno a
seguito dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.

Capo III
Lavoro a tempo parziale
Art. 46.
Norme di modifica al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e
successive modifiche e integrazioni
1. Al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, cosi’ come
modificato dal decreto legislativo 26 febbraio 2001, n. 100, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 2, la lettera a) e’ sostituita dalla
seguente:
«a) per “tempo pieno” l’orario normale di lavoro di cui
all’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n.
66, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti
collettivi applicati;»;
b) all’articolo 1, il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
«3. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi
aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie possono
determinare condizioni e modalita’ della prestazione lavorativa del
rapporto di lavoro di cui al comma 2. I contratti collettivi
nazionali possono, altresi’, prevedere per specifiche figure o
livelli professionali modalita’ particolari di attuazione delle
discipline rimesse alla contrattazione collettiva ai sensi del
presente decreto.»;
c) all’articolo 1, il comma 4 e’ sostituito dal seguente:
«Le assunzioni a termine, di cui al decreto legislativo 9 ottobre
2001, n. 368, e successive modificazioni, di cui all’articolo 8 della
legge 23 luglio 1991, n. 223, e di cui all’articolo 4 del decreto
legislativo 26 marzo 2001, n. 151, possono essere effettuate anche
con rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e 3.»;
d) all’articolo 3, il comma 1 e’ sostituito dal seguente:
«1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale,
anche a tempo determinato ai sensi dell’articolo 1 del decreto
legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, il datore di lavoro ha facolta’
di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a
quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell’articolo 2, comma
2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.»;
e) all’articolo 3, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
«2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati
nell’articolo 1, comma 3, stabiliscono il numero massimo delle ore di
lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione
alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo
parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonche’ le
conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare
consentite dai contratti collettivi stessi.»;
f) all’articolo 3, il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
«3. L’effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede
il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e
regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da parte del
lavoratore non puo’ integrare in nessun caso gli estremi del
giustificato motivo di licenziamento.»;
g) all’articolo 3, il comma 4, ultimo periodo, e’ soppresso;
h) all’articolo 3, il comma 5 e’ sostituito dal seguente:
«5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto,
anche a tempo determinato, e’ consentito lo svolgimento di
prestazioni lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica
la disciplina legale e contrattuale vigente ed eventuali successive
modifiche ed integrazioni in materia di lavoro straordinario nei
rapporti a tempo pieno.»;
i) all’articolo 3, il comma 6 e’ abrogato;
j) all’articolo 3, il comma 7 e’ sostituito dal seguente:
«7. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, le
parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto
di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9, concordare
clausole flessibili relative alla variazione della collocazione
temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo
parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche
clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata
della prestazione lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai
soggetti indicati nell’articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e modalita’ in relazione alle quali il datore di
lavoro puo’ modificare la collocazione temporale della prestazione
lavorativa;
2) condizioni e modalita’ in relazioni alle quali il datore di
lavoro puo’ variare in aumento la durata della prestazione
lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilita’ in aumento della durata della
prestazione lavorativa.»;
k) all’articolo 3, il comma 8 e’ sostituito dal seguente:
«8. L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare
in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonche’ di
modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore
del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le
parti, di almeno due giorni lavorativi, nonche’ il diritto a
specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai
contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 3.»;
l) all’articolo 3, il comma 9 e’ sostituito dal seguente:
«9. La disponibilita’ allo svolgimento del rapporto di lavoro a
tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del
lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche
contestuale al contratto di lavoro, reso, su richiesta del
lavoratore, con l’assistenza di un componente della rappresentanza
sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L’eventuale
rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato
motivo di licenziamento.»;
m) all’articolo 3, il comma 10 e’ sostituito dal seguente:
«10. L’inserzione nel contratto di lavoro a tempo parziale di
clausole flessibili o elastiche ai sensi del comma 7 e’ possibile
anche nelle ipotesi di contratto di lavoro a termine.»;
n) i commi 11, 12, 13 e 15 dell’articolo 3 sono soppressi;
o) l’articolo 5 e’ sostituito dal seguente:
«Art. 5 (Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale). –
1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di
lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio
rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non
costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle
parti risultante da atto scritto, convalidato dalla direzione
provinciale del lavoro competente per territorio, e’ ammessa la
trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante
dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente
decreto legislativo.
2. Il contratto individuale puo’ prevedere, in caso di assunzione
di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei
lavoratori assunti a tempo parziale in attivita’ presso unita’
produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse
mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo
alle quali e’ prevista l’assunzione.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di
lavoro e’ tenuto a darne tempestiva informazione al personale gia’
dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unita’ produttive
site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione
scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell’impresa, ed a
prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a
tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I contratti
collettivi di cui all’articolo 1, comma 3, possono provvedere ad
individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione.
4. Gli incentivi economici all’utilizzo del lavoro a tempo
parziale, anche a tempo determinato, saranno definiti,
compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di
Stato, nell’ambito della riforma del sistema degli incentivi
all’occupazione.»;
p) il comma 2 dell’articolo 6 e’ soppresso;
q) l’articolo 7 e’ soppresso;
r) all’articolo 8, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
«L’eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto
delle indicazioni di cui all’articolo 2, comma 2, non comporta la
nullita’ del contratto di lavoro a tempo parziale. Qualora
l’omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, su
richiesta del lavoratore puo’ essere dichiarata la sussistenza fra le
parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del
relativo accertamento giudiziale. Qualora invece l’omissione riguardi
la sola collocazione temporale dell’orario, il giudice provvede a
determinare le modalita’ temporali di svolgimento della prestazione
lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei
contratti collettivi di cui all’articolo 3, comma 7, o, in mancanza,
con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle
responsabilita’ familiari del lavoratore interessato, della sua
necessita’ di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo
parziale mediante lo svolgimento di altra attivita’ lavorativa,
nonche’ delle esigenze del datore di lavoro. Per il periodo
antecedente la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha
in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta,
alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di
risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa. Nel
corso del successivo svolgimento del rapporto, e’ fatta salva la
possibilita’ di concordare per iscritto clausole elastiche o
flessibili ai sensi dell’articolo 3, comma 3. In luogo del ricorso
all’autorita’ giudiziaria, le controversie di cui al presente comma
ed al comma 1 possono essere, risolte mediante le procedure di
conciliazione ed eventualmente di arbitrato previste dai contratti
collettivi nazionali di lavoro di cui all’articolo 1, comma 3.»;
s) all’articolo 8, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Lo svolgimento di prestazioni elastiche o flessibili di cui
all’articolo 3, comma 7, senza il rispetto di quanto stabilito
dall’articolo 3, commi 7, 8, 9 comporta a favore del prestatore di
lavoro il diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla
corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento
del danno.
2-ter. In assenza di contratti collettivi datore di lavoro e
prestatore di lavoro possono concordare direttamente l’adozione di
clausole elastiche o flessibili ai sensi delle disposizioni che
precedono.»;
t) dopo l’articolo 12 e’ aggiunto, in fine, il seguente:
«Art. 12-bis (Ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a
tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale). – 1. I
lavoratori affetti da patologie oncologiche, per i quali residui una
ridotta capacita’ lavorativa, anche a causa degli effetti invalidanti
di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita
presso l’azienda unita’ sanitaria locale territorialmente competente,
hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo
pieno in lavoro a tempo parziale verticale od orizzontale. Il
rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato
nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del
lavoratore. Restano in ogni caso salve disposizioni piu’ favorevoli
per il prestatore di lavoro.».

Note all’art. 46:
– Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.
61 (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa
all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso
dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2000, n. 66.
– Il testo dell’art. 1 del citato decreto legislativo
n. 61 del 2000, come modificato dal decreto qui pubblicato
e’ il seguente:
«Art. 1 (Definizioni). – 1. Nel rapporto di lavoro
subordinato l’assunzione puo’ avvenire a tempo pieno o a
tempo parziale.
2. Ai fini del presente decreto legislativo si intende:
a) per «tempo pieno» l’orario normale di lavoro di
cui all’art. 3, comma 1, del decreto legislativo 8 aprile
2003, n. 66, o l’eventuale minor orario normale fissato dai
contratti collettivi applicativi;
b) per «tempo parziale» l’orario di lavoro, fissato
dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore,
che risulti comunque inferiore a quello indicato nella
lettera a);
c) per «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo
orizzontale» quello in cui la riduzione di orario rispetto
al tempo pieno e’ prevista in relazione all’orario normale
giornaliero di lavoro;
d) per «rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo
verticale» quello in relazione al quale risulti previsto
che l’attivita’ lavorativa sia svolta a tempo pieno, ma
limitatamente a periodi predeterminati nel corso della
settimana, del mese o dell’anno;
d-bis) per «rapporto di lavoro a tempo parziale di
tipo misto» quello che si svolge secondo una combinazione
delle due modalita’ indicate nelle lettere c) e d);
e) per «lavoro supplementare» quello corrispondente
alle prestazioni lavorative svolte oltre l’orario di lavoro
concordato fra le parti ai sensi dell’art. 2, comma 2, ed
entro il limite del tempo pieno.
3. I contratti collettivi nazionali o territoriali
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro
comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e
i contratti collettivi aziendali stipulati dalle
rappresentanze sindacali aziendali di cui all’art. 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni,
ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie possono
determinare condizioni e modalita’ della prestazione
lavorativa del rapporto di lavoro di cui al comma 2. I
contratti collettivi nazionali possono, altresi’, prevedere
per specifiche figure o livelli professionali modalita’
particolari di attuazione delle discipline rimesse alla
contrattazione collettiva ai sensi del presente decreto.
4. Le assunzioni a termine, di cui al decreto
legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, e successive
modificazioni, di cui all’art. 8 della legge 23 luglio
1991, n. 223, e di cui all’art. 4 del decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151, possono essere effettuate anche con
rapporto a tempo parziale, ai sensi dei commi 2 e 3.».
– Il testo dell’art. 3 del citato decreto legislativo
n. 61 del 2001, come modificato dal decreto qui pubblicato
e’ il seguente:
«Art. 3 (Modalita’ del rapporto di lavoro a tempo
parziale. Lavoro supplementare, lavoro straordinario
clausole elastiche). – 1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo
parziale di tipo orizzontale, anche a tempo determinato ai
sensi dell’art. l del decreto legislativo 9 ottobre 2001,
n. 368, il datore di lavoro ha facolta’ di richiedere lo
svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle
concordate con il lavoratore ai sensi dell’art. 2, comma 2,
nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.
2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti
indicati nell’art. 1, comma 3, stabiliscono il numero
massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le
relative causali in relazione alle quali si consente di
richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento
di lavoro supplementare, nonche’ le conseguenze del
superamento delle ore di lavoro supplementare consentite
dai contratti collettivi stessi.
3. L’effettuazione di prestazioni di lavoro
supplementare richiede il consenso del lavoratore
interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto
collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non puo’
integrare in nessun caso gli estremi del giustificato
motivo di licenziamento.
4. I contratti collettivi di cui al comma 2 possono
prevedere una percentuale di maggiorazione sull’importo
della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in
relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto
previsto in proposito dall’art. 4, comma 2, lettera a), i
contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche
stabilire che l’incidenza della retribuzione delle ore
supplementari sugli istituti retributivi indiretti e
differiti sia determinata convenzionalmente mediante
l’applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla
retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro
supplementare.
5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o
misto, anche a tempo determinato, e’ consentito lo
svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A tali
prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale
vigente ed eventuali successive modifiche ed integrazioni
in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo
pieno.
6. (Comma abrogato).
7. Fermo restando quanto disposto dall’art. 2, comma 2,
le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono,
nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai
commi 8 e 9, concordare clausole flessibili relative alla
variazione della collocazione temporale della prestazione
stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo
verticale o misto possono essere stabilite anche clausole
elastiche relative alla variazione in aumento della durata
della prestazione lavorativa. I contratti collettivi
stipulati dai soggetti indicati nell’art. 1, comma 3,
stabiliscono:
1) condizioni e modalita’ in relazione alle quali il
datore di lavoro puo’ modificare la collocazione temporale
della prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalita’ in relazioni alle quali il
datore di lavoro puo’ variare in aumento la durata della
prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilita’ in aumento della
durata della prestazione lavorativa.
8. L’esercizio da parte del datore di lavoro del potere
di variare in aumento la durata della prestazione
lavorativa, nonche’ di modificare la collocazione temporale
della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un
preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno
due giorni lavorativi, nonche’ il diritto a specifiche
compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai
contratti collettivi di cui all’art. 1, comma 3.
9. La disponibilita’ allo svolgimento del rapporto di
lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il
consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno
specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di
lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l’assistenza
di un componente della rappresentanza sindacale aziendale
indicato dal lavoratore medesimo. L’eventuale rifiuto del
lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo
di licenziamento.
10. L’inserzione nel contratto di lavoro a tempo
parziale di clausole flessibili o elastiche ai sensi del
comma 7 e’ possibile anche nelle ipotesi di contratto di
lavoro a termine.
11. (Comma soppresso).
12. (Comma soppresso).
13. (Comma soppresso).
14. I centri per l’impiego e i soggetti autorizzati
all’attivita’ di mediazione fra domanda ed offerta di
lavoro, di cui rispettivamente agli articoli 4 e 10 del
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, sono tenuti a
dare, ai lavoratori interessati ad offerte di lavoro a
tempo parziale, puntuale informazione della disciplina
prevista dai commi 3, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13,
preventivamente alla stipulazione del contratto di lavoro.
Per i soggetti di cui all’art. 10 del decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469, la mancata fornitura di detta
informazione costituisce comportamento valutabile ai fini
dell’applicazione della norma di cui al comma 12, lettera
b), del medesimo art. 10.
15. (Comma soppresso).
– Il testo dell’art. 6 del citato decreto legislativo
n. 61 del 2000, come modificato dal decreto qui pubblicato
e’ il seguente:
«Art. 6 (Criteri di computo dei lavoratori a tempo
parziale). – 1. In tutte le ipotesi in cui, per
disposizione di legge o di contratto collettivo, si renda
necessario l’accertamento della consistenza dell’organico,
i lavoratori a tempo parziale sono computati nel complesso
del numero dei lavoratori dipendenti in proporzione
all’orario svolto, rapportato al tempo pieno cosi’ come
definito ai sensi dell’art. 1; ai fini di cui sopra
l’arrotondamento opera per le frazioni di orario eccedenti
la somma degli orari individuati a tempo parziale
corrispondente a unita’ intere di orario a tempo pieno.
2. (Comma soppresso).
– Il testo dell’art. 8 del citato decreto legislativo
n. 61 del 2000, come modificato dal decreto qui pubblicato
e’ il seguente:
«Art. 8 (Sanzioni). – 1. Nel contratto di lavoro a
tempo parziale la forma scritta e’ richiesta a fini di
prova. Qualora la scrittura risulti mancante, e’ ammessa la
prova per testimoni nei limiti di cui all’art. 2725 del
codice civile. In difetto di prova in ordine alla
stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su
richiesta del lavoratore potra’ essere dichiarata la
sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo
pieno a partire dalla data in cui la mancanza della
scrittura sia giudizialmente accertata. Resta fermo il
diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni
effettivamente rese antecedentemente alla data suddetta.
2. L’eventuale mancanza o indeterminatezza nel
contratto scritto delle indicazioni di cui all’art. 2,
comma 2, non comporta la nullita’ del contratto di lavoro a
tempo parziale. Qualora l’omissione riguardi la durata
della prestazione lavorativa, su richiesta del lavoratore
puo’ essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un
rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del
relativo accertamento giudiziale. Qualora invece
l’omissione riguardi la sola collocazione temporale
dell’orario, il giudice provvede a determinare le modalita’
temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a
tempo parziale con riferimento alle previsioni dei
contratti collettivi di cui all’art. 3, comma 7, o, in
mancanza, con valutazione equitativa, tenendo conto in
particolare delle responsabilita’ familiari del lavoratore
interessato, della sua necessita’ di integrazione del
reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo
svolgimento di altra attivita’ lavorativa, nonche’ delle
esigenze del datore di lavoro. Per il periodo antecedente
la data della pronuncia della sentenza, il lavoratore ha in
entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione
dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a
titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con
valutazione equitativa. Nel corso del successivo
svolgimento del rapporto, e’ fatta salva la possibilita’ di
concordare per iscritto clausola elastiche o flessibili ai
sensi dell’art. 3, comma 3. In luogo del ricorso
all’autorita’ giudiziaria, le controversie di cui al
presente comma ed al comma 1 possono essere risolte
mediante le procedure di conciliazione ed eventualmente di
arbitrato previste dai contratti collettivi nazionali di
lavoro di cui all’art. 1, comma 3.
2-bis. Lo svolgimento di prestazioni elastiche o
flessibili di cui all’art. 3, comma 7, senza il rispetto di
quanto stabilito dall’art. 3, commi 7, 8, 9 comporta a
favore del prestatore di lavoro il diritto, in aggiunta
alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un
ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno.
2-ter. In assenza di contratti collettivi datore di
lavoro e prestatore di lavoro possono concordare
direttamente l’adozione di clausole elastiche o flessibili
ai sensi delle disposizioni che precedono.
3. In caso di violazione da parte del datore di lavoro
del diritto di precedenza di cui all’art. 5, comma 2, il
lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura
corrispondente alla differenza fra l’importo della
retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata
corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei
mesi successivi a detto passaggio.
4. La mancata comunicazione alla direzione provinciale
del lavoro, di cui all’art. 2, comma 1, secondo periodo,
comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa di
lire trentamila per ciascun lavoratore interessato ed ogni
giorno di ritardo. I corrispondenti importi sono versati a
favore della gestione contro la disoccupazione
dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).».
– Il testo dell’art. 3, comma 1, del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione della
direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario
di lavoro), e’ il seguente:
«1. L’orario normale di lavoro e’ fissato in 40 ore
settimanali.».
– Il testo dell’art. 19 della citata legge n. 300 del
1970, e’ il seguente:
«Art. 19 (Costituzione delle rappresentanze sindacali
aziendali). – Rappresentanze sindacali aziendali possono
essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni
unita’ produttiva, nell’ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni
maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle
predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti
collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati
nell’unita’ produttiva.
Nell’ambito di aziende con piu’ unita’ produttive le
rappresentanze sindacali possono istituire organi di
coordinamento.».
– Per il titolo del citato decreto legislativo n. 368
del 2001 si veda nota all’art. 22.
– Il testo dell’art. 8 della citata legge n. 223 del
1991, e’ il seguente:
«Art. 8 (Collocamento dei lavoratori in mobilita). – 1.
Per i lavoratori in mobilita’, ai fini del collocamento, si
applica il diritto di precedenza nell’assunzione di cui al
sesto comma dell’art. 15 della legge 29 aprile 1949, n.
264, e successive modificazioni ed integrazioni.
2. I lavoratori in mobilita’ possono essere assunti con
contratto di lavoro a termine di durata non superiore a
dodici mesi. La quota di contribuzione a carico del datore
di lavoro e’ pari a quella prevista per gli apprendisti
dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive
modificazioni. Nel caso in cui, nel corso del suo
svolgimento, il predetto contratto venga trasformato a
tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per
ulteriori dodici mesi in aggiunta a quello previsto dal
comma 4.
3. Per i lavoratori in mobilita’ si osservano, in
materia di limiti di eta’, ai fini degli avviamenti di cui
all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
successive modificazioni ed integrazioni, le disposizioni
dell’art. 2 della legge 22 agosto 1985, n. 444. Ai fini dei
predetti avviamenti le commissioni regionali per l’impiego
stabiliscono, tenendo conto anche del numero degli iscritti
nelle liste di collocamento, la percentuale degli
avviamenti da riservare ai lavoratori iscritti nella lista
di mobilita’.
4. Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai
sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i
lavoratori iscritti nella lista di mobilita’ e’ concesso,
per ogni mensilita’ di retribuzione corrisposta al
lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per
cento della indennita’ di mobilita’ che sarebbe stata
corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non puo’
essere erogato per un numero di mesi superiore a dodici e,
per i lavoratori di eta’ superiore a cinquanta anni, per un
numero superiore a ventiquattro mesi, ovvero a trentasei
mesi per le aree di cui all’art. 7, comma 6. Il presente
comma non trova applicazione per i giornalisti.
4-bis. Il diritto ai benefici economici di cui ai commi
precedenti e’ escluso con riferimento a quei lavoratori che
siano stati collocati in mobilita’, nei sei mesi
precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso
settore di attivita’ che, al momento del licenziamento,
presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti
con quelli dell’impresa che assume ovvero risulta con
quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo.
L’impresa che assume dichiara, sotto la propria
responsabilita’, all’atto della richiesta di avviamento,
che non ricorrono le menzionate condizioni ostative.
5. Nei confronti dei lavoratori iscritti nella lista di
mobilita’ trova applicazione quanto previsto dall’art. 27
della legge 12 agosto 1977, n. 675.
6. Il lavoratore in mobilita’ ha facolta’ di svolgere
attivita’ di lavoro subordinato, a tempo parziale, ovvero a
tempo determinato, mantenendo l’iscrizione nella lista.
7. Per le giornate di lavoro svolte ai sensi del comma
6, nonche’ per quelle dei periodi di prova di cui all’art.
9, comma 7, i trattamenti e le indennita’ di cui agli
artt. 7, 11, comma 2, e 16 sono sospesi. Tali giornate non
sono computate ai fini della determinazione del periodo di
durata dei predetti trattamenti fino al raggiungimento di
un numero di giornate pari a quello dei giorni complessivi
di spettanza del trattamento.
8. I trattamenti e i benefici di cui al presente
articolo rientrano nella sfera di applicazione dell’art. 37
della legge 9 marzo 1989, n. 88.».
– Il testo dell’art. 4 del decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151 (testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternita’ e della
paternita’, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000,
n. 53), e’ il seguente:
«Art. 4 (Sostituzione di lavoratrici e lavoratori in
congedo). (Legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 11; legge
8 marzo 2000, n. 53, art. 10). – 1. In sostituzione delle
lavoratrici e dei lavoratori assenti dal lavoro, in virtu’
delle disposizioni del presente testo unico, il datore di
lavoro puo’ assumere personale con contratto a tempo
determinato o utilizzare personale con contratto
temporaneo, ai sensi, rispettivamente, dell’art. 1, secondo
comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e
dell’art. 1, comma 2, lettera c), della legge 24 giugno
1997, n. 196, e con l’osservanza delle disposizioni delle
leggi medesime.
2. L’assunzione di personale a tempo determinato e
l’utilizzazione di personale temporaneo, in sostituzione di
lavoratrici e lavoratori in congedo ai sensi del presente
testo unico puo’ avvenire anche con anticipo fino ad un
mese rispetto al periodo di inizio del congedo, salvo
periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva.
3. Nelle aziende con meno di venti dipendenti, per i
contributi a carico del datore di lavoro che assume
personale con contratto a tempo determinato in sostituzione
di lavoratrici e lavoratori in congedo, e’ concesso uno
sgravio contributivo del 50 per cento. Quando la
sostituzione avviene con contratto di lavoro temporaneo,
l’impresa utilizzatrice recupera dalla societa’ di
fornitura le somme corrispondenti allo sgravio da questa
ottenuto.
4. Le disposizioni del comma 3 trovano applicazione
fino al compimento di un anno di eta’ del figlio della
lavoratrice o del lavoratore in congedo o per un anno
dall’accoglienza del minore adottato o in affidamento.
5. Nelle aziende in cui operano lavoratrici autonome di
cui al capo Xl, e’ possibile procedere, in caso di
maternita’ delle suddette lavoratrici, e comunque entro il
primo anno di eta’ del bambino o nel primo anno di
accoglienza del minore adottato o in affidamento,
all’assunzione di personale a tempo determinato e di
personale temporaneo, per un periodo massimo di dodici
mesi, con le medesime agevolazioni di cui al comma 3.».
– Il testo dell’art. 1 del citato decreto legislativo
n. 368 del 2001, e’ il seguente:
«Art. 1 (Apposizione del termine). – 1. E’ consentita
l’apposizione di un termine alla durata del contratto di
lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
2. L’apposizione del termine e’ priva di effetto se non
risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel
quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
3. Copia dell’atto scritto deve essere consegnata dal
datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni
lavorativi dall’inizio della prestazione.
4. La scrittura non e’ tuttavia necessaria quando la
durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non
sia superiore a dodici giorni.».

Titolo VI
APPRENDISTATO E CONTRATTO DI INSERIMENTOCapo IApprendistato
Art. 47.
Definizione, tipologie e limiti quantitativi
1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di
diritto-dovere di istruzione e di formazione, il contratto di
apprendistato e’ definito secondo le seguenti tipologie:
a) contratto di apprendistato per l’espletamento del
diritto-dovere di istruzione e formazione;
b) contratto di apprendistato professionalizzante per il
conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul
lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
c) contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o
per percorsi di alta formazione.
2. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro
puo’ assumere con contratto di apprendistato non puo’ superare il 100
per cento delle maestranze specializzate e qualificate in servizio
presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia
alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che
comunque ne abbia in numero inferiore a tre, puo’ assumere
apprendisti in numero non superiore a tre. La presente norma non si
applica alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le
disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443.
3. In attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato
ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente
normativa in materia.

Nota all’art. 47:
– Il testo dell’art. 4 della legge 8 agosto 1985, n.
443 (Legge-quadro per l’artigianato), e’ il seguente:
«Art. 4 (Limiti dimensionali). – L’impresa artigiana
puo’ essere svolta anche con la prestazione d’opera di
personale dipendente diretto personalmente
dall’imprenditore artigiano o dai soci, sempre che non
superi i seguenti limiti:
a) per l’impresa che non lavora in serie: un massimo
di diciotto dipendenti, compresi gli apprendisti in numero
non superiore a nove; il numero massimo dei dipendenti puo’
essere elevato fino a ventidue a condizione che le unita’
aggiuntive siano apprendisti;
b) per l’impresa che lavora in serie, purche’ con
lavorazione non del tutto automatizzata: un massimo di nove
dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non
superiore a cinque; il numero massimo dei dipendenti puo’
essere elevato fino a dodici a condizione che le unita’
aggiuntive siano apprendisti;
c) per l’impresa che svolge la propria attivita’ nei
settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e
dell’abbigliamento su misura: un massimo di trentadue
dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non
superiore a sedici; il numero massimo dei dipendenti puo’
essere elevato fino a quaranta a condizione che le unita’
aggiuntive siano apprendisti. I settori delle lavorazioni
artistiche e tradizionali e dell’abbigliamento su misura
saranno individuati con decreto del Presidente della
Repubblica, sentite le regioni ed il Consiglio nazionale
dell’artigianato;
d) per l’impresa di trasporto: un massimo di otto
dipendenti;
e) per le imprese di costruzioni edili: un massimo di
dieci dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non
superiore a cinque; il numero massimo dei dipendenti puo’
essere elevato fino a quattordici a condizione che le
unita’ aggiuntive siano apprendisti.
Ai fini del calcolo dei limiti di cui al precedente
comma:
1) non sono computati per un periodo di due anni gli
apprendisti passati in qualifica ai sensi della legge
19 gennaio 1955, n. 25, e mantenuti in servizio dalla
stessa impresa artigiana;
2) non sono computati i lavoratori a domicilio di cui
alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, sempre che non
superino un terzo dei dipendenti non apprendisti occupati
presso l’impresa artigiana;
3) sono computati i familiari dell’imprenditore,
ancorche’ partecipanti all’impresa familiare di cui
all’art. 230-bis del codice civile, che svolgano la loro
attivita’ di lavoro prevalentemente e professionalmente
nell’ambito dell’impresa artigiana;
4) sono computati, tranne uno, i soci che svolgono il
prevalente lavoro personale nell’impresa artigiana;
5) non sono computati i portatori di handicaps,
fisici, psichici o sensoriali;
6) sono computati i dipendenti qualunque sia la
mansione svolta.».
Art. 48.
Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e
formazione
1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attivita’, con
contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di
istruzione e formazione i giovani e gli adolescenti che abbiano
compiuto quindici anni.
2. Il contratto di apprendistato per l’espletamento del
diritto-dovere di istruzione e di formazione ha durata non superiore
a tre anni ed e’ finalizzato al conseguimento di una qualifica
professionale. La durata del contratto e’ determinata in
considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio,
dei crediti professionali e formativi acquisiti, nonche’ del bilancio
delle competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego o dai
soggetti privati accreditati, mediante l’accertamento dei crediti
formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53.
3. Il contratto di apprendistato per l’espletamento del
diritto-dovere di istruzione e formazione e’ disciplinato in base ai
seguenti principi:
a) forma scritta del contratto, contenente indicazione della
prestazione lavorativa oggetto del contratto, del piano formativo
individuale, nonche’ della qualifica che potra’ essere acquisita al
termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della
formazione aziendale od extra-aziendale;
b) divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo
tariffe di cottimo;
c) possibilita’ per il datore di lavoro di recedere dal rapporto
di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto
disposto dall’articolo 2118 del codice civile;
d) divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di
apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato
motivo.
4. La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato per
l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione e’
rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano,
d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del
Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, sentite
le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale, nel
rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
a) definizione della qualifica professionale ai sensi della legge
28 marzo 2003, n. 53;
b) previsione di un monte ore di formazione, esterna od interna
alla azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale
in funzione di quanto stabilito al comma 2 e secondo standard minimi
formativi definiti ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53;
c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello
nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative per la
determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle
modalita’ di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli
standard generali fissati dalle regioni competenti;
d) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno
del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della
qualifica professionale ai fini contrattuali;
e) registrazione della formazione effettuata nel libretto
formativo;
f) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze
adeguate.

Note all’art. 48:
– Il testo della legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al
Governo per la definizione delle norme generali
sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni
in materia di istruzione e formazione professionale), e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 aprile 2003, n. 77.
– Il testo dell’art. 2118 del codice civile, e’ il
seguente:
«Art. 2118 (Recesso dal contratto a tempo
indeterminato). – Ciascuno dei contraenti puo’ recedere dal
contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il
preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme
corporative], dagli usi o secondo equita’.
In mancanza di preavviso, il recedente e’ tenuto verso
l’altra parte a un’indennita’ equivalente all’importo della
retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di
preavviso.
La stessa indennita’ e’ dovuta dal datore di lavoro nel
caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di
lavoro.».
Art. 49.
Apprendistato professionalizzante
1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attivita’, con
contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento
di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e la
acquisizione di competenze di base, trasversali e
tecnico-professionali, i soggetti di eta’ compresa tra i diciotto
anni e i ventinove anni.
2. Per soggetti in possesso di una qualifica professionale,
conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, il contratto di
apprendistato professionalizzante puo’ essere stipulato a partire dal
diciassettesimo anno di eta’.
3. I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano
nazionale o regionale stabiliscono, in ragione del tipo di
qualificazione da conseguire, la durata del contratto di
apprendistato professionalizzante che, in ogni caso, non puo’
comunque essere inferiore a due anni e superiore a sei.
4. Il contratto di apprendistato professionalizzante e’
disciplinato in base ai seguenti principi:
a) forma scritta del contratto, contenente indicazione della
prestazione oggetto del contratto, del piano formativo individuale,
nonche’ della eventuale qualifica che potra’ essere acquisita al
termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della
formazione aziendale od extra-aziendale;
b) divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo
tariffe di cottimo;
c) possibilita’ per il datore di lavoro di recedere dal rapporto
di lavoro al termine del periodo di apprendistato ai sensi di quanto
disposto dall’articolo 2118 del codice civile;
d) possibilita’ di sommare i periodi di apprendistato svolti
nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione con quelli
dell’apprendistato professionalizzante nel rispetto del limite
massimo di durata di cui al comma 3.
e) divieto per il datore di lavoro di recedere dal contratto di
apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato
motivo.
5. La regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato
professionalizzante e’ rimessa alle regioni e alle province autonome
di Trento e Bolzano, d’intesa con le associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano
regionale e nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi:
a) previsione di un monte ore di formazione formale, interna o
esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per la
acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali;
b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello
nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative per la
determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle
modalita’ di erogazione e della articolazione della formazione,
esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla
capacita’ formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti
esterni;
c) riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all’interno
del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della
qualifica professionale ai fini contrattuali;
d) registrazione della formazione effettuata nel libretto
formativo;
e) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze
adeguate.

Note all’art. 49:
– Per il titolo della citata legge n. 53 del 2003 si
veda nota all’art. 48.
– Per il testo dell’art. 2118 del codice civile si veda
nota all’art. 48.
Art. 50.
Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta
formazione
1. Possono essere assunti, in tutti i settori di attivita’, con
contratto di apprendistato per conseguimento di un titolo di studio
di livello secondario, per il conseguimento di titoli di studio
universitari e della alta formazione, nonche’ per la specializzazione
tecnica superiore di cui all’articolo 69 della legge 17 maggio 1999,
n. 144, i soggetti di eta’ compresa tra i diciotto anni e i ventinove
anni.
2. Per soggetti in possesso di una qualifica professionale
conseguita ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, il contratto di
apprendistato di cui al comma 1 puo’ essere stipulato a partire dal
diciassettesimo anno di eta’.
3. Ferme restando le intese vigenti, la regolamentazione e la
durata dell’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per
percorsi di alta formazione e’ rimessa alle regioni, per i soli
profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni
territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le
universita’ e le altre istituzioni formative.

Nota all’art. 50:
– Il testo dell’art. 69 della legge 17 maggio 1999, n.
144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo
per il riordino degli incentivi all’occupazione e della
normativa che disciplina l’INAIL, nonche’ disposizioni per
il riordino degli enti previdenziali), e’ il seguente:
«Art. 69 (Istruzione e formazione tecnica superiore). –
1. Per riqualificare e ampliare l’offerta formativa
destinata ai giovani e agli adulti, occupati e non
occupati, nell’ambito del sistema di formazione integrata
superiore (FIS), e’ istituito il sistema della istruzione e
formazione tecnica superiore (IFTS), al quale si accede di
norma con il possesso del diploma di scuola secondaria
superiore. Con decreto adottato di concerto dai Ministri
della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza
sociale e dell’universita’ e della ricerca scientifica e
tecnologica, sentita la Conferenza unificata di cui al
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti
le condizioni di accesso ai corsi dell’IFTS per coloro che
non sono in possesso del diploma di scuola secondaria
superiore, gli standard dei diversi percorsi dell’IFTS, le
modalita’ che favoriscono l’integrazione tra i sistemi
formativi di cui all’art. 68 e determinano i criteri per
l’equipollenza dei rispettivi percorsi e titoli; con il
medesimo decreto sono altresi’ definiti i crediti formativi
che vi si acquisiscono e le modalita’ della loro
certificazione e utilizzazione, a norma dell’art. 142,
comma 1, lettera c), del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112.
2. Le regioni programmano l’istituzione dei corsi
dell’IFTS, che sono realizzati con modalita’ che
garantiscono l’integrazione tra sistemi formativi, sulla
base di linee guida definite d’intesa tra i Ministri della
pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale
e dell’universita’ e della ricerca scientifica e
tecnologica, la Conferenza unificata di cui al decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e le parti sociali
mediante l’istituzione di un apposito comitato nazionale.
Alla progettazione dei corsi dell’IFTS concorrono
universita’, scuole medie superiori, enti pubblici di
ricerca, centri e agenzie di formazione professionale
accreditati ai sensi dell’art. 17 della legge 24 giugno
1997, n. 196, e imprese o loro associazioni, tra loro
associati anche in forma consortile.
3. La certificazione rilasciata in esito ai corsi di
cui al comma 1, che attesta le competenze acquisite secondo
un modello allegato alle linee guida di cui al comma 2, e’
valida in ambito nazionale.
4. Gli interventi di cui al presente art. sono
programmabili a valere sul Fondo di cui all’art. 4 della
legge 18 dicembre 1997, n. 440, nei limiti delle risorse
preordinate allo scopo dal Ministero della pubblica
istruzione, nonche’ sulle risorse finalizzate a tale scopo
dalle regioni nei limiti delle proprie disponibilita’ di
bilancio. Possono concorrere allo scopo anche altre risorse
pubbliche e private. Alle finalita’ di cui al presente
articolo la regione Valle d’Aosta e le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono, in relazione alle
competenze e alle funzioni ad esse attribuite, secondo
quanto disposto dagli statuti speciali e dalle relative
norme di attuazione; a tal fine accedono al Fondo di cui al
presente comma e la certificazione rilasciata in esito ai
corsi da esse istituiti e’ valida in ambito nazionale.».
Art. 51.
Crediti formativi
1. La qualifica professionale conseguita attraverso il contratto di
apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei
percorsi di istruzione e di istruzione e formazione professionale.
2. Entro dodici mesi dalla entrata in vigore del presente decreto,
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministero dell’istruzione, della universita’ e della ricerca, e
previa intesa con le regioni e le province autonome definisce le
modalita’ di riconoscimento dei crediti di cui al comma che precede,
nel rispetto delle competenze delle regioni e province autonome e di
quanto stabilito nell’Accordo in Conferenza unificata
Stato-regioni-autonomie locali del 18 febbraio 2000 e nel decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale del 31 maggio 2001.

Nota all’art. 51:
– Il testo del decreto ministeriale 31 maggio 2001
(Certificazione nel sistema della formazione professionale)
e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2001, n.
139.
Art. 52.
Repertorio delle professioni
1. Allo scopo di armonizzare le diverse qualifiche professionali e’
istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il
repertorio delle professioni predisposto da un apposito organismo
tecnico di cui fanno parte il Ministero dell’istruzione, della
universita’ e della ricerca, le associazioni dei datori e prestatori
di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale,
e i rappresentanti della Conferenza Stato-regioni.
Art. 53.
Incentivi economici e normativi e disposizioni previdenziali
1. Durante il rapporto di apprendistato, la categoria di
inquadramento del lavoratore non potra’ essere inferiore, per piu’ di
due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto
collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o
funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al
conseguimento delle quali e’ finalizzato il contratto.
2. Fatte salve specifiche previsioni di legge o di contratto
collettivo, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono
esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti
collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti.
3. In attesa della riforma del sistema degli incentivi alla
occupazione, restano fermi gli attuali sistemi di incentivazione
economica la cui erogazione sara’ tuttavia soggetta alla effettiva
verifica della formazione svolta secondo le modalita’ definite con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa
con la Conferenza Stato-regioni. In caso di inadempimento nella
erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il
datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle
finalita’ di cui agli articoli 48, comma 2, 49, comma 1, e 50, comma
1, il datore di lavoro e’ tenuto a versare la quota dei contributi
agevolati maggiorati del 100 per cento.
4. Resta ferma la disciplina previdenziale e assistenziale prevista
dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni e
integrazioni.

Nota all’art. 53:
– Il testo della legge 19 gennaio 1955, n. 25
(Disciplina dell’apprendistato), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 14 febbraio 1955, n. 35.

Capo II
Contratto di inserimento
Art. 54.
Definizione e campo di applicazione
1. Il contratto di inserimento e’ un contratto di lavoro diretto a
realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle
competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto
lavorativo, l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del
lavoro delle seguenti categorie di persone:
a) soggetti di eta’ compresa tra i diciotto e i ventinove anni;
b) disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue
anni;
c) lavoratori con piu’ di cinquanta anni di eta’ che siano privi
di un posto di lavoro;
d) lavoratori che desiderino riprendere una attivita’ lavorativa
e che non abbiano lavorato per almeno due anni;
e) donne di qualsiasi eta’ residenti in una area geografica in
cui il tasso di occupazione femminile determinato con apposito
decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore
almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di
disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile;
f) persone riconosciute affette, ai sensi della normativa
vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico.
2. I contratti di inserimento possono essere stipulati da:
a) enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;
b) gruppi di imprese;
c) associazioni professionali, socio-culturali, sportive;
d) fondazioni;
e) enti di ricerca, pubblici e privati;
f) organizzazioni e associazioni di categoria.
3. Per poter assumere mediante contratti di inserimento i soggetti
di cui al comma 2 devono avere mantenuto in servizio almeno il
sessanta per cento dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia
venuto a scadere nei diciotto mesi precedenti. A tale fine non si
computano i lavoratori che si siano dimessi, quelli licenziati per
giusta causa e quelli che, al termine del rapporto di lavoro, abbiano
rifiutato la proposta di rimanere in servizio con rapporto di lavoro
a tempo indeterminato, i contratti risolti nel corso o al termine del
periodo di prova, nonche’ i contratti non trasformati in rapporti di
lavoro a tempo indeterminato in misura pari a quattro contratti. Agli
effetti della presente disposizione si considerano mantenuti in
servizio i soggetti per i quali il rapporto di lavoro, nel corso del
suo svolgimento sia stato trasformato in rapporto di lavoro a tempo
indeterminato.
4. La disposizione di cui al comma 3 non trova applicazione quando,
nei diciotto mesi precedenti alla assunzione del lavoratore, sia
venuto a scadere un solo contratto di inserimento.
5. Restano in ogni caso applicabili, se piu’ favorevoli, le
disposizioni di cui all’articolo 20 della legge 23 luglio 1991, n.
223, in materia di contratto di reinserimento dei lavoratori
disoccupati.

Nota all’art. 54:
– Il testo dell’art. 20 della citata legge n. 223 del
1991, e’ il seguente:
«Art. 20 (Contratti di reinserimento dei lavoratori
disoccupati). – 1. I lavoratori che fruiscono da almeno
dodici mesi del trattamento speciale di disoccupazione
possono essere assunti nominativamente mediante chiamata
dalle liste di cui all’art. 8, comma 9, della legge
29 dicembre 1990, n. 407, con contratto di reinserimento da
datori di lavoro che, al momento dell’instaurazione del
rapporto di lavoro, non abbiano nell’azienda sospensioni
dal lavoro in atto ai sensi dell’art. 2 della legge
12 agosto 1977, n. 675, ovvero non abbiano proceduto a
riduzione di personale nei dodici mesi precedenti, salvo
che l’assunzione non avvenga ai fini di acquisire
professionalita’ sostanzialmente diverse da quelle dei
lavoratori interessati alle predette riduzioni o
sospensioni di personale.
2. Ai lavoratori assunti con contratto di
reinserimento, di cui al comma 1, si applica, sulle
correnti aliquote dei contributi previdenziali ed
assistenziali dovuti dai datori di lavoro e ferma restando
la contribuzione a carico del lavoratore nelle misure
previste per la generalita’ dei lavoratori, una riduzione
nella misura del settantacinque per cento per i primi
dodici mesi nell’ipotesi di effettiva disoccupazione del
lavoratore per un periodo inferiore a due anni, per i primi
ventiquattro mesi nell’ipotesi di effettiva disoccupazione
del lavoratore per un periodo superiore a due anni e
inferiore a tre anni, per i primi trentasei mesi
nell’ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per
un periodo superiore a tre anni.
3. Il datore di lavoro ha facolta’ di optare per
l’esonero dall’obbligo del versamento delle quote di
contribuzione a proprio carico nei limiti del cinquanta per
cento della misura di cui al comma 2 per un periodo pari al
doppio di quello di effettiva disoccupazione e non
superiore, in ogni caso, a settantadue mesi.
4. I lavoratori assunti con contratto di reinserimento
sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da
leggi e contratti collettivi per l’applicazione di
particolari normative ed istituti.
5. Il contratto di lavoro di reinserimento deve essere
stipulato per iscritto. Copia del contratto deve essere
inviata entro trenta giorni al competente Ispettorato
provinciale del lavoro ed alla sede provinciale
dell’INPS.».
Art. 55.
Progetto individuale di inserimento
1. Condizione per l’assunzione con contratto di inserimento e’ la
definizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto
individuale di inserimento, finalizzato a garantire l’adeguamento
delle competenze professionali del lavoratore stesso al contesto
lavorativo.
2. I contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da
associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi
aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive
modificazioni, ovvero dalle rappresentanze sindacali unitarie
determinano, anche all’interno degli enti bilaterali, le modalita’ di
definizione dei piani individuali di inserimento con particolare
riferimento alla realizzazione del progetto, anche attraverso il
ricorso ai fondi interprofessionali per la formazione continua, in
funzione dell’adeguamento delle capacita’ professionali del
lavoratore, nonche’ le modalita’ di definizione e sperimentazione di
orientamenti, linee-guida e codici di comportamento diretti ad
agevolare il conseguimento dell’obiettivo di cui al comma 1.
3. Qualora, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, non sia intervenuta, ai sensi del comma
2, la determinazione da parte del contratto collettivo nazionale di
lavoro delle modalita’ di definizione dei piani individuali di
inserimento, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca
le organizzazioni sindacali interessate dei datori di lavoro e dei
lavoratori e le assiste al fine di promuovere l’accordo. In caso di
mancata stipulazione dell’accordo entro i quattro mesi successivi, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua in via
provvisoria e con proprio decreto, tenuto conto delle indicazioni
contenute nell’eventuale accordo interconfederale di cui
all’articolo 86, comma 13, e delle prevalenti posizioni espresse da
ciascuna delle due parti interessate, le modalita’ di definizione dei
piani individuali di inserimento di cui al comma 2.
4. La formazione eventualmente effettuata durante l’esecuzione del
rapporto di lavoro dovra’ essere registrata nel libretto formativo.
5. In caso di gravi inadempienze nella realizzazione del progetto
individuale di inserimento il datore di lavoro e’ tenuto a versare la
quota dei contributi agevolati maggiorati del 100 per cento.

Nota all’art. 55:
– Per il testo dell’art. 19 della citata legge n. 300
del 1970, si veda la nota all’art. 46.
Art. 56.
Forma
1. Il contratto di inserimento e’ stipulato in forma scritta e in
esso deve essere specificamente indicato il progetto individuale di
inserimento di cui all’articolo 55.
2. In mancanza di forma scritta il contratto e’ nullo e il
lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato.
Art. 57.
Durata
1. Il contratto di inserimento ha una durata non inferiore a nove
mesi e non puo’ essere superiore ai diciotto mesi. In caso di
assunzione di lavoratori di cui all’articolo 54, comma 1, lettera f),
la durata massima puo’ essere estesa fino a trentasei mesi.
2. Nel computo del limite massimo di durata non si tiene conto
degli eventuali periodi dedicati allo svolgimento del servizio
militare o di quello civile, nonche’ dei periodi di astensione per
maternita’.
3. Il contratto di inserimento non e’ rinnovabile tra le stesse
parti. Eventuali proroghe del contratto sono ammesse entro il limite
massimo di durata indicato al comma 1.
Art. 58.
Disciplina del rapporto di lavoro
1. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali o
territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e
dei contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze
sindacali aziendali di cui all’articolo 19 della legge 20 maggio
1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero dalle rappresentanze
sindacali unitarie, ai contratti di inserimento si applicano, per
quanto compatibili, le disposizioni di cui al decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368.
2. I contratti collettivi di cui al comma 1 possono stabilire le
percentuali massime dei lavoratori assunti con contratto di
inserimento.

Note all’art. 58:
– Per il testo dell’art. 19 della citata legge n. 300
del 1970, si veda nota all’art. 46.
– Per il titolo del citato decreto legislativo n. 368
del 2001, si veda nota all’art. 22.
Art. 59.
Incentivi economici e normativi
1. Durante il rapporto di inserimento, la categoria di
inquadramento del lavoratore non puo’ essere inferiore, per piu’ di
due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto
collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o
funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al
conseguimento delle quali e’ preordinato il progetto di inserimento
oggetto del contratto.
2. Fatte salve specifiche previsioni di contratto collettivo, i
lavoratori assunti con contratto di inserimento sono esclusi dal
computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi
per l’applicazione di particolari normative e istituti.
3. In attesa della riforma del sistema degli incentivi alla
occupazione, gli incentivi economici previsti dalla disciplina
vigente in materia di contratto di formazione e lavoro trovano
applicazione con esclusivo riferimento ai lavoratori di cui
all’articolo 54, comma, 1, lettere b), c), d), e) ed f).
Art. 60.
Tirocini estivi di orientamento
1. Si definiscono tirocini estivi di orientamento i tirocini
promossi durante le vacanze estive a favore di un adolescente o di un
giovane, regolarmente iscritto a un ciclo di studi presso
l’universita’ o un istituto scolastico di ogni ordine e grado, con
fini orientativi e di addestramento pratico.
2 Il tirocinio estivo di orientamento ha una durata non superiore a
tre mesi e si svolge nel periodo compreso tra la fine dell’anno
accademico e scolastico e l’inizio di quello successivo. Tale durata
e’ quella massima in caso di pluralita’ di tirocini.
3. Eventuali borse lavoro erogate a favore del tirocinante non
possono superare l’importo massimo mensile di 600 euro.
4. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, non sono
previsti limiti percentuali massimi per l’impiego di adolescenti o
giovani al tirocinio estivo di orientamento.
5. Salvo quanto previsto ai commi precedenti ai tirocini estivi si
applicano le disposizioni di cui all’articolo 18 della legge n. 196
del 1997 e al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale 25 marzo 1998, n. 142.

Note all’art. 60:
– Il testo dell’art. 18 della citata legge n. 196 del
1997 e’ il seguente:
«Art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento). – 1.
Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e
lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la
conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di
soggetti che hanno gia’ assolto l’obbligo scolastico ai
sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con il Ministro della pubblica istruzione,
dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica,
da adottarsi ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono emanate, entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, disposizioni nel
rispetto dei seguenti principi e criteri generali:
a) possibilita’ di promozione delle iniziative, nei
limiti delle risorse rese disponibili dalla vigente
legislazione, anche su proposta degli enti bilaterali e
delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a
partecipazione pubblica e di soggetti privati non aventi
scopo di lucro, in possesso degli specifici requisiti
preventivamente determinati in funzione di idonee garanzie
all’espletamento delle iniziative medesime e in
particolare: agenzie regionali per l’impiego e uffici
periferici del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale; universita’; provveditorati agli studi;
istituzioni scolastiche non statali che rilascino titoli di
studio con valore legale; centri pubblici di formazione e/o
orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti
in regime di convenzione ai sensi dell’art. 5 della legge
21 dicembre 1978, n. 845; comunita’ terapeutiche, enti
ausiliari e cooperative sociali, purche’ iscritti negli
specifici albi regionali, ove esistenti; servizi di
inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti
pubblici delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell’ambito di
progetti di orientamento e di formazione, con priorita’ per
quelli definiti all’interno di programmi operativi quadro
predisposti dalle regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite
convenzioni intervenute tra i soggetti di cui alla lettera
a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non
costituenti rapporti di lavoro, in misura non superiore a
dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti
portatori di handicap, da modulare in funzione della
specificita’ dei diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di
assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con
l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e per la responsabilita’
civile e di garantire la presenza di un tutore come
responsabile didattico-organizzativo delle attivita’; nel
caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali
per l’impiego e gli uffici periferici del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, il datore di lavoro
ospitante puo’ stipulare la predetta convenzione con
l’INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle
attivita’ svolte nel corso degli stages e delle iniziative
di tirocinio pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove
debitamente certificati, per l’accensione di un rapporto di
lavoro;
g) possibilita’ di ammissione, secondo modalita’ e
criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, e nei limiti delle risorse
finanziarie preordinate allo scopo nell’ambito del Fondo di
cui all’art. 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, al rimborso totale o parziale degli oneri
finanziari connessi all’attuazione di progetti di tirocinio
di cui al presente articolo a favore dei giovani del
Mezzogiorno presso imprese di regioni diverse da quelle
operanti nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui
i progetti lo prevedano, gli oneri relativi alla spesa
sostenuta dall’impresa per il vitto e l’alloggio del
tirocinante;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
i) computabilita’ dei soggetti portatori di handicap
impiegati nei tirocini ai fini della legge 2 aprile 1968,
n. 482, e successive modificazioni, purche’ gli stessi
tirocini siano oggetto di convenzione ai sensi degli
articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
siano finalizzati all’occupazione.».
– Il testo del decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale 25 marzo 1998, n. 142 (Regolamento
recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di
cui all’art. 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, sui
tirocini formativi e di orientamento), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 12 maggio 1998, n. 108.

Titolo VII
TIPOLOGIE CONTRATTUALI A PROGETTO E OCCASIONALICapo ILavoro a progetto e lavoro occasionale
Art. 61.
Definizione e campo di applicazione
1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti
di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,
prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui
all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere
riconducibili a uno o piu’ progetti specifici o programmi di lavoro o
fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal
collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del
coordinamento con la organizzazione del committente e
indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della
attivita’ lavorativa.
2. Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni
occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva
non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo
stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito
nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual caso
trovano applicazione le disposizioni contenute nel presente capo.
3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le
professioni intellettuali per l’esercizio delle quali e’ necessaria
l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di
entrata in vigore del presente decreto legislativo, nonche’ i
rapporti e le attivita’ di collaborazione coordinata e continuativa
comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle
associazioni e societa’ sportive dilettantistiche affiliate alle
federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e
agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come
individuate e disciplinate dall’articolo 90 della legge 27 dicembre
2002, n. 289. Sono altresi’ esclusi dal campo di applicazione del
presente capo i componenti degli organi di amministrazione e
controllo delle societa’ e i partecipanti a collegi e commissioni,
nonche’ coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.
4. Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano
l’applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo
collettivo piu’ favorevoli per il collaboratore a progetto.

Note all’art. 61:
– Il testo dell’art. 409, n. 3, del codice di procedura
civile, e’ il seguente:
«Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). – 3)
rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri
rapporti di collaborazione che si concretino in una
prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere
subordinato;».
– Il testo dell’art. 90 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), e’ il
seguente:
«Art. 90 (Disposizioni per l’attivita’ sportiva
dilettantistica). 1. Le disposizioni della legge
16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le
altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni
sportive dilettantistiche si applicano anche alle societa’
sportive dilettantistiche costituite in societa’ di
capitali senza fine di lucro.
2. A decorrere dal periodo di imposta in corso alla
data di entrata in vigore della presente legge, l’importo
fissato dall’art. 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991,
n. 398, come sostituito dall’art. 25 della legge 13 maggio
1999, n. 133, e successive modificazioni, e’ elevato a
250.000 euro.
3. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’art. 81, comma 1, lettera m), e’ aggiunto, in
fine, il seguente periodo: “Tale disposizione si applica
anche ai rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa di carattere amministrativo-gestionale di
natura non professionale resi in favore di societa’ e
associazioni sportive dilettantistiche.”;
b) all’art. 83, comma 2, le parole: “a lire
10.000.000” sono sostituite dalle seguenti: “a 7.500 euro”.
4. Il CONI, le Federazioni sportive nazionali e gli
enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI non sono
obbligati ad operare la ritenuta del 4 per cento a titolo
di acconto sui contributi erogati alle societa’ e
associazioni sportive dilettantistiche, stabilita dall’art.
28, secondo comma, del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
5. Gli atti costitutivi e di trasformazione delle
societa’ e associazioni sportive dilettantistiche, nonche’
delle Federazioni sportive e degli enti di promozione
sportiva riconosciuti dal CONI direttamente connessi allo
svolgimento dell’attivita’ sportiva, sono soggetti
all’imposta di registro in misura fissa.
6. Al n. 27-bis della tabella di cui all’allegato B
annesso al decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 642, sono aggiunte, in fine, le
seguenti parole: “e dalle federazioni sportive ed enti di
promozione sportiva riconosciuti dal CONI”.
7. All’art. 13-bis, comma 1, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, dopo le parole:
“organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale (ONLUS)”
sono inserite le seguenti: “e le societa’ e associazioni
sportive dilettantistiche”.
8. Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di
societa’, associazioni sportive dilettantistiche e
fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonche’
di associazioni sportive scolastiche che svolgono attivita’
nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni
sportive nazionali o da enti di promozione sportiva
costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo
annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa
di pubblicita’, volta alla promozione dell’immagine o dei
prodotti del soggetto erogante mediante una specifica
attivita’ del beneficiario, ai sensi dell’art. 74, comma 2,
del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917.
9. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’art. 13-bis, comma 1, la lettera i-ter) e’
sostituita dalla seguente:
“i-ter) le erogazioni liberali in denaro per un
importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non
superiore a 1.500 euro, in favore delle societa’ e
associazioni sportive dilettantistiche, a condizione che il
versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o
ufficio postale ovvero secondo altre modalita’ stabilite
con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da
adottare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400;
b) all’art. 65, comma 2, la lettera c-octies) e’
abrogata.
10. All’art. 17, comma 2, del decreto legislativo
15 dicembre 1997, n. 446, le parole: “delle indennita’ e
dei rimborsi di cui all’art. 81, comma 1, lettera m), del
citato testo unico delle imposte sui redditi” sono
soppresse.
11. All’art. 111-bis, comma 4, del testo unico delle
imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunte, in
fine, le seguenti parole: “ed alle associazioni sportive
dilettantistiche”.
12. Presso l’Istituto per il credito sportivo e’
istituito il fondo di garanzia per la fornitura di garanzia
sussidiaria a quella ipotecaria per i mutui relativi alla
costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al
miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi, ivi
compresa l’acquisizione delle relative aree da parte di
societa’ o associazioni sportive dilettantistiche con
personalita’ giuridica.
13. Il fondo e’ disciplinato con apposito regolamento
adottato, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro per i beni e le
attivita’ culturali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del
Consiglio nazionale del CONI. Il regolamento disciplina, in
particolare, le forme di intervento del fondo in relazione
all’entita’ del finanziamento e al tipo di impianto.
14. Il fondo e’ gestito e amministrato a titolo
gratuito dall’Istituto per il credito sportivo.
15. La garanzia prestata dal fondo e’ di natura
sussidiaria, si esplica nei limiti e con le modalita’
stabiliti dal regolamento di cui al comma 13 e opera entro
i limiti delle disponibilita’ del fondo.
16. La dotazione finanziaria del fondo e’ costituita
dall’importo annuale acquisito dal fondo speciale di cui
all’art. 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e
successive modificazioni, dei premi riservati al CONI a
norma dell’art. 6 del decreto legislativo 14 aprile 1948,
n. 496, colpiti da decadenza.
17. Le societa’ e associazioni sportive
dilettantistiche devono indicare nella denominazione
sociale la finalita’ sportiva e la ragione o la
denominazione sociale dilettantistica e possono assumere
una delle seguenti forme:
a) associazione sportiva priva di personalita’
giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del
codice civile;
b) associazione sportiva con personalita’ giuridica
di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000,
n. 361;
c) societa’ sportiva di capitali costituita secondo
le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che
prevedono le finalita’ di lucro.
18. Con uno o piu’ regolamenti, emanati ai sensi
dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
nel rispetto delle disposizioni dell’ordinamento generale e
dell’ordinamento sportivo, secondo i seguenti principi
generali, sono individuati:
a) i contenuti dello statuto e dell’atto costitutivo
delle societa’ e delle associazioni sportive
dilettantistiche, con particolare riferimento a:
1) assenza di fini di lucro;
2) rispetto del principio di democrazia interna;
3) organizzazione di attivita’ sportive
dilettantistiche, compresa l’attivita’ didattica per
l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento nelle
attivita’ sportive;
4) disciplina del divieto per gli amministratori di
ricoprire cariche sociali in altre societa’ e associazioni
sportive nell’ambito della medesima disciplina;
5) gratuita’ degli incarichi degli amministratori;
6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in
caso di scioglimento delle societa’ e delle associazioni;
7) obbligo di conformarsi alle norme e alle
direttive del CONI nonche’ agli statuti e ai regolamenti
delle Federazioni sportive nazionali o dell’ente di
promozione sportiva cui la societa’ o l’associazione
intende affiliarsi;
b) le modalita’ di approvazione dello statuto, di
riconoscimento ai fini sportivi e di affiliazione ad una o
piu’ Federazioni sportive nazionali del CONI o alle
discipline sportive associate o a uno degli enti di
promozione sportiva riconosciuti dal CONI, anche su base
regionale;
c) i provvedimenti da adottare in caso di irregolare
funzionamento o di gravi irregolarita’ di gestione o di
gravi infrazioni all’ordinamento sportivo.
19. Sono fatte salve le disposizioni relative ai gruppi
sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di cui all’art. 6,
comma 4, della legge 31 marzo 2000, n. 78, firmatari di
apposite convenzioni con il CONI.
20. Presso il CONI e’ istituito, anche in forma
telematica e senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello
Stato, il registro delle societa’ e delle associazioni
sportive dilettantistiche distinto nelle seguenti tre
sezioni:
a) associazioni sportive dilettantistiche senza
personalita’ giuridica;
b) associazioni sportive dilettantistiche con
personalita’ giuridica;
c) societa’ sportive dilettantistiche costituite
nella forma di societa’ di capitali.
21. Le modalita’ di tenuta del registro di cui al comma
20, nonche’ le procedure di verifica, la notifica delle
variazioni dei dati e l’eventuale cancellazione sono
disciplinate da apposita delibera del Consiglio nazionale
del CONI, che e’ trasmessa al Ministero vigilante ai sensi
dell’art. 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1992, n. 138.
22. Per accedere ai contributi pubblici di qualsiasi
natura, le societa’ e le associazioni sportive
dilettantistiche devono dimostrare l’avvenuta iscrizione
nel registro di cui al comma 20.
23. I dipendenti pubblici possono prestare la propria
attivita’, nell’ambito delle societa’ e associazioni
sportive dilettantistiche, fuori dall’orario di lavoro,
purche’ a titolo gratuito e fatti salvi gli obblighi di
servizio, previa comunicazione all’amministrazione di
appartenenza. Ai medesimi soggetti possono essere
riconosciuti esclusivamente le indennita’ e i rimborsi di
cui all’art. 81, comma 1, lettera m), del testo unico delle
imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
24. L’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte
degli enti locali territoriali e’ aperto a tutti i
cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri
obiettivi, a tutte le societa’ e associazioni sportive.
25. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui
all’art. 29 della presente legge, nei casi in cui l’ente
pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli
impianti sportivi, la gestione e’ affidata in via
preferenziale a societa’ e associazioni sportive
dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline
sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla
base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e
previa determinazione di criteri generali e obiettivi per
l’individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni
disciplinano, con propria legge, le modalita’ di
affidamento.
26. Le palestre, le aree di gioco e gli impianti
sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze
dell’attivita’ didattica e delle attivita’ sportive della
scuola, comprese quelle extracurriculari ai sensi del
regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, devono essere posti a
disposizione di societa’ e associazioni sportive
dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha
sede l’istituto scolastico o in comuni confinanti.».
Art. 62.
F o r m a
1. Il contratto di lavoro a progetto e’ stipulato in forma scritta
e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:
a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della
prestazione di lavoro;
b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di
esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene
dedotto in contratto;
c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione,
nonche’ i tempi e le modalita’ di pagamento e la disciplina dei
rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al
committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione
lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne
l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del
collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto
dall’articolo 66, comma 4.
Art. 63.
Corrispettivo
1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere
proporzionato alla quantita’ e qualita’ del lavoro eseguito, e deve
tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe
prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.
Art. 64.
Obbligo di riservatezza
1. Salvo diverso accordo tra le parti il collaboratore a progetto
puo’ svolgere la sua attivita’ a favore di piu’ committenti.
2. Il collaboratore a progetto non deve svolgere attivita’ in
concorrenza con i committenti ne’, in ogni caso, diffondere notizie e
apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi,
ne’ compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attivita’
dei committenti medesimi.
Art. 65.
Invenzioni del collaboratore a progetto
1. Il lavoratore a progetto ha diritto di essere riconosciuto
autore della invenzione fatta nello svolgimento del rapporto.
2. I diritti e gli obblighi delle parti sono regolati dalle leggi
speciali, compreso quanto previsto dall’articolo 12-bis della legge
22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni.

Nota all’art. 65:
– Il testo dell’art. 12-bis della legge 22 aprile 1941,
n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti
connessi al suo esercizio), e’ il seguente:
«Art. 12-bis. – Salvo patto contrario, il datore di
lavoro e’ titolare del diritto esclusivo di utilizzazione
economica del programma per elaboratore o della banca di
dati creati dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle
sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore
di lavoro.».
Art. 66.
Altri diritti del collaboratore a progetto
1. La gravidanza, la malattia e l’infortunio del collaboratore a
progetto non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale, che
rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
2. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di
malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una
proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il
committente puo’ comunque recedere dal contratto se la sospensione si
protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita
nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta
giorni per i contratti di durata determinabile.
3. In caso di gravidanza, la durata del rapporto e’ prorogata per
un periodo di centottanta giorni, salva piu’ favorevole disposizione
del contratto individuale.
4. Oltre alle disposizioni di cui alla legge 11 agosto 1973, n.
533, e successive modificazioni e integrazioni, sul processo del
lavoro e di cui all’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151, e successive modificazioni, ai rapporti che rientrano
nel campo di applicazione del presente capo si applicano le norme
sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo n.
626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni, quando la
prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del
committente, nonche’ le norme di tutela contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all’articolo 51,
comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 12 gennaio
2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2001.

Note all’art. 66:
– Il testo della legge 11 agosto 1973, n. 533
(Disciplina delle controversie individuali di lavoro e
delle controversie in materia di previdenza e di assistenza
obbligatorie), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
13 settembre 1973, n. 237.
– Il testo dell’art. 64 del decreto legislativo
26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della
maternita’ e della paternita’, a norma dell’art. 15 della
legge 8 marzo 2000, n. 53), e’ il seguente:
«Art. 64 (Lavoratrici iscritte alla gestione separata
di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.
335). – 1. In materia di tutela della maternita’, alle
lavoratrici di cui all’art. 2, comma 26, della legge
8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme
obbligatorie, si applicano le disposizioni di cui al comma
16 dell’art. 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni.
2. Ai sensi del comma 12 dell’art. 80 della legge
23 dicembre 2000, n. 388, la tutela della maternita’
prevista dalla disposizione di cui al comma 16, quarto
periodo, dell’art. 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
avviene nelle forme e con le modalita’ previste per il
lavoro dipendente. A tal fine, con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, e’ disciplinata
tale estensione nei limiti delle risorse rinvenienti dallo
specifico gettito contributivo. Fino ad eventuali modifiche
apportate con il predetto provvedimento, si applica il
decreto ministeriale 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002.».
– Per il titolo del citato decreto legislativo n. 626
del 1994 si veda la nota all’art. 23.
– Il testo dell’art. 51, comma 1, della legge
23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2000), e’ il seguente:
«1. All’art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre
1997, n. 449, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo periodo, le parole: “0,5 punti
percentuali” sono sostituite dalle seguenti: “un punto
percentuale”;
b) al terzo periodo, le parole: “di un punto
percentuale” sono sostituite dalle seguenti: “di due punti
percentuali nei limiti di una complessiva aliquota di
computo di 20 punti percentuali”;
c) al quarto periodo, le parole: “e agli assegni al
nucleo familiare” sono sostituite dalle seguenti: “, agli
assegni al nucleo familiare e alla malattia in caso di
degenza ospedaliera”;
d) e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica e con il Ministro della
sanita’, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, si provvede alla
disciplina della tutela per malattia in caso di degenza
ospedaliera nei limiti delle risorse derivanti dallo
specifico gettito contributivo e in relazione al reddito
individuale.”».
Art. 67.
Estinzione del contratto e preavviso
1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al
momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase
di esso che ne costituisce l’oggetto.
2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per
giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalita’, incluso
il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro
individuale.
Art. 68.
Rinunzie e transazioni
1. I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nel presente
capo possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in
sede di certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo V del
presente decreto legislativo.
Art. 69.
Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
atipici e conversione del contratto
1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto,
programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell’articolo 61, comma
1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
2. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato
ai sensi dell’articolo 61 sia venuto a configurare un rapporto di
lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro
subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto
realizzatasi tra le parti.
3. Ai fini del giudizio di cui al comma 2, il controllo giudiziale
e’ limitato esclusivamente, in conformita’ ai principi generali
dell’ordinamento, all’accertamento della esistenza del progetto,
programma di lavoro o fase di esso e non puo’ essere esteso fino al
punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano al committente.

Capo II
Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolarisoggetti
Art. 70.
Definizione e campo di applicazione
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attivita’
lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio
di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del
lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell’ambito:
a) dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario,
compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane,
ammalate o con handicap;
b) dell’insegnamento privato supplementare;
c) dei piccoli lavori di giardinaggio, nonche’ di pulizia e
manutenzione di edifici e monumenti;
d) della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive,
culturali o caritatevoli;
e) della collaborazione con enti pubblici e associazioni di
volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli
dovuti a calamita’ o eventi naturali improvvisi, o di solidarieta’.
2. Le attivita’ lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a
favore di piu’ beneficiari, configurano rapporti di natura meramente
occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attivita’ che
coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a
trenta giorni nel corso dell’anno solare e che, in ogni caso, non
danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro
sempre nel corso di un anno solare.
Art. 71.
Prestatori di lavoro accessorio
1. Possono svolgere attivita’ di lavoro accessorio:
a) disoccupati da oltre un anno;
b) casalinghe, studenti e pensionati;
c) disabili e soggetti in comunita’ di recupero;
d) lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in
Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro.
2. l soggetti di cui al comma 1, interessati a svolgere prestazioni
di lavoro accessorio, comunicano la loro disponibilita’ ai servizi
per l’impiego delle province, nell’ambito territoriale di
riferimento, o ai soggetti accreditati di cui all’articolo 7. A
seguito della loro comunicazione i soggetti interessati allo
svolgimento di prestazioni di lavoro accessorio ricevono, a proprie
spese, una tessera magnetica dalla quale risulti la loro condizione.
Art. 72.
Disciplina del lavoro accessorio
1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio i beneficiari
acquistano presso le rivendite autorizzate uno o piu’ carnet di buoni
per prestazioni di lavoro accessorio del valore nominale di 7,5 euro.
2. Il prestatore di prestazioni di lavoro accessorio percepisce il
proprio compenso presso uno o piu’ enti o societa’ concessionari di
cui al comma 5 all’atto della restituzione dei buoni ricevuti dal
beneficiario della prestazione di lavoro accessorio, in misura pari a
5,8 euro per ogni buono consegnato. Tale compenso e’ esente da
qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato
o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.
3. L’ente o societa’ concessionaria provvede al pagamento delle
spettanze alla persona che presenta i buoni per prestazioni di lavoro
accessorio, registrando i dati anagrafici e il codice fiscale e
provvedendo per suo conto al versamento dei contributi per fini
previdenziali all’INPS, alla gestione separata di cui all’articolo 2,
comma 26, della legge n. 335 del 1995, in misura di 1 euro e per fini
assicurativi contro gli infortuni all’INAIL, in misura di 0,5 euro.
4. L’ente o societa’ concessionaria trattiene l’importo di 0,2
euro, a titolo di rimborso spese.
5. Entro sessanta giorni dalla entrata in vigore delle disposizioni
contenute nel presente decreto legislativo il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali individua gli enti e le societa’
concessionarie alla riscossione dei buoni, nonche’ i soggetti
autorizzati alla vendita dei buoni e regolamenta, con apposito
decreto, criteri e modalita’ per il versamento dei contributi di cui
al comma 3 e delle relative coperture assicurative e previdenziali.

Nota all’art. 72:
– Il testo dell’art. 2, comma 26, della citata legge
8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico
obbligatorio e complementare), e’ il seguente:
«26. A decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti
all’iscrizione presso una apposita Gestione separata,
presso l’INPS, e finalizzata all’estensione
dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’,
la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per
professione abituale, ancorche’ non esclusiva, attivita’ di
lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell’art. 49 del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e
successive modificazioni ed integrazioni, nonche’ i
titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, di cui al comma 2, lettera a), dell’art. 49
del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a
domicilio di cui all’art. 36 della legge 11 giugno 1971, n.
426. Sono esclusi dall’obbligo i soggetti assegnatari di
borse di studio, limitatamente alla relativa attivita’.».
Art. 73.
Coordinamento informativo a fini previdenziali
1. Al fine di verificare, mediante apposita banca dati informativa,
l’andamento delle prestazioni di carattere previdenziale e delle
relative entrate contributive, conseguenti allo sviluppo delle
attivita’ di lavoro accessorio disciplinate dalla presente legge,
anche al fine di formulare proposte per adeguamenti normativi delle
disposizioni di contenuto economico di cui all’articolo che precede,
l’INPS e l’INAIL stipulano apposita convenzione con il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali.
2. Decorsi diciotto mesi dalla entrata in vigore del presente
provvedimento il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
predispone, d’intesa con INPS e INAIL, una relazione sull’andamento
del lavoro occasionale di tipo accessorio e ne riferisce al
Parlamento.
Art. 74.
Prestazioni che esulano dal mercato del lavoro
1. Con specifico riguardo alle attivita’ agricole non integrano in
ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni
svolte da parenti e affini sino al terzo grado in modo meramente
occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo
aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le
spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.

Titolo VIII
PROCEDURE DI CERTIFICAZIONECapo ICertificazione dei contratti di lavoro
Art. 75.
Finalita’
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione
dei contratti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e
a progetto di cui al presente decreto, nonche’ dei contratti di
associazione in partecipazione di cui agli articoli 2549-2554 del
codice civile, le parti possono ottenere la certificazione del
contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel presente
Titolo.

Nota all’art. 75:
– Il testo degli articoli da 2549 a 2554 del codice
civile, e’ il seguente:
«Art. 2549 (Nozione). – Con il contratto di
associazione in partecipazione l’associante attribuisce
all’associato una partecipazione agli utili della sua
impresa o di uno o piu’ affari verso il corrispettivo di un
determinato apporto.
Art. 2550 (Pluralita’ di associazioni). – Salvo patto
contrario, l’associante non puo’ attribuire partecipazioni
per la stessa impresa o per lo stesso affare ad altre
persone senza il consenso dei precedenti associati.
Art. 2551 (Diritti ed obbligazioni dei terzi). – I
terzi acquistano diritti e assumono obbligazioni soltanto
verso l’associante.
Art. 2552 (Diritti dell’associante e dell’associato). –
La gestione dell’impresa o dell’affare spetta
all’associante.
Il contratto puo’ determinare quale controllo possa
esercitare l’associato sull’impresa o sullo svolgimento
dell’affare per cui l’associazione e’ stata contratta.
In ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto
dell’affare compiuto o a quello annuale della gestione se
questa si protrae per piu’ di un anno.
Art. 2553 (Divisione degli utili e delle perdite). –
Salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdite
nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le
perdite che colpiscono l’associato non possono superare il
valore del suo apporto.
Art. 2554 (Partecipazione agli utili e alle perdite). –
Le disposizioni degli articoli 2551 e 2552 si applicano
anche al contratto di cointeressenza agli utili di una
impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto
con il quale un contraente attribuisce la partecipazione
agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il
corrispettivo di un determinato apporto.
Per le partecipazioni agli utili attribuite ai
prestatori di lavoro resta salva la disposizione dell’art.
2102.».
Art. 76.
Organi di certificazione
1. Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di
lavoro le commissioni di certificazione istituite presso:
a) gli enti bilaterali costituiti nell’ambito territoriale di
riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di
certificazione sia costituita nell’ambito di organismi bilaterali a
competenza nazionale;
b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo
quanto stabilito da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del
presente decreto;
c) le universita’ pubbliche e private, comprese le Fondazioni
universitarie, registrate nell’albo di cui al comma 2, esclusivamente
nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con
docenti di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell’articolo 66 del
decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
2. Per essere abilitate alla certificazione ai sensi del comma 1,
le universita’ sono tenute a registrarsi presso un apposito albo
istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali di concerto con il Ministro dell’istruzione, della
universita’ e della ricerca. Per ottenere la registrazione le
universita’ sono tenute a inviare, all’atto della registrazione e
ogni sei mesi, studi ed elaborati contenenti indici e criteri
giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con
riferimento a tipologie di lavoro indicate dal Ministero del lavoro e
delle politiche sociali.
3. Le commissioni istituite ai sensi dei commi che precedono
possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione
di una commissione unitaria di certificazione.

Nota all’art. 76:
– Il testo dell’art. 66 del decreto del Presidente
della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento
della docenza universitaria, relativa fascia di formazione
nonche’ sperimentazione organizzativa e didattica), e’ il
seguente:
«Art. 66 (Contratti di ricerca, di consulenza e
convenzioni di ricerca per conto terzi). – Le Universita’,
purche’ non vi osti lo svolgimento della loro funzione
scientifica didattica, possono eseguire attivita’ di
ricerca e consulenza stabilite mediante contratti e
convenzioni con enti pubblici e privati. L’esecuzione di
tali contratti e convenzioni sara’ affidata, di norma, ai
dipartimenti o, qualora questi non siano costituiti, agli
istituti o alle cliniche universitarie o a singoli docenti
a tempo pieno.
I proventi delle prestazioni dei contratti e
convenzioni di cui al comma precedente sono ripartiti
secondo un regolamento approvato dal consiglio di
amministrazione dell’Universita’, sulla base di uno schema
predisposto, su proposta del Consiglio universitario
nazionale, dal Ministro della pubblica istruzione.
Il personale docente e non docente che collabora a tali
prestazioni puo’ essere ricompensato fino a una somma annua
totale non superiore al 30 per cento della retribuzione
complessiva. In ogni caso la somma cosi’ erogata al
personale non puo’ superare il 50 per cento dei proventi
globali delle prestazioni.
Il regolamento di cui al secondo comma determina la
somma da destinare per spese di carattere generale
sostenute dall’Universita’ e i criteri per l’assegnazione
al personale della somma di cui al terzo comma. Gli
introiti rimanenti sono destinati ad acquisto di materiale
didattico e scientifico e a spese di funzionamento dei
dipartimenti, istituti o cliniche che hanno eseguito i
contratti e le convenzioni.
Dai proventi globali derivanti dalle singole
prestazioni e da ripartire con le modalita’ di cui al
precedente secondo comma vanno in ogni caso previamente
detratte le spese sostenute dall’Universita’ per
l’espletamento delle prestazioni medesime.
I proventi derivati dall’attivita’ di cui al comma
precedente costituiscono entrate del bilancio
dell’Universita’.».
Art. 77.
Competenza
1. Nel caso in cui le parti intendano presentare l’istanza di avvio
della procedura di certificazione presso le commissioni di cui
all’articolo 76, comma 1, lettera b), le parti stesse devono
rivolgersi alla commissione nella cui circoscrizione si trova
l’azienda o una sua dipendenza alla quale sara’ addetto il
lavoratore. Nel caso in cui le parti intendano presentare l’istanza
di avvio della procedura di certificazione alle commissioni istituite
a iniziativa degli enti bilaterali, esse devono rivolgersi alle
commissioni costituite dalle rispettive associazioni dei datori e dei
prestatori di lavoro.
Art. 78.
Procedimento di certificazione e codici di buone pratiche
1. La procedura di certificazione e’ volontaria e consegue
obbligatoriamente a una istanza scritta comune delle parti del
contratto di lavoro.
2. Le procedure di certificazione sono determinate all’atto di
costituzione delle commissioni di certificazione e si svolgono nel
rispetto dei codici di buone pratiche di cui al comma 4, nonche’ dei
seguenti principi:
a) l’inizio del procedimento deve essere comunicato alla
Direzione provinciale del lavoro che provvede a inoltrare la
comunicazione alle autorita’ pubbliche nei confronti delle quali
l’atto di certificazione e’ destinato a produrre effetti. Le
autorita’ pubbliche possono presentare osservazioni alle commissioni
di certificazione;
b) il procedimento di certificazione deve concludersi entro il
termine di trenta giorni dal ricevimento della istanza;
c) l’atto di certificazione deve essere motivato e contenere il
termine e l’autorita’ cui e’ possibile ricorrere;
d) l’atto di certificazione deve contenere esplicita menzione
degli effetti, civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in
relazione ai quali le parti richiedono la certificazione.
3. I contratti di lavoro certificati, e la relativa pratica di
documentazione, devono essere conservati presso le sedi di
certificazione, per un periodo di almeno cinque anni a far data dalla
loro scadenza. Copia del contratto certificato puo’ essere richiesta
dal servizio competente di cui all’articolo 4-bis, comma 5, del
decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, oppure dalle altre
autorita’ pubbliche nei confronti delle quali l’atto di
certificazione e’ destinato a produrre effetti.
4. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del presente decreto
legislativo, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali adotta
con proprio decreto codici di buone pratiche per l’individuazione
delle clausole indisponibili in sede di certificazione dei rapporti
di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai trattamenti
economici e normativi. Tali codici recepiscono, ove esistano, le
indicazioni contenute negli accordi interconfederali stipulati da
associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente
piu’ rappresentative sul piano nazionale.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
vengono altresi’ definiti appositi moduli e formulari per la
certificazione del contratto o del relativo programma negoziale, che
tengano conto degli orientamenti giurisprudenziali prevalenti in
materia di qualificazione del contratto di lavoro, come autonomo o
subordinato, in relazione alle diverse tipologie di lavoro.

Nota all’art. 78:
– Per il testo dell’art. 4-bis, comma 5, del citato
decreto legislativo n. 181 del 2000, si veda nota all’art.
19.
Art. 79.
Efficacia giuridica della certificazione
Gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla
certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i
terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di
merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi
dell’articolo 80, fatti salvi i provvedimenti cautelari.
Art. 80.
Rimedi esperibili nei confronti della certificazione
1. Nei confronti dell’atto di certificazione, le parti e i terzi
nella cui sfera giuridica l’atto stesso e’ destinato a produrre
effetti, possono proporre ricorso, presso l’autorita’ giudiziaria di
cui all’articolo 413 del codice di procedura civile, per erronea
qualificazione del contratto oppure difformita’ tra il programma
negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso
la medesima autorita’ giudiziaria, le parti del contratto certificato
potranno impugnare l’atto di certificazione anche per vizi del
consenso.
2. L’accertamento giurisdizionale dell’erroneita’ della
qualificazione ha effetto fin dal momento della conclusione
dell’accordo contrattuale. L’accertamento giurisdizionale della
difformita’ tra il programma negoziale e quello effettivamente
realizzato ha effetto a partire dal momento in cui la sentenza
accerta che ha avuto inizio la difformita’ stessa.
3. Il comportamento complessivo tenuto dalle parti in sede di
certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della
controversia davanti alla commissione di certificazione potra’ essere
valutato dal giudice del lavoro, ai sensi degli articoli 9, 92 e 96
del codice di procedura civile.
4. Chiunque presenti ricorso giurisdizionale contro la
certificazione ai sensi dei precedenti commi 1 e 3, deve previamente
rivolgersi obbligatoriamente alla commissione di certificazione che
ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di
conciliazione ai sensi dell’articolo 410 del codice di procedura
civile.
5. Dinnanzi al tribunale amministrativo regionale nella cui
giurisdizione ha sede la commissione che ha certificato il contratto,
puo’ essere presentato ricorso contro l’atto certificatorio per
violazione del procedimento o per eccesso di potere.

Note all’art. 80:
– Il testo dell’art. 413 del codice di procedura
civile, e’ il seguente:
«Art. 413 (Giudice competente). – Le controversie
previste dall’art. 409 sono in primo grado di competenza
del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
Competente per territorio e’ il giudice nella cui
circoscrizione e’ sorto il rapporto ovvero si trova
l’azienda o una sua dipendenza alla quale e’ addetto il
lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al
momento della fine del rapporto.
Tale competenza permane dopo il trasferimento
dell’azienda o la cessazione di essa o della sua
dipendenza, purche’ la domanda sia proposta entro sei mesi
dal trasferimento o dalla cessazione [c.p.c. 18, 20, 452].
Competente per territorio per le controversie previste
dal numero 3) dell’art. 409 e’ il giudice nella cui
circoscrizione si trova il domicilio dell’agente, del
rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri
rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3)
dell’art. 409.
Competente per territorio per le controversie relative
ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni e’ il giudice nella cui circoscrizione ha
sede l’ufficio al quale il dipendente e’ addetto o era
addetto al momento della cessazione del rapporto.
Nelle controversie nelle quali e’ parte una
Amministrazione dello Stato non si applicano le
disposizioni dell’art. 6 del regio decreto 30 ottobre 1933,
n. 1611.
Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei
commi precedenti, si applicano quelle dell’art. 18.
Sono nulle le clausole derogative della competenza per
territorio.».
– Il testo dell’art. 9 del codice di procedura civile,
e’ il seguente:
«Art. 9 (Competenza del tribunale). – Il tribunale e’
competente per tutte le cause che non sono di competenza di
altro giudice.
Il tribunale e’ altresi’ esclusivamente competente per
le cause in materia di imposte e tasse, per quelle relative
allo stato e alla capacita’ delle persone e ai diritti
onorifici, per la querela di falso, per l’esecuzione
forzata e, in generale, per ogni causa di valore
indeterminabile.».
– Il testo dell’art. 92 del codice di procedura civile,
e’ il seguente:
«Art. 92 (Condanna alle spese per singoli atti.
Compensazione delle spese). – Il giudice, nel pronunciare
la condanna di cui all’articolo precedente, puo’ escludere
la ripetizione delle spese sostenute dalla parte
vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e puo’,
indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte
al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per
trasgressione al dovere di cui all’art. 88, essa ha causato
all’altra parte.
Se vi e’ soccombenza reciproca o concorrono altri
giusti motivi, il giudice puo’ compensare, parzialmente o
per intero, le spese tra le parti.
Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono
compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente
convenuto nel processo verbale di conciliazione.».
– Il testo dell’art. 96 del codice di procedura civile,
e’ il seguente:
«Art. 96 (Responsabilita’ aggravata). – Se risulta che
la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con
mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra
parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento
dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per
cui e’ stato eseguito un provvedimento cautelare, o
trascritta domanda giudiziale, o iscritta ipoteca
giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione
forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al
risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente,
che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei
danni e’ fatta a norma del comma precedente.».
– Il testo dell’art. 410 del codice di procedura
civile, e’ il seguente:
«Art. 410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione). –
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai
rapporti previsti dall’art. 409 e non ritiene di avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai contratti e
accordi collettivi deve promuovere, anche tramite
l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca
mandato, il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione individuata secondo i criteri
di cui all’art. 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del
tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e
sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e
per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il
decorso di ogni termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta tenta la
conciliazione della controversia, convocando le parti, per
una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal
ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione e’
istituita in ogni provincia presso l’ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione, una commissione
provinciale di conciliazione composta dal direttore
dell’ufficio stesso, o da un suo delegato, in qualita’ di
presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da
quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro
rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei
lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite,
con le stesse modalita’ e con la medesima composizione di
cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali
degli uffici provinciali del lavoro e della massima
occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita’,
affidano il tentativo di conciliazione a proprie
sottocommissioni, presiedute dal direttore dell’ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un
suo delegato che rispecchino la composizione prevista dal
precedente terzo comma.
In ogni caso per la validita’ della riunione e’
necessaria la presenza del presidente e di almeno un
rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei
lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per
la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al
precedente comma, il direttore dell’ufficio provinciale del
lavoro certifica l’impossibilita’ di procedere al tentativo
di conciliazione.».
Art. 81.
Attivita’ di consulenza e assistenza alle parti
1. Le sedi di certificazione di cui all’articolo 75 svolgono anche
funzioni di consulenza e assistenza effettiva alle parti
contrattuali, sia in relazione alla stipulazione del contratto di
lavoro e del relativo programma negoziale sia in relazione alle
modifiche del programma negoziale medesimo concordate in sede di
attuazione del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alla
disponibilita’ dei diritti e alla esatta qualificazione dei contratti
di lavoro.

Capo II
Altre ipotesi di certificazione
Art. 82.
Rinunzie e transazioni
1. Le sedi di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1,
lettera a), del presente decreto legislativo sono competenti altresi’
a certificare le rinunzie e transazioni di cui all’articolo 2113 del
codice civile a conferma della volonta’ abdicativa o transattiva
delle parti stesse.

Nota all’art. 82:
– Il testo dell’art. 2113 del codice civile, e’ il
seguente:
«Art. 2113 (Rinunzie e transazioni). – Le rinunzie e le
transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore
di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della
legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i
rapporti di cui all’art. 409 del codice di procedura
civile, non sono valide.
L’impugnazione deve essere proposta, a pena di
decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del
rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione,
se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti
possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche
stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la
volonta’.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano
alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185,
410 e 411 del codice di procedura civile.».
Art. 83.
Deposito del regolamento interno delle cooperative
1. La procedura di certificazione di cui al capo I e’ estesa
all’atto di deposito del regolamento interno delle cooperative
riguardante la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o che si
intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori, ai
sensi dell’articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive
modificazioni. La procedura di certificazione attiene al contenuto
del regolamento depositato.
2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, la procedura di certificazione
deve essere espletata da specifiche commissioni istituite nella sede
di certificazione di cui all’articolo 76, comma 1, lettera b). Tali
commissioni sono presiedute da un presidente indicato dalla provincia
e sono costituite, in maniera paritetica, da rappresentanti delle
associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento
cooperativo e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori,
comparativamente piu’ rappresentative.

Nota all’art. 83:
– Il testo dell’art. 6 della legge 3 aprile 2001, n.
142 (Revisione della legislazione in materia
cooperativistica, con particolare riferimento alla
posizione del socio lavoratore), e’ il seguente:
«Art. 6 (Regolamento interno). – 1. Entro il
31 dicembre 2003, le cooperative di cui all’art. 1
definiscono un regolamento, approvato dall’assemblea, sulla
tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma
alternativa, con i soci lavoratori. Il regolamento deve
essere depositato entro trenta giorni dall’approvazione
presso la direzione provinciale del lavoro competente per
territorio. Il regolamento deve contenere in ogni caso:
a) il richiamo ai contratti collettivi applicabili,
per cio’ che attiene ai soci lavoratori con rapporto di
lavoro subordinato;
b) le modalita’ di svolgimento delle prestazioni
lavorative da parte dei soci, in relazione
all’organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili
professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie
diverse da quella del lavoro subordinato;
c) il richiamo espresso alle normative di legge
vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello
subordinato;
d) l’attribuzione all’assemblea della facolta’ di
deliberare, all’occorrenza, un piano di crisi aziendale,
nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i
livelli occupazionali e siano altresi’ previsti: la
possibilita’ di riduzione temporanea dei trattamenti
economici integrativi di cui al comma 2, lettera b),
dell’art. 3; il divieto, per l’intera durata del piano, di
distribuzione di eventuali utili;
e) l’attribuzione all’assemblea della facolta’ di
deliberare, nell’ambito del piano di crisi aziendale di cui
alla lettera d), forme di apporto anche economico, da parte
dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in
proporzione alle disponibilita’ e capacita’ finanziarie;
f) al fine di promuovere nuova imprenditorialita’,
nelle cooperative di nuova costituzione, la facolta’ per
l’assemblea dalla cooperativa di deliberare un piano
d’avviamento alle condizioni e secondo le modalita’
stabilite in accordi collettivi tra le associazioni
nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni
sindacali comparativamente piü rappresentative.
2. Salvo quanto previsto alle lettere d), e) ed f) del
comma 1 nonche’ all’art. 3, comma 2-bis, il regolamento non
puo’ contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto
al solo trattamento economico minimo di cui all’art. 3,
comma 1. Nel caso in cui violi la disposizione di cui al
primo periodo, la clausola e’ nulla.
2-bis. Le cooperative di cui all’art. 1, comma 1,
lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono
definire accordi territoriali con le organizzazioni
sindacali comparativamente piu’ rappresentative per rendere
compatibile l’applicazione del contratto collettivo di
lavoro nazionale di riferimento all’attivita’ svolta. Tale
accordo deve essere depositato presso la direzione
provinciale del lavoro competente per territorio.».
Art. 84.
Interposizione illecita e appalto genuino
1. Le procedure di certificazione di cui al capo primo possono
essere utilizzate, sia in sede di stipulazione di appalto di cui
all’articolo 1655 del codice civile sia nelle fasi di attuazione del
relativo programma negoziale, anche ai fini della distinzione
concreta tra somministrazione di lavoro e appalto ai sensi delle
disposizioni di cui al Titolo III del presente decreto legislativo.
2. Entro sei mesi dalla entrata in vigore del presente decreto, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali adotta con proprio
decreto codici di buone pratiche e indici presuntivi in materia di
interposizione illecita e appalto genuino, che tengano conto della
rigorosa verifica della reale organizzazione dei mezzi e della
assunzione effettiva del rischio tipico di impresa da parte
dell’appaltatore. Tali codici e indici presuntivi recepiscono, ove
esistano, le indicazioni contenute negli accordi interconfederali o
di categoria stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di
lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale.

Nota all’art. 84:
– Per il testo dell’art. 1655 del codice civile, si
veda nota all’art. 29.

Titolo IX
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 85.
Abrogazioni
1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo
sono abrogati:
a) l’articolo 27 della legge 29 aprile 1949, n. 264;
b) l’articolo 2, comma 2, e l’articolo 3 della legge 19 gennaio
1955, n. 25;
c) la legge 23 ottobre 1960, n. 1369;
d) l’articolo 21, comma 3 della legge 28 febbraio 1987, n. 56;
e) gli articoli 9-bis, comma 3 e 9-quater, commi 4 e 18,
quest’ultimo limitatamente alla violazione degli obblighi di
comunicazione, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608;
f) gli articoli da 1 a 11 della legge 24 giugno 1997, n. 196;
g) l’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio
2000, n. 72;
h) l’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica
7 luglio 2000, n. 442;
i) tutte le disposizioni legislative e regolamentari
incompatibili con il presente decreto.
2. All’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio
2000, n. 61, le parole da: «Il datore di lavoro» fino a: «dello
stesso» sono soppresse.

Nota all’art. 85:
– Il testo della legge 29 aprile 1949, n. 264
(Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di
assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati),
e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1° giugno 1949, n.
125, supplemento ordinario.
– Per il titolo della legge 19 gennaio 1955, n. 25, si
veda nota all’art. 53.
– Il testo della legge 23 ottobre 1960, n. 1369
(Divieto di intermediazione ed interposizione nelle
prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di
manodopera negli appalti di opere e di servizi), e’
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1960, n.
289.
– Il testo della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme
sull’organizzazione del mercato del lavoro), e’ pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 3 marzo 1987, n. 51, supplemento
ordinario.
– Il testo del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre
1996, n. 608 (Disposizioni urgenti in materia di lavori
socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e
nel settore previdenziale), e’ pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 2 ottobre 1996, n. 231.
– Il testo della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in
materia di promozione dell’occupazione), e’ pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 4 luglio 1997, n. 154, supplemento
ordinario.
– Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.
72 (Attuazione della direttiva 96/71/CE in materia di
distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di
servizi), e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 marzo
2000, n. 75.
– Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
n. 442/2000 (Regolamento recante norme per la
semplificazione del procedimento per il collocamento
ordinario dei lavoratori, ai sensi dell’art. 20, comma 8,
della legge 15 marzo 1997, n. 59), e’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 13 febbraio 2001, n. 36.
– Il testo dell’art. 2 del decreto legislativo
25 febbraio 2000, n. 61 (Attuazione della direttiva
97/81/CE retativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo
parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES), come
modificato dal decreto qui pubblicato, e’ il seguente:
«Art. 2 (Forma e contenuti del contratto di lavoro a
tempo parziale). – 1. Il contratto di lavoro a tempo
parziale e’ stipulato in forma scritta ai fini e per gli
effetti di cui all’art. 8, comma 1. Fatte salve eventuali
piu’ favorevoli previsioni dei contratti collettivi di cui
all’art. 1, comma 3, il datore di lavoro e’ altresi’ tenuto
ad informare le rappresentanze sindacali aziendali, ove
esistenti, con cadenza annuale, sull’andamento delle
assunzioni a tempo parziale, la relativa tipologia ed il
ricorso al lavoro supplementare.
2. Nel contratto di lavoro a tempo parziale e’
contenuta puntuale indicazione della durata della
prestazione lavorativa e della collocazione temporale
dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al
mese e all’anno. Clausole difformi sono ammissibili solo
nei termini di cui all’art. 3, comma 7.
Art. 86.
Norme transitorie e finali
1. Le collaborazioni coordinate e continuative stipulate ai sensi
della disciplina vigente, che non possono essere ricondotte a un
progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla loro
scadenza e, in ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in
vigore del presente provvedimento. Termini diversi, anche superiori
all’anno, di efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative
stipulate ai sensi della disciplina vigente potranno essere stabiliti
nell’ambito di accordi sindacali di transizione al nuovo regime di
cui al presente decreto, stipulati in sede aziendale con le istanze
aziendali dei sindacati comparativamente piu’ rappresentativi sul
piano nazionale.
2. Al fine di evitare fenomeni elusivi della disciplina di legge e
contratto collettivo, in caso di rapporti di associazione in
partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate
erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti
contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai
contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione
corrispondente del medesimo settore di attivita’, o in mancanza di
contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il
contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o
committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee
attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una
delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in
un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare
disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro
contratto espressamente previsto nell’ordinamento.
3. In relazione agli effetti derivanti dalla abrogazione delle
disposizioni di cui agli articoli da 1 a 11 della legge 24 giugno
1997, n. 196, le clausole dei contratti collettivi nazionali di
lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera a), della
medesima legge e vigenti alla data di entrata in vigore del presente
decreto, mantengono, in via transitoria e salve diverse intese, la
loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi
nazionali di lavoro, con esclusivo riferimento alla determinazione
per via contrattuale delle esigenze di carattere temporaneo che
consentono la somministrazione di lavoro a termine. Le clausole dei
contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi
dell’articolo 1, comma 3, della legge 24 giugno 1997, n. 196, vigenti
alla data di entrata in vigore del presente decreto, mantengono la
loro efficacia fino a diversa determinazione delle parti stipulanti o
recesso unilaterale.
4. Le disposizioni di cui all’articolo 26-bis della legge 24 giugno
1997, n. 196, e di cui al n. 5-ter dell’articolo 2751-bis del codice
civile si intendono riferiti alla disciplina della somministrazione
prevista dal presente decreto.
5. Ferma restando la disciplina di cui all’articolo 17, comma 1,
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, come sostituito dall’articolo 3
della legge 30 giugno 2000, n. 186, i riferimenti che lo stesso
articolo 17 fa alla legge 24 giugno 1997, n. 196, si intendono
riferiti alla disciplina della somministrazione di cui al presente
decreto.
6. Per le societa’ di somministrazione, intermediazione, ricerca e
selezione del personale, ricollocamento professionale gia’
autorizzate ai sensi della normativa previgente opera una disciplina
transitoria e di raccordo definita con apposito decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali entro trenta giorni dalla
entrata in vigore del presente decreto. In attesa della disciplina
transitoria restano in vigore le norme di legge e regolamento vigenti
alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
7. L’obbligo di comunicazione di cui al comma 4 dell’articolo 4-bis
del decreto legislativo n. 181 del 2000 si intende riferito a tutte
le imprese di somministrazione, sia a tempo indeterminato che a tempo
determinato.
8. Il Ministro per la funzione pubblica convoca le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche per esaminare i profili di armonizzazione
conseguenti alla entrata in vigore del presente decreto legislativo
entro sei mesi anche ai fini della eventuale predisposizione di
provvedimenti legislativi in materia.
9. La previsione della trasformazione del rapporto di lavoro di cui
all’articolo 27, comma 1, non trova applicazione nei confronti delle
pubbliche amministrazioni cui la disciplina della somministrazione
trova applicazione solo per quanto attiene alla somministrazione di
lavoro a tempo determinato. La vigente disciplina in materia di
contratti di formazione e lavoro, fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 59, comma 3, trova applicazione esclusivamente nei
confronti della pubblica amministrazione. Le sanzioni amministrative
di cui all’articolo 19 si applicano anche nei confronti della
pubblica amministrazione.
10. All’articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto
1996, n. 494, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera b) e’ sostituita dalla seguente:
«b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione
dell’organico medio annuo, distinto per qualifica, nonche’ una
dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle
organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative,
applicato ai lavoratori dipendenti;»;
b) dopo la lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti:
«b-bis) chiede un certificato di regolarita’ contributiva. Tale
certificato puo’ essere rilasciato, oltre che dall’INPS e dall’INAIL,
per quanto di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali
stipulano una apposita convenzione con i predetti istituti al fine
del rilascio di un documento unico di regolarita’ contributiva;
b-ter) trasmette all’amministrazione concedente, prima
dell’inizio dei lavori oggetto della concessione edilizia o all’atto
della presentazione della denuncia di inizio attivita’, il nominativo
dell’impresa esecutrice dei lavori unitamente alla documentazione di
cui alle lettere b) e b-bis).».
11. L’abrogazione ad opera dell’articolo 8 del decreto legislativo
19 dicembre 2002, n. 297, della disciplina dei compiti della
commissione regionale per l’impiego di cui all’articolo 5 della legge
28 febbraio 1987, n. 56, non si intende riferita alle regioni a
statuto speciale per le quali non sia effettivamente avvenuto il
trasferimento delle funzioni in materia di lavoro ai sensi del
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469.
12. Le disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 34, comma 2, di
cui al Titolo III e di cui al Titolo VII, capo II, Titolo VIII hanno
carattere sperimentale. Decorsi diciotto mesi dalla data di entrata
in vigore, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali procede,
sulla base delle informazioni raccolte ai sensi dell’articolo 17, a
una verifica con le organizzazioni sindacali, dei datori e dei
prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano
nazionale degli effetti delle disposizioni in esso contenute e ne
riferisce al Parlamento entro tre mesi ai fini della valutazione
della sua ulteriore vigenza.
13. Entro i cinque giorni successivi alla entrata in vigore del
presente decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali
convoca le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di
lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale al
fine di verificare la possibilita’ di affidare a uno o piu’ accordi
interconfederali la gestione della messa a regime del presente
decreto, anche con riferimento al regime transitorio e alla
attuazione dei rinvii contenuti alla contrattazione collettiva.
14. L’INPS provvede al monitoraggio degli effetti derivanti dalle
misure del presente decreto, comunicando i risultati al Ministero del
lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle
finanze, anche ai fini della adozione dei provvedimenti correttivi di
cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468,
e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da
assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater della
medesima legge. Limitatamente al periodo strettamente necessario alla
adozione dei predetti provvedimenti correttivi, alle eventuali
eccedenze di spesa rispetto alle previsioni a legislazione vigente si
provvede mediante corrispondente rideterminazione, da effettuare con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, degli
interventi posti a carico del Fondo di cui all’articolo 1, comma 7,
del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazione, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo
osservare.
Dato a Roma, addi’ 10 settembre 2003
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del
Consiglio dei Ministri
Maroni, Ministro del lavoro e delle
politiche sociali
Prestigiacomo, Ministro per le pari
opportunita’
Mazzella, Ministro per la funzione
pubblica
Moratti, Ministro dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca
La Loggia, Ministro per gli affari
regionali
Tremonti, Ministro dell’economia e
delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Castelli

Note all’art. 86:
– Per il titolo della citata legge n. 196 del 1997, si
veda nota all’art. 85.
– Il testo dell’art. 1, comma 2, lettera a), della
citata legge n. 196 del 1997, e’ il seguente:
«2. Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo puo’
essere concluso:
a) nei casi previsti dai contratti collettivi
nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa
utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente
piu’ rappresentativi;
(Omissis)».
– Per il testo dell’art. 26-bis, della citata legge n.
196 del 1997, si veda nota all’art. 12.
– Il testo dell’art. 2751-bis del codice civile e’ il
seguente:
«Art. 2751-bis (Crediti per retribuzioni e provvigioni,
crediti dei coltivatori diretti, delle societa’ od enti
cooperativi e delle imprese artigiane). – Hanno privilegio
generale sui mobili i crediti riguardanti:
1) le retribuzioni dovute, sotto qualsiasi forma, ai
prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennita’
dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro,
nonche’ il credito del lavoratore per i danni conseguenti
alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro,
dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori ed
il credito per il risarcimento del danno subito per effetto
di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile;
2) le retribuzioni dei professionisti e di ogni altro
prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due
anni di prestazione;
3) le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia
dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennita’
dovute per la cessazione del rapporto medesimo;
4) i crediti del coltivatore diretto, sia
proprietario che affittuario, mezzadro, colono soccidario o
comunque compartecipante, per i corrispettivi della vendita
dei prodotti, nonche’ i crediti del mezzadro o del colono
indicati dall’art. 2765;
5) i crediti dell’impresa artigiana e delle societa’
od enti cooperativi di produzione e di lavoro, per i
corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei
manufatti;
5-bis) i crediti delle societa’ cooperative agricole
e dei loro consorzi per i corrispettivi della vendita dei
prodotti;
5-ter) i crediti delle imprese fornitrici di lavoro
temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, per
gli oneri retributivi e previdenziali addebitati alle
imprese utilizzatrici».
– Il testo dell’art. 17, comma 1, della legge
28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in
materia portuale), e’ il seguente:
«1. Il presente articolo disciplina la fornitura di
lavoro temporaneo, anche in deroga all’art. 1 della legge
23 ottobre 1960, n. 1369, alle imprese di cui agli articoli
16 e 18 per l’esecuzione delle operazioni portuali e dei
servizi portuali autorizzati ai sensi dell’art. 16,
comma 3.».
– Il testo dell’art. 17 della citata legge n. 196 del
1997, e’ il seguente:
«Art. 17 (Riordino della formazione professionale). –
1. Allo scopo di assicurare ai lavoratori adeguate
opportunita’ di formazione ed elevazione professionale
anche attraverso l’integrazione del sistema di formazione
professionale con il sistema scolastico e universitario e
con il mondo del lavoro e un piu’ razionale utilizzo delle
risorse vigenti, anche comunitarie, destinate alla
formazione professionale e al fine di realizzare la
semplificazione normativa e di pervenire ad una disciplina
organica della materia, anche con riferimento ai profili
formativi di speciali rapporti di lavoro quali
l’apprendistato e il contratto di formazione e lavoro, il
presente articolo definisce i seguenti principi e criteri
generali, nel rispetto dei quali sono adottate norme di
natura regolamentare costituenti la prima fase di un piu’
generale, ampio processo di riforma della disciplina in
materia:
a) valorizzazione della formazione professionale
quale strumento per migliorare la qualita’ dell’offerta di
lavoro, elevare le capacita’ competitive del sistema
produttivo, in particolare con riferimento alle medie e
piccole imprese e alle imprese artigiane e incrementare
l’occupazione, attraverso attivita’ di formazione
professionale caratterizzate da moduli flessibili, adeguati
alle diverse realta’ produttive locali nonche’ di
promozione e aggiornamento professionale degli
imprenditori, dei lavoratori autonomi, dei soci di
cooperative, secondo modalita’ adeguate alle loro
rispettive specifiche esigenze;
b) attuazione dei diversi interventi formativi anche
attraverso il ricorso generalizzato a stages, in grado di
realizzare il raccordo tra formazione e lavoro e
finalizzati a valorizzare pienamente il momento
dell’orientamento nonche’ a favorire un primo contatto dei
giovani con le imprese;
c) svolgimento delle attivita’ di formazione
professionale da parte delle regioni e/o delle province
anche in convenzione con isti-tuti di istruzione secondaria
e con enti privati aventi requisiti predeterminati;
d) destinazione progressiva delle risorse di cui al
comma 5 dell’art. 9 del decreto-legge 20 maggio 1993, n.
148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236, agli interventi di formazione dei lavoratori
e degli altri soggetti di cui alla lettera a) nell’ambito
di piani formativi aziendali o territoriali concordati tra
le parti sociali, con specifico riferimento alla formazione
di lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, di
lavoratori collocati in mobilita’, di lavoratori
disoccupati per i quali l’attivita’ formativa e’
propedeutica all’assunzione; le risorse di cui alla
presente lettera confluiranno in uno o piu’ fondi
nazionali, articolati regionalmente e territorialmente
aventi configurazione giuridica di tipo privatistico e
gestiti con partecipazione delle parti sociali; dovranno
altresi’ essere definiti i meccanismi di integrazione del
fondo di rotazione;
e) attribuzione al Ministro del lavoro e della
previdenza sociale di funzioni propositive ai fini della
definizione da parte del comitato di cui all’art. 5, comma
5, dei criteri e delle modalita’ di certificazione delle
competenze acquisite con la formazione professionale;
f) adozione di misure idonee a favorire, secondo
piani di intervento predisposti dalle regioni, la
formazione e la mobilita’ interna o esterna al settore
degli addetti alla formazione professionale nonche’ la
ristrutturazione degli enti di formazione e la
trasformazione dei centri in agenzie formative al fine di
migliorare l’offerta formativa e facilitare l’integrazione
dei sistemi; le risorse finanziarie da destinare a tali
interventi saranno individuate con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale nell’ambito delle
disponibilita’, da preordinarsi allo scopo, esistenti nel
Fondo di cui all’art. 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
g) semplificazione delle procedure, ivi compresa la
eventuale sostituzione della garanzia fidejussoria prevista
dall’art. 56 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, per
effetto delle disposizioni di cui ai commi 3 e seguenti
definite a livello nazionale anche attraverso parametri
standard, con deferimento ad atti delle amministrazioni
competenti, adottati anche ai sensi dell’art. 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni, ed a strumenti convenzionali oltre che delle
disposizioni di natura integrativa, esecutiva e
organizzatoria anche della disciplina di specifici aspetti
nei casi previsti dalle disposizioni regolamentari emanate
ai sensi del comma 2, con particolare riferimento alla
possibilita’ di stabilire requisiti minimi e criteri di
valutazione delle sedi operative ai fini
dell’accreditamento;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti.
2. Le disposizioni regolamentari di cui al comma 1 sono
emanate, a norma dell’art. 17, comma 2, della legge
23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con uno o piu’
decreti, sulla proposta del Presidente del Consiglio dei
Ministri e del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della pubblica
istruzione, dell’universita’ e della ricerca scientifica e
tecnologica, per le pari opportunita’, del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, per la funzione
pubblica e gli affari regionali, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere
delle competenti Commissioni parlamentari.
3. A garanzia delle somme erogate a titolo di anticipo
o di acconto a valere sulle risorse del Fondo sociale
europeo e dei relativi cofinanziamenti nazionali e’
istituito, presso il Ministero del tesoro – Ragioneria
generale dello Stato – Ispettorato generale per
l’amministrazione del Fondo di rotazione per l’attuazione
delle politiche comunitarie (IGFOR), un fondo di rotazione
con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio ai
sensi dell’art. 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041.
4. Il fondo di cui al comma 3 e’ alimentato da un
contributo a carico dei soggetti privati attuatori degli
interventi finanziati, nonche’, per l’anno 1997, da un
contributo di lire 30 miliardi che gravera’ sulle
disponibilita’ derivanti dal terzo del gettito della
maggiorazione contributiva prevista dall’art. 25 della
legge 21 dicembre 1978, n. 845, che affluisce, ai sensi
dell’art. 9, comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n.
148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio
1993, n. 236, al Fondo di rotazione per la formazione
professionale e per l’accesso al Fondo sociale europeo
previsto dal medesimo art. 25 della citata legge n. 845 del
1978.
5. Il fondo di cui al comma 3 utilizzera’ le risorse di
cui al comma 4 per rimborsare gli organismi comunitari e
nazionali, erogatori dei finanziamenti, nelle ipotesi di
responsabilita’ sussidiaria dello Stato membro, ai sensi
dell’art. 23 del regolamento (CEE) n. 2082/93 del Consiglio
del 20 luglio 1993, accertate anche precedentemente alla
data di entrata in vigore della presente legge.
6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge il Ministro del tesoro, di
concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, stabilisce con proprio decreto le norme di
amministrazione e di gestione del fondo di cui al comma 3.
Con il medesimo decreto e’ individuata l’aliquota del
contributo a carico dei soggetti privati di cui al comma 4,
da calcolare sull’importo del funzionamento concesso, che
puo’ essere rideterminata con successivo decreto per
assicurare l’equilibrio finanziario del predetto fondo. Il
contributo non grava sull’importo dell’aiuto finanziario al
quale hanno diritto i beneficiari.».
– Per il testo dell’art. 4-bis, comma 4, del citato
decreto legislativo n. 181 del 2000, si veda nota all’art.
19.
– Il testo dell’art. 3 del decreto legislativo
14 agosto 1996, n. 494 (Attuazione della direttiva
92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e
di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili),
come modificato dal decreto qui pubblicato, e’ il seguente:
«Art. 3 (Obblighi del committente o del responsabile
dei lavori). – 1. Il committente o il responsabile dei
lavori, nella fase di progettazione dell’opera, ed in
particolare al momento delle scelte tecniche,
nell’esecuzione del progetto e nell’organizzazione delle
operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle
misure generali di tutela di cui all’art. 3 del decreto
legislativo n. 626 del 1994. Al fine di permettere la
pianificazione dell’esecuzione in condizioni di sicurezza
dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere
simultaneamente o successivamente tra loro, il committente
o il responsabile dei lavori prevede nel progetto la durata
di tali lavori o fasi di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella
fase della progettazione dell’opera, valuta i documenti di
cui all’art. 4, comma 1, lettere a) e b).
3. Nei cantieri in cui e’ prevista la presenza di piu’
imprese, anche non contemporanea, il committente o il
responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento
dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per
la progettazione in ognuno dei seguenti casi:
a) nei cantieri la cui entita’ presunta e’ pari o
superiore a 200 uomini-giorno;
b) nei cantieri i cui lavori comportano i rischi
particolari elencati nell’allegato II.
4. Nei casi di cui al comma 3, il committente o il
responsabile dei lavori, prima dell’affidamento dei lavori,
designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, che
deve essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 10.
4-bis. La disposizione di cui al comma 4 si applica
anche nel caso in cui, dopo l’affidamento dei lavori a
un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di
essi sia affidata a una o piu’ imprese.
5. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora
in possesso dei requisiti di cui all’art. 10, puo’ svolgere
le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di
coordinatore per l’esecuzione dei lavori.
6. Il committente o il responsabile dei lavori comunica
alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il
nominativo del coordinatore per la progettazione e quello
del coordinatore per l’esecuzione dei lavori; tali
nominativi devono essere indicati nel cartello di cantiere.
7. Il committente o il responsabile dei lavori puo’
sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente se in
possesso dei requisiti di cui all’art. 10, i soggetti
designati in attuazione dei commi 3 e 4.
8. Il committente o il responsabile dei lavori, anche
nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica impresa:
a) verifica l’idoneita’ tecnico-professionale delle
imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione
ai lavori da affidare, anche attraverso l’iscrizione alla
camera di commercio, industria e artigianato;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione
dell’organico medio annuo, distinto per qualifica, nonche’
una dichiarazione relativa al contratto collettivo
stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente
piu’ rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti;
b-bis) chiede un certificato di regolarita’
contributiva. Tale certificato puo’ essere rilasciato,
oltre che dall’INPS e dall’INAIL, per quanto di rispettiva
competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano una
apposita convenzione con i predetti istituti al fine del
rilascio di un documento unico di regolarita’ contributiva;
b-ter) trasmette all’amministrazione concedente,
prima dell’inizio dei lavori oggetto della concessione
edilizia o all’atto della presentazione della denuncia di
inizio attivita’, il nominativo dell’impresa esecutrice dei
lavori unitamente alla documentazione di cui alle lettere
b) e b-bis).
– Per il titolo del citato decreto legislativo n. 297
del 2002 vedi nota all’art. 8.
– Il testo dell’art. 5 della legge 28 febbraio 1987, n.
56 (Norme sull’organizzazione del mercato del lavoro), e’
il seguente:
«Art. 5 (Compiti delle commissioni regionali per
l’impiego). – 1. Le commissioni regionali per l’impiego
costituiscono l’organo di programmazione, di direzione e di
controllo di politica attiva del lavoro. A tal fine esse
attuano ogni utile iniziativa e in particolare:
a) realizzano, nel proprio ambito territoriale, in
armonia con gli indirizzi della programmazione nazionale e
regionale, i compiti della commissione centrale per
l’impiego secondo gli indirizzi da questa espressi;
svolgono inoltre i compiti di cui all’art. 3 del
decreto-legge 3 febbraio 1970, n. 7, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 marzo 1970, n. 83;
b) esprimono parere sui programmi di formazione
professionale predisposti dall’amministrazione regionale e
propongono la istituzione di corsi di qualificazione e
riqualificazione professionale per i lavoratori iscritti
nelle liste di collocamento ovvero nelle liste di mobilita’
per agevolarne l’occupazione in attivita’ predeterminate;
c) possono autorizzare, con propria deliberazione,
operazioni di riequilibrio tra domanda e offerta di lavoro,
consentendo che agli avviamenti per particolari
insediamenti produttivi, anche sostitutivi, ai sensi
dell’art. 7 della legge 8 agosto 1972, n. 464, concorrano
lavoratori iscritti nelle liste d’altre circoscrizioni,
ovvero che sia data la precedenza a coloro che risiedono in
determinati comuni, osservati opportuni criteri di
proporzionalita’;
d) predispongono programmi di inserimento al lavoro
di lavoratori affetti da minorazioni fisiche o mentali o
comunque di difficile collocamento, in collaborazione con
le imprese disponibili, integrando le iniziative con le
attivita’ di orientamento, di formazione, di riadattamento
professionale svolte o autorizzate dalla regione;
e) possono stabilire, in deroga all’art. 22 della
legge 29 aprile 1949, n. 264, anche per singole
circoscrizioni, su proposta delle competenti commissioni
circoscrizionali, modalita’ diverse per l’iscrizione nelle
liste di collocamento e diverse periodicita’ e modalita’
per la dichiarazione di conferma nello stato di
disoccupazione;
f) possono esprimere parere, attraverso apposita
sottocommissione, entro e non oltre il termine di quindici
giorni dalla presentazione della domanda, sulle richieste
di cassa integrazione guadagni straordinaria e di eventuali
proroghe;
g) possono determinare, su proposta delle commissioni
circoscrizionali interessate, in relazione a particolari
situazioni locali, connesse anche al numero e alle
caratteristiche professionali dei lavoratori iscritti nelle
liste, nonche’ alla natura delle varie richieste di
assunzione, procedure per la convocazione e l’avviamento
dei lavoratori diverse da quelle in vigore;
h) qualora vi siano fondati motivi per ritenere che
sussista violazione della legge 9 dicembre 1977, n. 903,
avvalendosi dell’ispettorato del lavoro e della consulenza
del comitato nazionale per l’attuazione dei principi di
parita’ di trattamento ed eguaglianza di opportunita’ tra i
lavoratori e le lavoratrici, possono effettuare indagini
presso le imprese sull’osservanza del principio di parita’.
I datori di lavoro sono tenuti a fornire informazioni sui
criteri e sui motivi delle selezioni;
h-bis) in ordine al reclutamento della manodopera da
utilizzare nei cantieri comunali, per progetti finalizzati
all’occupazione e finanziati per intero con leggi delle
regioni, e/o dagli enti locali, tramite i rispettivi fondi
sociali, stabiliscono criteri, modalita’ e parametri per
l’avviamento al lavoro, anche in deroga all’art. 16, e
successive modifiche ed integrazioni, comprese le relative
norme di attuazione e regolamenti, tenendo conto delle
esigenze territoriali opportunamente ed appositamente
manifestate dagli organi rappresentativi degli enti locali
interessati e della natura sociale degli interventi di cui
trattasi.».
– Per il titolo del decreto legislativo n. 469 del
1997, si veda nota all’art. 3.
– Il testo dell’art. 11-ter, comma 7, della legge
5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di
contabilita’ generale dello Stato in materia di bilancio),
e’ il seguente:
«7. Qualora nel corso dell’attuazione di leggi si
verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti
rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate
dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria,
il Ministro competente ne da’ notizia tempestivamente al
Ministro dell’economia e delle finanze, il quale, anche ove
manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento
con propria relazione e assume le conseguenti iniziative
legislative. La relazione individua le cause che hanno
determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione
dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione
degli oneri autorizzati dalle predette leggi. Il Ministro
dell’economia e delle finanze puo’ altresi’ promuovere la
procedura di cui al presente comma allorche’ riscontri che
l’attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento
degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal documento
di programmazione economico-finanziaria e da eventuali
aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni
parlamentari. La stessa procedura e’ applicata in caso di
sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte
costituzionale recanti interpretazioni della normativa
vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.».
– Il testo dell’art. 11, comma 3, lettera i-quater),
della citata legge n. 468 del 1978, e’ il seguente:
«3. La legge finanziaria non puo’ contenere norme di
delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio.
Essa contiene esclusivamente norme tese a realizzare
effetti finanziari con decorrenza dal primo anno
considerato nel bilancio pluriennale e in particolare:
a) il livello massimo del ricorso al mercato
finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di
competenza, per ciascuno degli anni considerati dal
bilancio pluriennale comprese le eventuali regolazioni
contabili pregresse specificamente indicate;
b) le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e
degli scaglioni, le altre misure che incidono sulla
determinazione del quantum della prestazione, afferenti
imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in
vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell’anno cui
essa si riferisce, nonche’ le correzioni delle imposte
conseguenti all’andamento dell’inflazione;
c) la determinazione, in apposita tabella, per le
leggi che dispongono spese a carattere pluriennale, delle
quote destinate a gravare su ciascuno degli anni
considerati;

d) la determinazione, in apposita tabella, della
quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni
considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa
permanente, di natura corrente e in conto capitale, la cui
quantificazione e’ rinviata alla legge finanziaria;
e) la determinazione, in apposita tabella, delle
riduzioni, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio
pluriennale, di autorizzazioni legislative di spesa;
f) gli stanziamenti di spesa, in apposita tabella,
per il rifinanziamento, per non piu’ di un anno, di norme
vigenti classificate tra le spese in conto capitale e per
le quali nell’ultimo esercizio sia previsto uno
stanziamento di competenza, nonche’ per il rifinanziamento,
qualora la legge lo preveda, per uno o piu’ degli anni
considerati dal bilancio pluriennale, di norme vigenti che
prevedono interventi di sostegno dell’economia classificati
tra le spese in conto capitale;
g) gli importi dei fondi speciali previsti dall’art.
11-bis e le corrispondenti tabelle;
h) l’importo complessivo massimo destinato, in
ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al
rinnovo dei contratti del pubblico impiego, a norma
dell’art. 15 della legge 29 marzo 1983, n. 93, ed alle
modifiche del trattamento economico e normativo del
personale dipendente da pubbliche amministrazioni non
compreso nel regime contrattuale;
i) altre regolazioni meramente quantitative rinviate
alla legge finanziaria dalle leggi vigenti;
i-bis) norme che comportano aumenti di entrata o
riduzioni di spesa, restando escluse quelle a carattere
ordinamentate ovvero organizzatorio, salvo che esse si
caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento
dei saldi di cui alla lettera a);
i-ter) norme che comportano aumenti di spesa o
riduzioni di entrata ed il cui contenuto sia finalizzato
direttamente al sostegno o al rilancio dell’economia, con
esclusione di interventi di carattere localistico o
microsettoriale;
i-quater) norme recanti misure correttive degli
effetti finanziari delle leggi di cui all’art. 11-ter,
comma 7.».
– Il testo dell’art. 1, comma 7, del citato
decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993, e’ il seguente:
«7. Per le finalita’ di cui al presente articolo e’
istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale il Fondo per l’occupazione, alimentato dalle
risorse di cui all’autorizzazione di spesa stabilita al
comma 8, nel quale confluiscono anche i contributi
comunitari destinati al finanziamento delle iniziative di
cui al presente articolo, su richiesta del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale. A tale ultimo fine i
contributi affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato
per essere riassegnati al predetto Fondo.».