Nell’ambito della ricerca sul nuovo coronavirus, uno dei fattore ambientali ad essere stato indagato per una sua possibile influenza sulla trasmissione del virus e sul decorso della malattia è la radiazione solare ultravioletta (UV). L’effetto su SARS-CoV-2 potrebbe, infatti, essere duplice: da una parte, è noto che la radiazione UV, artificiale e naturale, ha il potere di “uccidere” (inattivare) virus e batteri (diversi i contributi in tal senso, che sono consultabili ai seguenti link: Wiley Online Library, Oxford Academic 1, Oxford Academic 2 ). D’altronde, il potere germicida dei raggi UV-C (quelli che non arrivano fino alla superficie, perché assorbiti da ossigeno e ozono presenti nell’atmosfera terrestre) è noto già da tempo ed è alla base del funzionamento di speciali lampade per la per la disinfezione di ambienti e superfici in ospedali e luoghi pubblici. La radiazione solare UV, inoltre, per la sua capacità di favorire la sintesi della vitamina D nell’organismo umano, potrebbe anche rinforzare le nostre difese immunitarie e migliorare così la prognosi della malattia (leggi qui e qui), aspetto già verificato per altri tipi di patologie respiratorie e possibilmente in grado di spiegare perché alcuni gruppi etnici siano più colpiti rispetto ad altri a parità di condizioni ambientali . In merito ai probabili effetti biologici della radiazione UV sul Coronavirus Sars-CoV-2, Arpa VdA ha avviato, in collaborazione con l’Accademia di Medicina di Torino, altre agenzie ambientali italiane (APPA Bolzano, ARPA Piemonte, ARPA Puglia, ARPA Veneto) e altri enti di ricerca, uno studio, che è in fase di ultimazione.