Di Vincenzo D’Anna*
A voler elencare tutte le catastrofi che affliggono il nostro pianeta, non sapremmo da dove cominciare. Gli stessi dubbi permarrebbero qualunque fosse il criterio in base al quale si volesse stilare l’elenco delle calamità che affliggono la Terra ed i suoi abitanti. A cominciare dal cambiamento climatico di origine antropica, ovvero legato alla mano dell’uomo come l’industrializzazione, il consumo di suolo per gli insediamenti urbani, l’inquinamento, il sovraffollamento. A corollario di questo, si aggiungono lo sfruttamento delle risorse naturali, l’aggressione all’ambiente con agenti chimici e biologici, prodotti di scarto della produzione di beni e servizi, con il conseguente aumento, vertiginoso, dei gas di scarico nell’atmosfera.
Insomma, una spirale perversa di danni che vengono tollerati se non negati, ritenuti in buona parte ineludibili, per non fermare la catena di produzione dei beni materiali e dei relativi consumi. Per moltissimo tempo il progresso tecnologico e quello merceologico hanno distribuito beni essenziali e voluttuari ad un sempre maggiore numero di persone. Tutto questo al netto delle disuguaglianze socio economiche che uno sviluppo disarmonico tra le varie aree del mondo – con conseguente aumento della povertà in alcuni continenti (e quindi dell’aumento della ricchezza e dei consumi altrove ) – determina senza sosta. Intere nazioni vengono sfruttate per le loro ricchezze naturali senza un adeguato ritorno utilitaristico, termine, quest’ultimo, inteso nell’accezione che ne diede l’economista Benjamin Constant nel XIX secolo, vale a dire come un sistema economico e sociale che produce il massimo utile per il maggior numero di persone.
A questa condizione sperequata dal punto di vista sociale ed economico, che merita adeguata trattazione a parte, si aggiunge la rovina e la devastazione dell’ambiente che ci circonda con l’inquinamento che altera equilibri fisiologici millenari. Una doppia iattura per le popolazioni che, dopo aver ricevuto le briciole del profitto, subiscono anche dei fenomeni di degrado ambientale. Discorsi già ascoltati per decenni, questi, riecheggianti nei tanti summit organizzati sul clima e sulle trasformazioni cataclismatiche che queste determinano. Tuttavia la percezione di quanto imminente sia il punto di non ritorno e di quanto rischi corra seriamente l’umanità intera a causa di questo stato di cose, è piuttosto marginale nel dibattito politico mondiale.
In proposito si possono anche individuare correnti di pensiero negazioniste della reale portata e concreta gravità dei fenomeni sovra citati. Una vera e propria contro-informazione più o meno orientata, sia da corporazioni di interessi, sia degli stessi Stati sovrani, che preferiscono assicurarsi progresso e relativo benessere, senza sentir ragioni che li possano limitare. Tra questi spiccano l’India e la Cina (tra i più refrattari), accompagnati dagli Usa e dalla Russia, ovvero dalle superpotenze che traggono maggiori benefici economici da un capitalismo aggressivo. Per essere meglio compresi occorre chiarire che siamo già nelle condizioni di subìre, con sempre maggiore frequenza, fenomeni metereologici degradanti come siccità, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari ed aumento della temperatura medie derivanti dal surriscaldamento globale. Miliardi di danni per devastazioni e carestie e migliaia di morti indotti per guerre, povertà e migrazioni bibliche non sono bastati per rendere urgente la questione. Ma non basta!!
Per quanto eclatanti siano questi eventi, rischiano di divenire solo un epifenomeno, ovvero una parte iniziale del pericolo. La fertilità umana è in forte calo a causa della diffusione della tossicità in acqua, suolo ed aria: si calcola che nel giro di qualche generazione i maschi non avranno più spermatozoi in grado di fecondare, a causa dei fattori epigenetici. Questi ultimi altri non sono che l’interazione tra sostanze tossiche che ingeriamo, attraverso il cibo, oppure respiriamo con gli inquinanti dispersi nell’aria, con la triste conseguenza di modificare l’espressione del nostro patrimonio genetico. Una tara silente destinata ad essere trasmessa ai posteri, i quali saranno costretti a fare i conti con patologie tumorali, tossicità generalizzata, patologie da deficit e modificazioni immunitarie. La diffusione dei metalli pesanti e delle nano partitelle, delle polveri sottili, delle micro plastiche, dei prodotti di degradazione chimico fisica derivati da produzioni industriali, crea una nuova tossicologia che mina alla base la nostra identità genetica e la sopravvivenza stessa della specie umana.
Innanzi a questa prospettiva patologica, scientificamente documentata, oltre alle diseguaglianze sociali ed alle nuove povertà, la comunità umana sembra scettica e cinica al tempo stesso. Innanzi a tutto questo, l’immagine di un mondo e di una natura che si inabissa verso l’ignoto, rievoca la scena di quando gli ignari passeggeri continuavano a ballare sul Titanic mentre il transatlantico colava a picco. L’idiozia è la medesima, ed è quella di ritenere la vita stessa inaffondabile.
Edito Lunedi 5 su Cronache di Caserta e Napoli
*già parlamentare