Coronavirus: gli esperti sanitari si uniscono al movimento globale anti-lockdown

Traduzione dell’articolo “Coronavirus: Health experts join global anti-lockdown movement”, pubblicato il 7 ottobre 2020 su Bbc.com

E anche tra gli scienziati inizia a farsi spazio una “frangia” anti-lockdown: in migliaia hanno infatti aderito a un movimento globale, denominato “Great Barrington Declaration”, caratterizzato da gravi preoccupazioni in merito alle misure di emergenza diffuse nuovamente in diversi paesi. Quasi 6.000 esperti, tra cui molti nel Regno Unito, affermano che questo approccio sta avendo un impatto devastante sulla salute fisica e mentale così come sulla società. Quello che chiedono è che le misure di contenimento si concentrino sulle persone più vulnerabili, lasciando che le persone sane vadano avanti con le loro vite. La comunità scientifica, però, ha già espresso le proprie perplessità, in particolare perché, in primis, un approccio più mirato potrebbe rendere difficile proteggere completamente i soggetti vulnerabili e, in secondo luogo, perché il rischio di complicanze a lungo termine derivanti da coronavirus significa che anche molti altri sono a rischio.

Il nuovo movimento rispecchia alcune delle affermazioni contenute in una lettera firmata da un gruppo di medici di base del Regno Unito, che include anche alcuni dottori “televisivi” come Phil Hammond e Rosemary Leonard, nonché un certo numero di medici che ha ricoperto ruoli senior presso la British Medical Association: la lettera è stata indirizzata al segretario sanitario, dicendo che non c’è sufficiente enfasi sui “danni non Covid” nel processo decisionale.

Partita dagli Stati Uniti, la Great Barrington Declaration è stata firmata, ad oggi, da quasi 6mila scienziati ed esperti di medicina di tutto il mondo e da circa 50mila cittadini. La loro tesi è che mantenere le politiche di lockdown in vigore fino a che non sarà disponibile un vaccino causerebbe “danni irreparabili, che sarebbero sproporzionati nelle categorie più svantaggiate”. Tra quei danni portano ad esempio tassi di vaccinazione infantile più bassi e peggioramento delle cure per malattie cardiache e cancro. E sottolineano, inoltre, che il rischio di contrarre il coronavirus è 1.000 volte più elevato per anziani e ammalati, mentre i bambini sarebbero più a rischio di influenza. Man mano che l’immunità si accumula nella popolazione, dicono, il rischio di infezione generalizzato, inclusi i soggetti più vulnerabili, diminuisce.

Questo chiaramente non implica una mancata protezione delle persone più a rischio, anzi: il movimento raccomanda una serie di misure ad hoc, tra cui controlli regolari sugli operatori delle case di cura, prediligendo il più possibile personale che abbia acquisito l’immunità, e anche consegne a domicilio per i pensionati che vivono in casa. E, quando possibile, incontri con i membri della famiglia all’aperto piuttosto che in spazi chiusi. Semplici misure igieniche, come lavarsi le mani e restare a casa in caso di malattia, dovrebbero essere praticate da tutti.

Sul resto, il movimento ha assunto una posizione più radicale: ai giovani a basso rischio dovrebbe essere consentito di lavorare normalmente; le scuole e le università dovrebbero essere riaperte all’insegnamento in presenza; potrebbero riprendere le attività sportive e culturali e riaprire i ristoranti.

Sebbene chiaramente animata da buone intenzioni, la Great Barrington Declaration ha profondi “falle” etiche, logistiche e scientifiche, ha detto il professor Stephen Griffin, professore associato alla University of Leed School of Medicine. Le persone vulnerabili, infatti, provengono da tutti i ceti sociali e meritano di essere “trattate allo stesso modo”. A questo si aggiunge che, a quanto sembra, gli effetti a lungo termine del Covid-19 (il cosiddetto “long Covid”, che in Italia viene chiamato “sindrome post-Covid”) lasciano anche in chi l’ha contratto in modo blando conseguenze come affaticamento e dolori articolari per mesi.

 

Leggi l’articolo in lingua inglese su Bbc.com